Istat, le famiglie italiane tirano la cinghia e spendono meno in cultura

di Raffaella Natale |

Secondo il Rapporto annuale Istat, nel 2013 la spesa in cultura delle famiglie italiane s’è ridotta del 5,6%: meno cinema, teatro, giornali e abbonamenti tv.

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La crisi economica che attanaglia l’Italia ha spinto le famiglie a spendere di meno e a farne le spese sono anche cultura e comunicazione.

Secondo il Rapporto annuale di Istat, presentato oggi, nel 2013 la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.359 euro (-2,5% rispetto all’anno precedente).  

Tenuto conto dell’errore campionario (0,6%) e della dinamica inflazionistica (+1,2%), per Istat la spesa è diminuita anche in termini reali.

Il valore mediano della spesa mensile per famiglia risulta pari a 1.989 euro con una diminuzione del 4,3% rispetto al 2012, a conferma di quanto già osservato per la spesa media.

La spesa per beni e servizi non alimentari diminuisce del 2,7% e si attesta su 1.898 euro mensili: continuano a diminuire le spese per abbigliamento e calzature (-8,9%), quelle per tempo libero e cultura (-5,6%) e quelle per comunicazioni (-3,5%).

 

Per tempo libero e cultura la diminuzione di spesa è stata progressiva: la quota dal 4,2% del 2011 passa al 4,1% del 2012 e al 4% del 2013.

Le famiglie riducono soprattutto la spesa per praticare attività sportive e per l’acquisto di articoli sportivi, per cinema, teatro, giornali, riviste, libri, giocattoli, lotto e lotterie. In lieve diminuzione anche le spese per gli abbonamenti televisivi.

Più precisamente, la spesa media mensile per tempo libero e cultura è stata di 105 euro nel 2011, 100 euro nel 2012 per arrivare a 94 euro nel 2013.

Per le comunicazioni, si è passati da 47 euro del 2011 a 46 euro del 2012 e a 44 euro nel 2013.

 

Il Trentino-Alto Adige, in particolare la provincia di Bolzano, è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.968 euro), seguita dalla Lombardia (2.774 euro). Fanalino di coda, anche nel 2013, la Sicilia, con una spesa media mensile di 1.580 euro (circa 1.400 euro inferiore a quella del Trentino-Alto Adige).

In generale, le regioni con i livelli di spesa più bassi mostrano quote di spesa più contenute per altri beni e servizi e per tempo libero e cultura: tali spese, complessivamente, rappresentano meno del 5% della spesa totale per le famiglie sarde, il 6,7% per quelle siciliane e ben il 12,3% per quelle residenti in Trentino-Alto Adige (il 13,8% in provincia di Bolzano).

 

La spesa per alimentari è sostanzialmente stabile, passa da 468 a 461 euro. La sostanziale stabilità della spesa alimentare, a fronte di una diminuzione di quella non alimentare, determina l’aumento della quota di spesa destinata ad alimentari e bevande (dal 19,4% del 2012 al 19,5% del 2013).

 

Tra le famiglie di cinque o più componenti, oltre un quinto (il 22,4%) della spesa totale è destinato ai generi alimentari (contro il 18,4% delle famiglie di un solo componente). Più elevate anche le quote per abbigliamento e calzature (il 5,4% contro il 3,8% delle famiglie di un solo componente), per trasporti (16,3% contro 12%), per istruzione (2,5% contro 0,3%) e per tempo libero, cultura e giochi (4,1% contro 3,7%). Più basse, invece, quelle per abitazione (23,4% contro il 34,7%), per mobili, elettrodomestici e servizi per la casa (4,3% contro 5,2), per altri beni e servizi (9,4% contro 9,9%) e per sanità (3,2% contro 3,5%).