Connected Tv: è veramente un rischio per la Tv tradizionale? La Francia istituisce una Commissione ad hoc

di Raffaella Natale |

Per il Presidente del CSA, Michel Boyon, la Tv connessa rappresenta un pericolo per i broadcaster perché frammenta l’audience e non contribuisce al finanziamento della creazione.

Francia


Connected Tv

L’arrivo della connected Tv rappresenta un rischio per la Tv tradizionale francese. A dirlo è stato il presidente del Consiglio superiore dell’audiovisivo, Michel Boyon, in occasione dell’insediamento della Commissione che si occuperà di seguire l’avvio di questa tecnologia.

“Sì, è un rischio“, ha detto senza mezzi termini Boyon, e la ragione sta nel fatto che “contribuisce alla frammentazione dell’audience” e “non al finanziamento della creazione“. Ecco perché il presidente del CSA ritiene che sia un pericolo per le emittenti della Tv lineare. Ma si può fermare il progresso tecnologico? E, soprattutto, si può negare al telespettatore di sfruttare nuovi servizi?

 

L’obiettivo della Commissione sulla connected Tv, la cui nascita era stata annunciata lo scorso dicembre, è di migliorare qualitativamente e quantitativamente questa esperienza, emettendo proposte e raccomandazioni per gli operatori (Leggi Articolo Key4biz).

 

“Io voglio che si garantisca la libertà di scelta degli utenti“, ha spiegato Boyon, aggiungendo però che il telespettatore, nel momento in cui guarda un programma, non dovrebbe essere spinto a lasciare ciò che viene trasmesso in Tv per guardare altro.

Secondo punto chiave: “La televisione, da noi, assicura il finanziamento dei film e delle opere audiovisive. Bisogna continuare a garantire questo“.

In terzo luogo, “la Tv connessa può comportare dei rischi rispetto alla lotta contro il razzismo, l’antisemitismo e la protezione dei minori”.

 

La connected Tv permette all’utente di navigare sul web dal proprio televisore, consultare servizi annessi (meteo, programmi Tv …) grazie ai widgets che appaiono sullo schermo, accedere ai social network o ai servizi di video on-demand (VOD).

 

L’istituzione di questa Commissione mette probabilmente la Francia al primo posto rispetto a tutti i Paesi europei e quasi certamente a quelli del mondo intero”, ha commentato con soddisfazione Boyon.

Sarà presieduta da Emmanuel Gabla e prevedrà cinque focus group: “Economia e concorrenza”, “Finanziamento  della creazione”, “Protezione delle minoranze”, “Nuovi format pubblicitari” e “Sfide tecnologiche”.

A luglio e ottobre si riunirà in seduta plenaria, successivamente una volta ogni tre mesi.

 

Questa Commissione mira a raccogliere una vasta rappresentanza delle parti interessate, che decideranno a quali gruppi di lavoro partecipare.

Ci saranno, tra gli altri, i broadcaster (Canal+, TF1, Arte, Bolloré, Groupe NRJ…), le associazioni dei consumatori (UFC-Que Choisir), Médiamétrie, l’Istituto nazionale dell’audiovisivo, la Società degli autori, compositori ed editori di musica (Sacem), l’Antitrust, operatori tlc, via cavo e l’industria (Syndicat des Industries des Matériels audiovisuels électriques).

 

Nel 2011 la paura di perdere audience con il passaggio al digitale terrestre aveva già scosso i grandi broadcaster francesi che adesso avranno davanti una nuova e ancora più inquietante sfida: la Tv connessa. Stavolta la partita sarà però diversa, perché dovranno fare i conti con il giganti del web, i cosiddetti Over-the-Top, ben decisi a ritagliarsi uno spazio di riguardo in questo nascente mercato.

Restano ancora tanti i dubbi su quando e come si svilupperà, ma non di certo quelli sulla grossa fame di Google, Apple, Amazon o ancora Netflix e Hulu per questo comparto.

Per quanto potenti possano essere in Francia TF1, Canal+ o M6, sono pesi piuma rispetto a questi nuovi competitor, avidi giganti davanti alla gustosa ed enorme torta pubblicitaria della televisione.

 

Ed è proprio l’utente a uscire vittorioso da questa nuova sfida, perché potrà finalmente avere una Tv costruita su misura delle sue esigenze, orari, bisogni.

 

La Tv tradizionale sarà, invece, il grande perdente se non dimostrerà la sua capacità ad adeguarsi ai tempi mutati e alla rivoluzione digitale in atto.

Maggiore concorrenza, frammentazione dell’audience, già evidenziata dalla DTT, e anche ridotta capacità di investire. Per non parlare del rischio di perdere i diritti per la diffusione dei grandi eventi sportivi a vantaggio del web.