Guerra dei domini: in alto mare i negoziati Usa-Ue per .wine e .vin

di Paolo Anastasio |

Nessun passo avanti nell'ultimo giro di negoziati fra Usa e Ue sulla gestione dei domini .vin e .wine. Gli Usa si alleano con Australia e Nuova Zelanda mentre l’industria vitivinicola Ue minaccia il boicottaggio.

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Non accenna a placarsi la guerra dei domini web .wine .vin fra Usa e Icann da una parte e paesi Ue dall’altra. Dopo le polemiche della scorsa settimana, con l’Italia in prima fila nella Ue in difesa della salvaguardia anche online della tutela delle indicazioni geografiche (Ig) dai rischi di frode e contraffazione, l’ultimo giro di negoziati internazionali, che si è tenuto a Londra dal 22 al 26 giugno, non ha portato ad alcun compromesso. Secondo fonti citate da Europolitics, le trattative sono fallite per volontà degli Usa.

 

La governance di Internet è una delle priorità del governo italiano in vista del semestre di presidenza Ue. Le clausole di salvaguardia sull’utilizzo dei nuovi suffissi adottate dal Gac di Pechino e appoggiate da Icann “non sono sufficienti” a impedire potenziali violazioni della legislazione europea sulle indicazioni geografiche e denominazioni d’origine. 

 

“Un accordo sembrava a portata di mano quando i negoziati si sono arenati per il veto della Casa Bianca, sostenuta da Australia e Nuova Zelanda”, raccontano le fonti.

 

I tre paesi (Usa, Nuova Zelanda e Australia) come molti altri a livello globale, proteggono i loro brand con un sistema di marchi registrati (trademark) e considerano il sistema europeo di protezione Ig che copre prodotti agroalimentari (vini, formaggi e prosciutti) come uno strumento di protezione de facto dei prodotti Ue. Insomma, gli Usa non ci stanno a fare concessioni di nessun tipo sull’utilizzo dei domini web. E non hanno alcuna intenzione, per ora, di aderire al sistema europeo Ig.

 

La controversia è forte anche a livello di negoziati Ttip, l’accordo di libero scambio commerciale fra Usa e Ue in fase di discussione su cui l’Italia punta molto.

 

Un accordo internazionale sull’utilizzo online di nomi di vini d’origine potrebbe indebolire la posizione degli Usa nel settore agricolo, dove gli Stati Uniti hanno diversi interessi da difendere.

 

Di fatto, aggiunge Europolitcs, a questo punto formalmente l’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organismo americano responsabile dell’assegnazione dei domini Internet, potrebbe partire con l’assegnazione online dei nuovi domini generici dei vini, aprendo un’asta su ‘.wine’ e ‘.vin’.  Ma per ora non c’è una data precisa in cui l’asta si dovrebbe aprire.

 

In particolare, l’assegnazione dei domini “.wine” e “.vin” è stata richiesta all’Icann da quattro società estranee al settore vitivinicolo, con l’intento di commercializzarli e con la previsione anche di concedere a terzi dei nomi a dominio “premium” che potranno essere venduti all’asta al migliore offerente. Opzione che potrebbe permettere a chiunque di impossessarsi di nomi di dominio contenenti indicazioni geografiche così che, ad esempio,  domini come chianti.wine, bordeaux.wine o brunello.vin potrebbero essere acquistati anche da aziende che non hanno nulla a che vedere col vino o con la denominazione indicata, col serio rischio che i consumatori incorrano in truffe.

 

Poco dopo l’interruzione dei negoziati, l’industria europea del vino ha chiesto alla Ue di garantire uguali tutele online e offline per i nomi di vini protetti.  L’industria avverte inoltre che boicotterà i domini .wine e .vin, se la tutela delle indicazioni geografiche non sarà garantita anche in Rete.

 

La Federazione europea dei vini di origine (Efow) ha fatto un appello a tutti gli Stati membri per mettere in atto tutte le misure necessarie al rispetto della legge su Internet, compreso il blocco di nomi di dominio usati in maniera illegale.

 

Axelle Lemaire, segretario di stato francese per gli affari digitali, ritiene che il conflitto sulla tutela delle indicazioni geografiche (IG) mostra che “l’Icann non è più la piattaforma adeguata per discutere la governance di Internet”. Sulla stessa linea anche il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli