FCC, Verizon e la Net Neutrality. Potere amministrativo non può interferire sui business model di telco e investitori

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Di Luigi Gambardella

Stati Uniti


Luigi Gambardella

Di seguito l’intervento di Luigi Gambardella, Presidente di Punto.it a commento della sentenza del Tribunale di Washington che, accogliendo il ricorso di Verizon contro Netflix, ha bocciato le regole fissate nel 2010 dalla Federal Communications Commission (Fcc). Una sentenza che avrà profonde ripercussioni non solo sul principio della net neutrality ma anche sul mercato dei contenuti digitali.



La Corte di Appello di Washington ha adottato lo scorso gennaio una decisione che costituisce una pietra miliare nella definizione del quadro regolatorio statunitense.

C’è da aspettarsi che tale decisione sarà oggetto di appello alla Corte Suprema, visto il rilievo che potrà avere per lo sviluppo del settore nel mercato americano.

La stessa Corte indica che per capire questa sentenza è necessario “comprendere la storia della regolamentazione del mercato Internet negli USA”.

Sinteticamente la Corte ripropone l’evoluzione legislativa fino alla adozione del Telecommunications Act del 1996, che modificando le regole del 1934, ha introdotto un diverso regime regolatorio per i servizi tradizionali di voce rispetto ai “servizi dell’Informazione”.

Solo i primi sono soggetti alla regolamentazione di accesso (unbundling, interconnessione, servizio universale) che sono ereditati dal modello regolatorio sulle utilities. Tale modello di regole è definito come “common carrier”, traslando il modello regolatorio applicato a ferrovie o altri servizi essenziali, di natura non innovativa.

Con l’avvallo della Corte Suprema nel 2005, i servizi cavo, e poi dsl e anche l’ internet wireless, sono stati invece ricompresi nella categoria dei servizi dell’ Informazione: tale categoria di servizi non è soggetta a regole di common carrier e la FCC non è legittimata ad applicare regole di tale natura.

L’esclusione della regolamentazione di tutto l’ambiente broadband ha dato un impulso molto significativo agli investimenti in fibra e alle tecnologie di nuova generazione, anche mobile, portando il mercato USA a performance di investimento e innovazione del tutto superiori al contesto europeo.

Come tutti ricordiamo, nel 2010 la FCC è inoltre intervenuta a sostegno del principio della “neutralità della rete” con l’obiettivo di tutelare gli interessi degli operatori che producono/offrono contenuti, i cosiddetti Over the Top.

Con quella decisione la FCC, oltre a stabile regole di trasparenza, imponeva anche che gli operatori broadband, sia cavo, sia tlc, in particolare gli Ilecs (incumbent local exchange carrier) quali Verizon, non potessero discriminare, nè bloccare l’offerta dei contenuti da trasmettere sulla rete Internet, ma fossero tenuti a trasmetterli senza discriminazioni, neppure di tipo economico, ossia richiedendo compensazioni economiche per quei siti, come oggi Netflix, che producevano il maggior consumo di banda.

L’appello di Verizon si motiva dunque nella verifica della legittimità dell’intervento della FCC nel 2010, sostenendo che il Telecommunications Act non consente alla FCC questo potere di intervento.

L’analisi della Corte non esclude anche una valutazione economica degli obiettivi del quadro, ed indica che il sostegno agli Over The Top può avere dato un impulso ad investire su migliori performance della reti, esprime tuttavia che anche la scelta opposta di favorire gli investimenti degli operatori di rete chiedendo agli Over the Top di contribuire al costo di upgrade potrebbe aver dato simile impulso.

Ciò che rileva qui è la valutazione della legittimità poteri di intervento della FCC, in particolare su quali parametri essa può intervenire per motivare le sue decisioni: la scelta strutturale di policy a livello legislativo è stata quella di ritenere che i servizi di carattere innovativo non dovessero essere oggetto di intervento regolatorio, escludendo pertanto le competenze della FCC in merito.

La Corte pertanto riconosce che la FCC abbia spazi di discrezionalità di intervento nel settore, anche valutando gli obiettivi del quadro, tuttavia la Corte esprime chiaramente che il limite oggettivo di intervento della FCC risiede nelle definizioni legislative e non su una valutazione personalistica degli obiettivi di intervento.

Il quadro USA prevede:

  • un regime diverso tra servizi fonia tradizionali e ambiente broadband
  • il limite dei poteri della FCC sui servizi innovativi.

Poiché l’obbligo di non discriminazione previsto dalla FCC prevede un accesso obbligato ed a parità di condizioni verso tutti gli Over the Top, la Corte ha ritenuto che questo obbligo fosse della stessa natura di un obbligo di common carrier, trasformando di fatto ogni operatore di rete in un common carrier verso gli OTT.

In quanto tale esso è illegittimo, e quindi nullo poichè  il Telecommunications Act non prevede che la FCC abbia il potere di imporre un obbligo di tale natura su qualsiasi fornitore di accesso broadband.

La decisione giudiziale della Corte di Washington conferma che la priorità di un ordinamento giuridico efficace è la certezza che si conferisce al mercato sulle regole ammissibili e sui poteri di intervento nella applicazione di tali regole. Le scelte di politica industriale si svolgono a livello legislativo e sono attente a sostenere l’innovazione e l’efficienza del sistema economico. Il potere amministrativo non ha la possibilità di interferire sul modello di business degli attori del mercato, siano essi operatori o investitori.