no a strapotere tech company

Alibaba, Jack Ma si piega alla politica antitrust di Pechino e rinuncia al controllo del colosso fintech Ant Group

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La mossa del gruppo è una scelta obbligata, perché in fase di ristrutturazione dopo essere stato “ingabbiato” dal governo di Pechino, che da circa due anni ha iniziato a riaffermare la leadership del Partito Comunista e lo Stato di diritto rispetto al potere delle tech company cinesi.

Il titolo di Alibaba ha registrato un rally con un +8% nelle contrattazioni di oggi a Hong Kong, dopo la comunicazione che il suo co-fondatore Jack Ma cederà il controllo del colosso cinese fintech Ant Group: le quotazioni di Ma scendono dal 53% al 6%. Alibaba possiede una partecipazione di circa il 33% nel gruppo: Jack Ma si era ritirato da Alibaba nel 2019 ma ha continuato a controllare Ant.

La mossa del gruppo è una scelta obbligata, perché in fase di ristrutturazione dopo essere stato “ingabbiato” dal governo di Pechino, che da circa due anni ha iniziato a riaffermare la leadership del Partito Comunista e lo Stato di diritto rispetto al potere delle tech company cinesi.

Pechino ingabbia i suoi gioielli tech, il piano contro i monopoli

Storicamente, i regolatori cinesi hanno concesso ai propri “gioielli” tecnologici molta più libertà di quella concessa ai media di proprietà statale strettamente controllati.

Pechino ha permesso alle aziende tech di beneficiare di politiche per tenere a bada i concorrenti stranieri e ad attirare il capitale umano in queste società cinesi. In cambio, le tech company hanno aiutato lo Stato cinese nella sfida per la supremazia tecnologica globale e a promuovere il suo modello tecnocratico di sorveglianza, investendo nel sistema di credito sociale e nel riconoscimento facciale.

Dunque, Pechino, prima, ha fortemente favorito con la deregulation e gli aiuti di Stato i suoi giganti tech:da Alibaba a Tencent passando per ByteDance, proprietaria di TikTok, fino a Didi, la “Uber cinese”. 

Da circa due anni questo “amore” è finito. C’è anche un piano, da rispettare in tutta la Cina, con l’aggressiva politica antitrust di Pechino nei confronti dei suoi gioielli tecnologici.

La Cina ha preferito “ingabbiare” le sue creature tech, anche facendo perdere loro valore, bloccandone lo sbarco in Borsa. 

Dopo le critiche di Jack Ma alla finanza cinese, Pechino bloccò nel 2020 la quotazione da 35 miliardi di dollari in Borsa di Ant Group: sarebbe stata la più grande al mondo

Infatti, la prima vittima eccellente dell’ascesa della politica antitrust è stata Alibaba, bloccata a novembre 2020 a poche ore dall’Ipo dalla doppia quotazione da 35 miliardi di dollari a Shanghai e Hong Kong, che avrebbe attribuito ad Ant una valutazione di oltre 300 miliardi di dollari. Alibaba è stata poi anche multata con 2,8 miliardi di dollari per aver violato le regole della concorrenza.

Jack Ma “non sarà più l’effettivo controllore di Ant Group”, in un’operazione che servirà, comunica il gruppo, a “migliorare ulteriormente la trasparenza e l’efficacia della corporate governance”.

“nessun azionista, da solo o congiuntamente con altri soggetti, avrà il controllo di Ant Group” dopo il completamento dell’adeguamento, fa anche sapere la società, che così spera con una maggiore cessione del controllo potrebbe aiutare a lanciare di nuovo i piani di Ipo di Ant in futuro, disinnescando le tensioni con le autorità di regolamentazione.

La disfatta di Jack Ma da quando criticò il sistema bancario cinese nel 2020

La sfida di Pechino nei confronti di Jack Ma è iniziata quando, nel 2020, il miliardario cinese ha criticato le banche cinesi “hanno una mentalità da banco dei pegni”, mentre ha lodato i meriti del sistema bancario digitale, proponendo che le future decisioni di prestito dovrebbero essere basate su dati, non su garanzie. Subito dopo, il governo ha bloccato, bruscamente, la quotazione in Borsa di Ant Group: sarebbe stata la più grande del mondo. . Subito dopo, il governo ha bloccato, bruscamente, la quotazione in Borsa di Ant Group: sarebbe stata la più grande del mondo.

Solo oggi, le autorità cinesi hanno ammorbidito il loro tono nei confronti dei propri “gioielli” tech, nel tentativo di rafforzare l’economia cinese, colpita di nuovo dalla pandemia Covid.

Per saperne di più:

Perché ora Pechino ce l’ha con i suoi “gioielli” tech? Intervista a A. Zhang, esperta di diritto cinese