Web-Tax, cantiere aperto. Il dibattito scuote il Parlamento

di Raffaella Natale |

Ancora in forse la possibilità di far passare la proposta Boccia come emendamento nella Legge di Stabilità.

Italia


Paradisi fiscali

In Parlamento si sta trattando sulla web-tax. A quanto apprende Key4biz è ancora al centro del confronto l’opportunità o meno di far passare la proposta di legge del presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia (Pd) con un emendamento alla Legge di Stabilità.  La proposta, di modifica del DPR 633/72, in ogni caso è già stata depositata lo scorso 4 ottobre (Leggi la proposta).

Un provvedimento che ha già creato contrasti con il M5s che sulle pagine del nostro giornale lo ha definito “contrario alle norme europee“, in particolare, ha spiegato Mirella Liuzzi, deputato del Movimento di Beppe Grillo, “costringere un’azienda estera ad avere una partita Iva italiana, ci sembra in contrasto con il Trattato di Roma” e con quanto già l’OCSE e il G20 stanno facendo in materia di tasse e web company (Leggi Articolo Key4biz).

 

Non la pensa così Boccia che nell’intervista a Key4biz ha precisato che “nessuno vuole obbligare un’azienda estera ad aprire una partita Iva nel nostro Paese. La proposta che abbiamo presentato, in realtà, prevede l’obbligo per i committenti di servizi online – e parliamo quindi di commercio elettronico diretto e indiretto – di poter acquistare solo da soggetti in possesso di una partita IVA italiana”.

La proposta, secondo l’on. Boccia, non è quindi in contrasto col diritto comunitario né col Trattato di Roma sul libero mercato ed è anche “in linea con il dibattito che sta coinvolgendo anche altri Paesi europei, vedi il caso della Francia o della Gran Bretagna. È evidente che l’Ue deve prendere posizione, ma è anche nostro dovere tutelare le imprese italiane”, davanti a quello che è “un classico esempio di concorrenza sleale“.

 

Parliamo soprattutto delle web company che sono le prime a ricorrere ad aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale per traghettare i profitti nei paradisi fiscali e pagare al minimo le tasse nei Paesi dove vendono i loro servizi.

Non c’è nulla d’illegale in tutto ciò. Si tratta, infatti, di sfruttare ‘furbamente’ le lacune delle varie legislazioni, ormai superate e non adatte alla digital economy, per spostare i capitali nei Paesi dove la tassazione è più vantaggiosa.

 

La strategia è quella del “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto nei paradisi fiscali.

 

Nel 2012 gli OTT hanno versato all’erario italiano solo 9,157 milioni di euro (Leggi Articolo Key4biz).

Google non ha pagato tasse (anzi ha 5.454 euro di credito d’imposta) con la Technology Infrastructure e ha versato 1,8 milioni con Google Italy srl. Cifra veramente piccola, visto che secondo le stime degli analisti il giro d’affari dell’azienda di Mountain View legato al mercato pubblicitario italiano è di 700 milioni di euro.

Facebook (che secondo le stime nel 2012 ha raccolto pubblicità per 35-40 milioni) ha dichiarato 3 milioni di giro d’affari, pagando 131.037 euro con la Italy srl. Apple ha pagato 648 mila euro con la Apple Retail Italia (ma con un credito d’imposta di 3,177 milioni) e 5,529 milioni con Apple Italia.

 

Il premier Enrico Letta ha commentato alla vigilia del vertice Ue su economia digitale che “E’ in corso una svolta storica nel mondo che dobbiamo cogliere, affinché vinca la legalità e l’Italia possa riappropriarsi di risorse che consentiranno, già a partire dal prossimo esercizio finanziario, di far scendere il deficit e abbassare le tasse”.(Leggi Articolo Key4biz).

 

Il Viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda ha ribadito “Riteniamo che non sia equo che i grandi player digitali facciano profitti in Europa e paghino altrove, e pochissimo, le tasse. E’ un problema che va risolto“. (Leggi Articolo Key4biz).

 

Quanto sta avvenendo a livello parlamentare si colloca in un quadro più ampio, di operazioni internazionali. All’inizio di settembre, in occasione del G20 a San Pietroburgo, i leader mondiali hanno trovato l’accordo su un Piano d’azione per combattere l’evasione fiscale e prevenire che le multinazionali sfruttino scappatoie e paradisi fiscali per pagare delle tasse minime (Leggi Articolo Key4biz).

 

Nella dichiarazione finale si legge che la priorità è che tutti contribuenti paghino le tasse, senza ricorrere a pratiche di ‘pianificazione fiscale aggressiva’ per sottrarsi alle imposte.

Una sfida quanto mai attuale, davanti alla crescita dell’economia digitale. In questo senso i leader del G20 hanno dato ampio sostegno al Piano presentato dall’OCSE, invitando tutti i paesi interessati a sostenerlo (Leggi Articolo Key4biz).

 

La proposta di legge di Francesco Boccia