La riforma

Audiovisivo, la Ue verso la spaccatura sul principio di territorialità

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Settembre sarà un mese molto caldo. La Ue presenterà la riforma sul copyright ma già si prevede la spaccatura in Parlamento sul principio di territorialità.

A fine settembre, dopo ben due anni di lavoro, la Commissione Ue presenterà la propria riforma sul diritto d’autore. Al momento si stanno limando le ultime cose sulla direttiva e il regolamento.

Sia da parte nel mondo dell’audiovisivo che di internet c’è molta attesa per le nuove disposizioni.

Da mesi sta facendo molto discutere la revisione del principio di territorialità a difesa del quale è già scesa in campo l’industria dell’audiovisivo.

E nei prossimi giorni il confronto si infiammerà con l’arrivo delle disposizioni al Parlamento Ue.

Ma andiamo con ordine.

Gli europei stanno abbandonando sempre di più la tv in diretta per spostarsi verso programmi video, che possono essere guardati comodamente quando si desidera su web o smartphone, o per abbonarsi a servizi alla Netflix.

La proposta di regolamento di Bruxelles punta a facilitare la distribuzione online all’estero di contenuti audiovisivi ma è destinata a far molto rumore perché non tutela a sufficienza chi opera nel settore.

La Ue parte dalla considerazione che i network mettono ormai a disposizione degli utenti una grande quantità di programmi – in diretta o differita – sui loro siti.

In generale però si tratta di contenuti online accessibili solo nel paese per il quale si sono comprati i diritti e, se i distributori vogliono esportarli, devono negoziarli paese per paese con i titolari.

I contenuti sono, infatti, sottoposti al principio di territorialità del diritto d’autore sul quale si regge l’economia dell’audiovisivo e del cinema in Europa.

La Commissione vorrebbe risolvere il problema applicando ai contenuti digitali un altro principio, quello del ‘paese di origine’ che già si applica al cavo e al satellite grazie alla direttiva del 1993.

Pertanto i network potranno distribuire i loro contenuti online anche al di fuori del Paese dove il broadcaster ha la propria sede principale.

 

Le ragioni dell’industria del cinema

L’industria audiovisiva non ci sta e da mesi è in prima linea per difendere il principio di territorialità.

Perché?

In tanti Paesi Ue, come Francia o Italia, l’economia del cinema dipende da questo sistema.

Un recente e approfondito Report indipendente dal titolo The impact of cross-border access to audiovisual content on EU consumers  INFOGRAFICHE – condotto dalla società di consulenza economica Oxera insieme alla società di consulenza specializzata nel settore dei media Oliver & Ohlbaum – evidenzia chiaramente che l’erosione dello sfruttamento territoriale dei diritti cinematografici e televisivi minerebbe il valore dei diritti audiovisivi così come la pluralità delle offerte, danneggiando la crescita, l’occupazione, gli investimenti e i consumatori e minacciando una delle più grandi storie economiche e culturali di successo in Europa.

L’impatto dell’accesso transfrontaliero ai contenuti audiovisivi sui consumatori dell’Ue, indica ancora il Report, anziché aumentare la scelta per i consumatori, comporterebbe costi enormi per il pubblico e per l’economia creativa europea, minacciando la diversità culturale in termini sia di produzione che di distribuzione e riducendo di conseguenza il volume e la qualità dei contenuti originali offerti nell’Ue.

L’industria dell’audiovisivo ha evidenziato che distribuire e pubblicizzare contenuti televisivi e cinematografici, così come sportivi, richiede ingenti investimenti e notevoli rischi finanziari.

Questa è la ragione – sottolinea – per la quale questi contenuti si danno in licenza e vengono distribuiti esclusivamente Paese per Paese.

Compreso all’interno del territorio europeo.

Situazione questa che permette di sostenere economicamente le produzioni e mettere gli investitori nella condizione di valutare i rischi dei progetti misurandoli in prima istanza sulla base del pubblico nazionale.

Purtroppo, ribadisce l’industria, le proposte annunciate dalla Ue nella comunicazione del 9 dicembre 2015, erodendo la capacità di assegnare i diritti su base esclusivamente territoriale, minerebbero questo ecosistema di successo ma fragile, mettendo a rischio la diversità culturale e posti di lavoro per tutti i professionisti impegnati in questa industria.

Il nodo del Paese di origine

Ma c’è ancora dell’altro.

La proposta che solleva maggiore preoccupazione è quella di estendere ai servizi online il ‘principio del Paese di origine’ per il diritto d’autore.  Questa estensione costringerebbe, secondo l’industria, l’applicazione di un regime giuridico stabilito per la trasmissione via satellite e via cavo a un contesto completamente diverso, tentando in tal modo di forzare l’accesso transfrontaliero e la ritrasmissione in modo che inevitabilmente andrà a erodere la diversità culturale a scapito delle prassi consolidate e dei gusti e della domanda dei consumatori.

Il dibattito si riscalderà ulteriormente quando il testo di questa riforma approderà al Parlamento e al Consiglio europeo.

I francesi saranno in prima linea a difendere l’eccezione culturale e le case cinematografiche americane non saranno da meno.

 

Diritti connessi: editori Vs Google

Tra le misure più significative di questa riforma c’è anche quella che riguarda l’assegnazione dei diritti connessi agli editori della carta stampata.

Obiettivo?

Permetter loro di negoziare con Google e altri un compenso per i contenuti che questi player aggregano e da cui ricavano, indirettamente, revenue pubblicitarie.

Questa disposizione è prevista nella nuova Direttiva sul diritto d’autore che ammoderna quella del 2001.

La norma dovrebbe contribuire a risolvere l’annosa querelle che contrappone editori a Google.

I giornali accusano il gruppo americano d’arricchirsi a loro spese, utilizzando i contenuti prodotti e pagati per generare introiti dalla pubblicità.

Francia, Germania e Spagna hanno adottato precise leggi per risolvere il problema che però non hanno sortito effetti positivi.

In Spagna il gruppo ha oscurato Google News mentre in Germania alla fine gli editori hanno dovuto retrocedere davanti al rischio di perdere il traffico internet.

Bruxelles nega di voler introdurre un’imposta.

L’idea è invece quella di riportare equilibrio in questo rapporto di forza tra editori e servizi online. La Ue teme però la reazione di questi ultimi e degli utenti internet che già definiscono quello di Bruxelles un attacco diretto ai collegamenti ipertestuali.

La Ue ci tiene però ad assicurare che non intendere indebolire questa fondamentale architettura del web.

L’intenzione è invece quella di tutelare meglio i titolari dei diritti davanti alla forte distribuzione delle opere via web o device mobili ma soprattutto ammodernare un diritto d’autore complesso che mal si adatta all’evoluzione dei nuovi modelli di consumo.