Telco Vs web company: ecco perché essere troppo ‘choosy’ non paga. ‘Velocità’ parola d’ordine per invertire la tendenza

di Alessandra Talarico |

Le telco, schiacciate dal predominio degli OTT – agevolati da norme più ‘consenzienti’ e da una maggiore ‘agilità’ – devono osare di più e agire rapidamente per inserirsi nel mercato dei servizi digitali.

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Per quanto relativamente breve sia la sua storia, l’industria delle telecom è passata attraverso diversi scossoni, ma nessuno di questi è stato tanto dirompente quanto l’arrivo degli OTT sulla loro strada.

Aziende giovani e dinamiche che sono riuscite a mettere ulteriormente in affanno gli operatori telefonici, incapaci – tranne qualche raro esempio – di avere quel guizzo che avrebbe potuto farli arrivare prima a offrire ai loro clienti gli stessi servizi offerti dai vari Google, Facebook o Amazon.

Forse, si dirà, le telecom si sono cullate per troppo tempo sulla convinzione che il loro status di ex monopoli le avrebbe tenute al riparo dalle intemperie. Ma la liberalizzazione prima e quindi l’arrivo di competitor provenienti da altri settori ha reso evidenti le difficoltà dei colossi tlc a stare al passo con la domanda.

Una domanda, tra l’altro, imprevedibile: fino a pochi anni fa nessuno avrebbe previsto l’incredibile successo di smartphone e tablet e delle app che li animano (un mercato che varrà quest’anno 30 miliardi di dollari secondo ABI Research) e chissà cosa accadrà da qui a qualche anno.

Eppure, qualcosa le telco se la dovranno inventare, e in fretta anche, per invertire una tendenza che le vede relegate ai margini della catena del valore, schiacciate anche dalla percezione che di loro hanno i loro stessi clienti, che considerano queste aziende ricche, vere e proprie macchine da soldi che non meritano la loro fedeltà. Non è un caso che le aspettative sulla qualità dei servizi offerti dalle telco sia molto più alta rispetto a quella che ci si aspetta dalla propria banca, da un’agenzia di viaggio, o dal governo.

 

Con la liberalizzazione, del resto, i consumatori sono stati ‘viziati’ da costi più bassi, smartphone a rate, uso illimitato delle connessioni internet, servizi VoIP e messaging. E le cose potrebbero ancora peggiorare, prima di imboccare la via del miglioramento.

Ma come fare per prendere la direzione giusta in quello che potrebbe essere il bivio cruciale per la sopravvivenza?

La risposta – in un momento in cui non si fa che parlare di ultrabroadband – potrebbe essere alquanto scontata: c’è bisogno di più velocità, ma non tanto per le connessioni internet, quanto di ‘esecuzione’. Le telecom sono tra le aziende meno inclini ai cambiamenti, soprattutto quelli rapidi di cui questo preciso momento storico necessita. Non vogliono più essere considerate semplici trasportatori di bit o distributori di telefonini e sim card, ma si sono mostrate eccessivamente refrattarie a investire in qualcosa che andasse al di là del loro business ‘core’. Non sono troppo avvezze ai rischi – una mentalità forse più consona alle imprese d’oltreoceano – e spesso, quando lo fanno ci pensano così tanto che l’opportunità gli è già stata soffiata da quei ‘ragazzacci’ degli OTT.

 

Perchè le telco ormai, non devono solo competere tra di loro, ma devono vedersela, appunto, con i service provider digitali, che sono stati molto più bravi di loro nel percepire i nuovi gusti del pubblico e trasformarli in moneta sonante. E lo sono stati proprio perchè hanno agito senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, anche se hanno dalla loro parte politiche e regole più ‘leggere’ e consenzienti nei confronti di pratiche – come l’accumulo e il riutilizzo di dati personali – che invece nel Vecchio Continente sono controllate da norme molto più severe.

A monte, culture diverse tra gli Usa che tutelano di più il business e l’Europa che pensa di più, è giustamente, ai diritti dei consumatori.

 

Ma può essere solo questo a giustificare l’assenza dell’impronta delle telco in settori – dalle app ai servizi M2M, ai contenuti (Tv, video, giochi) – che non potrebbero esistere senza le loro infrastrutture e che invece fanno la fortuna degli OTT?

Ancora una volta, sembra essere l’agilità a mancare alle telco, che – anche quando presentano servizi innovativi – tendono a pensare soltanto al guadagno nel breve periodo e meno ai vantaggi in termini di ‘fedeltà’ degli utenti, uso della rete e ricavi marginali che questi servizi apporterebbero al loro business.

 

Le telco, per dirla col ministro Fornero, pagano forse il loro essere troppo ‘choosy’?

Squilibri regolamentari a parte – è un grosso problema, certo, e bisogna intervenire per sanarlo, visto che il digitale ha ormai abbattuto ogni confine fisico e un’azienda basata negli Usa può fare il bello e il brutto tempo con le informazioni degli utenti europei ma senza rispondere alle leggi cui devono sottostare le aziende che in Europa vi risiedono – quel che è certo è che le telco devono muoversi in fretta, abbracciare il mondo digitale, anche solo rivendendo servizi di terze parti o stringendo partnership con i service provider.

Il rischio, certo, è incluso nel pacchetto e i margini magari all’inizio saranno più bassi, ma prendere una decisione, qualsiasi essa sia, per cominciare a mettere un piede nei servizi digitali potrebbe essere il primo passo perchè le telco possano iniziare a trasformarsi esse stessi in fornitori di servizi digitali.