Privacy: Apple rifiuta l’app del Garante francese a tutela dei dati degli utenti

di Alessandra Talarico |

Secondo uno studio condotto da CNIL e INRIA, su 189 app scaricate, il 46% accede all’identificativo univoco dell’iPhone, definito da Apple e non modificabile e il 31% ai dati di geolocalizzazione.

Francia


Smart mobile app

Che le app che scarichiamo in abbondanza sul nostro smartphone non siano proprio campioni di rispetto della privacy questo già lo si sapeva: sono tantissime quelle che accedono all’identificativo del telefonino, ai dati sulla posizione e alla rubrica telefonica.

Preoccupato per la riservatezza dei dati personali dei 24 milioni di francesi che possiedono uno smartphone, il Garante privacy d’oltralpe (Commissione nazionale dell’informatica e delle libertà – CNIL) ha creato una partnership con l’Inria (Institut National de Recherche en Informatique et en Automatique) per analizzare il fenomeno.

Il gruppo di lavoro ha provvisto 6 persone di iPhone e per tre mesi ha monitorato quali dati le app scaricate andassero a ricercare e raccogliere all’interno del dispositivo.

I risultati dell’analisi sono stati resi pubblici ieri: ebbene, su 189 app scaricate, il 46% accedeva all’identificativo univoco del telefonino, definito da Apple e non modificabile e il 31% ai dati di geolocalizzazione.

 

Il più delle volte, gli utenti ignorano che tutto questo avvenga ma anche quando ne avessero consapevolezza e cercassero di impedirlo, non sempre è possibile o semplice, ha spiegato Sophie Vulliet-Tavernier, responsabile della ricerca presso il CNIL.

 

Il gruppo di lavoro ha notato altresì che “alcune applicazioni accedono a dati senza un legame diretto cin un’azione dell’utente o del servizio offerto dall’app”. In diversi casi, sottolineano i ricercatori, l’app va a scandagliare la rubrica o l’agenda, mentre le connessioni internet di cui sono provvisti gli smartphone consentono agli editori delle app di inviare dei cookies, in grado di riconoscere l’utente e monitorarne la navigazione.

 

Il fatto è, spiega Geofffrey Delcroix del CNIL, che all’interno delle app gli strumenti che permettono agli utenti di avere un seppur minimo controllo sui loro dati, come avviene sul web, sono inesistenti.

Michel Cosnard, PDG di Inria, invita alla prudenza: “cerchiamo di non essere ingenui di fronte alla tecnologia. Essa può essere neutra, ma il suo utilizzo non lo è mai”.

 

Secondo quanto riferito dal quotidiano Les Echos, l’equipe aveva sviluppato un software per far sì che l’utente, a ogni download, potesse accettare o meno l’invio di dati sulla posizione o l’identificativo dello smartphone, ma Apple non ne ha accettato l’inserimento nel suo App Store.

 

Il CNIL si è pertanto limitato a fare delle raccomandazioni agli sviluppatori, ai produttori di dispositivi e agli operatori, in materia di protezione dei dati per sensibilizzarli sull’argomento e spingerli a tenere in maggiore considerazione la privacy degli utenti.