Scorporo rete. Galateri difende l’operazione: ‘Futuro più competitivo per le tlc italiane’

di Alessandra Talarico |

In un articolo, dal titolo ‘Investors hang up on Telecom Italia’ (gli investitori chiudono il telefono in faccia a Telecom Italia), il Financial Times ha definito lo spin-off ‘un subdolo tentativo di salvataggio da parte del Governo’.

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Gabriele Galateri

“Il Cda ha preso una decisione che mi sembra importante. Se tutti gli attori coinvolti, la società, i concorrenti e l’Agcom, opereranno in maniera trasparente, penso che lo scorporo sia un’iniziativa che può effettivamente dare un futuro al sistema delle Tlc italiane più competitivo rispetto a come è adesso”.

Così, il consigliere di Telecom Italia Gabriele Galateri di Genola è intervenuto stamani in difesa della decisione del gruppo telefonico italiano di procedere allo scorporo della rete dalle critiche mosse dal quotidiano britannico Financial Times.

 

In un articolo, dal titolo ‘Investors hang up on Telecom Italia’ (gli investitori chiudono il telefono a Telecom Italia) il quotidiano sottolinea che lo spin-off “appare decisamente come un subdolo tentativo di salvataggio da parte del Governo”, dopo che 7 anni fa – molto tempo prima della crisi finanziaria nell’eurozona – vennero rispedite al mittente le offerte di AT&T, Rupert Murdoch e Carlos Slim. Cosa che è stata fatta di recente anche con il tentativo di avvicinamento del magnate egiziano Naguib Sawiris.

 

Il Financial Times sottolinea quindi le difficoltà del presidente Franco Bernabè, il cui mandato scade il prossimo anno ad aprile, alle prese con il peggioramento delle condizioni del mercato, caratterizzato dal calo dei ricavi del fisso e dal taglio delle tariffe mobili. Difficoltà, quelle sul mercato nazionale, cui si sommano anche il deterioramento della posizione del gruppo in America Latina e la complicata struttura azionaria della società, controllata attraverso la holding Telco, dalla spagnola Telefonica, Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali.

“Gli azionisti – sottolinea il FT – che hanno investito a 2,80 euro per azione e hanno successivamente svalutato il valore delle loro quote a 1,20 euro, vogliono un miglioramento rispetto al prezzo attuale che oscilla attorno a 55 centesimi per azione, senza ulteriori contraccolpi ai loro bilanci”.

In questo contesto, l’operazione di scorporo “sembra guidata dall’interesse politico a mantenere l’italianità della rete d’accesso, dalla necessità di Telco di vendere a un prezzo migliore e dall’urgente bisogno della società di ridurre il debito”.

 

Per realizzare lo spin-off, come ribadito anche dai vertici di Telecom Italia, potrebbero volerci diversi mesi, ma la mancanza di dettagli precisi ha già “avuto un contraccolpo sull’andamento del titolo, con alcuni investitori che temono che anche quest’operazione non andrà a buon fine, come altre opzioni strategiche negli ultimi mesi”, spiega ancora il Financial Times, secondo cui questo non sarebbe che un bene per “i già pressati contribuenti italiani che non hanno bisogno di un replay nel settore tlc di quanto avvenne nel 2008 col ‘salvataggio’ di Alitalia”.

 

Il quotidiano della City conclude la sua impietosa analisi consigliando ai vertici del gruppo, ai politici ‘impiccioni’ e agli investitori di ‘considerare il quadro generale’: in un’Europa che guarda con sempre maggiore interesse al consolidamento “una vera opzione strategica sarebbe di iniziare a parlare seriamente di un potenziale partner europeo” perchè se si aspettano altri 7 anni, potrebbe “restare poco da offrire”.

 

Ieri, in difesa dello scorporo era scesa anche Deutsche Bank, secondo cui la separazione della rete di acceso produrrà benefici per tutto il settore delle telecomunicazioni fisse italiane e anche la possibile integrazione con 3 Italia deve essere considerata una buona opportunità per l’operatore storico (Leggi articolo Key4biz).