Il Dietrofront

Antitrust, Almunia: ‘Sul caso Google pressioni politiche inaudite’

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Il Commissario Ue uscente, Joaquin Almunia, denuncia le ‘pressioni politiche’ legate al dossier sull’azienda americana: ‘Paure irrazionali, Google non è il Leviatano’.

‘Irrazionali’ e di ‘difesa’ le reazioni politiche all’indagine su Google aperte dalla Ue nel 2010, per sospetto abuso di posizione dominante sul mercato della ricerca online.

A sostenerlo è il Commissario uscente alla Concorrenza, Joaquin Almunia, in un’intervista al Wall Street Journal, nella quale ha detto senza mezzi termini d’aver ricevuto una ‘pressione politica senza precedenti’ quando ha deciso di riaprire il dossier sulla compagnia di Mountain View.

L’Antitrust ha finora respinto ben tre proposte da parte del gruppo americano per chiudere la procedura pendente, che sono state ritenute da Bruxelles insufficienti a far cadere le accuse dei competitor.

“Non credo – ha aggiunto il Commissario – che le indagini antitrust debbano riguardare i dibattiti politici’.

Dopo aver annunciato a febbraio che le ultime proposte di Google erano soddisfacenti, Almunia ha poi cambiato idea dopo aver nuovamente sentito le parti coinvolte.

A settembre il nuovo annuncio: se Google non invierà presto nuovi rimedi rischia d’essere multata.

La decisione è stata presa dopo mesi di agitazioni da parte del governo francese e tedesco.

Non è, infatti, un mistero che i due Paesi abbiano deciso di tenere una linea dura contro Google. Un muro contro muro che in Germania ha visto coinvolti in primo luogo gli editori, come Axel Springer, ormai ai ferri corti con il gruppo americano.

E proprio da Barlino, questa settimana il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, ha risposto punto per punto alle accuse contro la sua società, sostenendo che la concorrenza nel settore è garantita grazie alla continua innovazione dei diversi player in campo.

Alla base delle accuse mosse contro Google non solo i grossi problemi di privacy, adesso legati anche alla recente sentenza della Corte di Giustizia Ue sul diritto all’oblio, ma anche la querelle con gli editori europei, che vorrebbero pagate le royalties sugli articoli che la società pubblica su Google News, senza considerare poi le aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale messe in campo dal gruppo americano per eludere le tasse nei Paesi dove offre i propri servizi. Condizioni che regalano al gruppo un grosso vantaggio competitivo, di cui forse sarebbe anche giusto che la politica si occupasse a dispetto di quanto sostiene Almunia, senza poi considerare i rischi per la riservatezza dei dati degli utenti che usano i servizi di Google sui quali l’azienda non ha mai mostrato grande intenzione a trattare.

Almunia ha negato d’aver ceduto alle pressioni, chiedendo al gruppo nuovi rimedi. Ha però precisato che non si deve permettere che paure ‘irrazionali’ su Google possano interferire con “un’indagine antitrust sui fatti che è molto, molto razionale“.

Non è logico – ha aggiunto Almunia – considerare Google come un leviatano che cancellerà le nostre libertà, la nostra privacy e i nostri diritti”.

Tutto questo, ha osservato il Commissario, riflette la paura dell’Europa d’essere superata dagli Stati Uniti in settori chiave dell’economia digitale.

“C’è la sensazione che le aziende europee siano in ritardo nei confronti di questi grandi (americani) player, non solo Google, (ma) Amazon, Facebook, Apple, Microsoft”, ha indicato il Commissario.

La Commissione attende adesso la quarta serie di rimedi da parte di Google. “Non so – ha detto Almunia – se miglioreranno i loro impegni come ho chiesto loro di fare. Se non lo faranno, il passo successivo sarà quella di formalizzare le accuse contro la società”.

Almunia ha anche annunciato ulteriori approfondimenti sugli accordi fiscali che legano alcuni Paesi Ue alle multinazionali, tante di internet. Indagini che potrebbe anche coinvolgere Google.

La danese Margrethe Vestager che prenderà il suo posto nella nuova Commissione Juncker ha già promesso prioritari interventi sulla questione. La Ue sta ufficialmente indagando, tra gli altri, sugli accordi che legano Apple all’Irlanda e Amazon al Lussemburgo.

A riguardo ricordiamo che proprio ieri l’Irlanda, dopo le pressioni della Ue, ha cancellato con una legge il famoso ‘Double Irish’ che permetteva a tante holding di bypassare il fisco ed eludere le tasse.