Innovazione: per la Ue, l’Italia continua ad arrancare, penalizzata dallo scarso apporto del settore privato alla R&S e da una scuola inadeguata

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Antonio Tajani: ‘Compiere maggiori sforzi per potenziare l'innovazione se vogliamo colmare il divario che ci separa dai nostri principali partner economici e superare la crisi attuale’.

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Màire Geoghegan-Quinn

Le performance dell’Italia in fatto di innovazione sono alquanto deludenti e al di sotto della media europea. Lo rivela il Quadro valutativo dell’Unione dell’innovazione 2011, pubblicato oggi dalla Commissione europea che mette in luce un’Europa a tante velocità, divisa tra Leader dell’innovazione (Svezia, Danimarca, Germania e Finlandia), Paesi che tengono il passo (Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Lussemburgo, Irlanda, Francia, Slovenia, Cipro ed Estonia), Innovatori moderati (Italia, Portogallo, Repubblica ceca, Spagna, Ungheria, Grecia, Malta, Slovacchia e Polonia sono inferiori alla media dell’UE‑27) e Paesi in ritardo (Romania, Lituania, Bulgaria e Lettonia sono molto inferiori alla media dell’UE-27).

 

Il Quadro valutativo dell’Unione dell’innovazione del 2011 si basa su 24 indicatori raggruppati in 3 categorie principali e 8 ambiti:

    “Elementi abilitanti“, ovvero gli elementi fondamentali che rendono possibile l’innovazione (risorse umane, sistemi di ricerca aperti, di eccellenza e attrattivi, finanziamenti e aiuti);

    “Attività delle imprese“, che mostrano gli sforzi compiuti dalle imprese europee per l’innovazione (investimenti, collaborazioni e attività imprenditoriali, patrimonio intellettuale); e

    “Risultati“, che mostrano come ciò si traduce in benefici per l’intera economia (innovatori ed effetti economici, compresa l’occupazione).

 

Il nostro Paese, spiega la Ue, si caratterizza per una forte debolezza negli investimenti del settore privato e per un forte declino nelle spese in innovazione non legata alle attività di ricerca e sviluppo.

“Nell’ultimo decennio, l’economia italiana è stata orientata verso attività a bassa intensità di ricerca e il livello di R&S è aumentato moderatamente raggiungendo l’1,27% del PIL nel 2009, con contributi identici dal settore pubblico e privato”, sottolinea il rapporto.

“I livelli di R&S – continua il report – rimangono in gran parte al di sotto di quelli dei principali concorrenti industriali. Ciò indica una tendenza verso una specializzazione nei prodotti a bassa intensità tecnologica”.

“Il livello relativamente basso degli investimenti del settore privato in R&S e innovazione è in gran parte dovuto al fatto che l’economia italiana è caratterizzata anche da un gran numero di PMI e microimprese (in particolare nei settori tradizionali), nonché alle grandi differenze regionali”, spiega ancora il report, che sottolinea come la competitività del paese potrebbe guadagnare se venisse potenziato il sistema dell’istruzione e se il settore pubblico desse una “migliore risposta al bisogno di competenze per l’economia”.

 

La Commissione sottolinea che anche se le performance di quasi tutti gli Stati membri in fatto di innovazione sono migliorate e che complessivamente l’Unione fa ancora meglio delle economie emergenti, la Ue non riesce a ridurre il ritardo accumulato nei confronti dei leader globali dell’innovazione: Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, rispetto ai quali il divario è ancora particolarmente marcato soprattutto per quanto riguarda l’innovazione nel settore privato.

 

Quello che fa di un paese un ‘leader’ nell’innovazione, sottolinea la Commissione, è la disponibilità di un solido sistema nazionale “di ricerca e di innovazione in cui l’attività economica e la collaborazione fra pubblico e privato rivestono un ruolo essenziale”.

Molto elevata, nei paesi in cima alla classifica Ue, la spesa, inclusa quella delle imprese, per attività di R&S.

“La Svezia, che è il primo paese fra gli innovatori dell’UE, domina in tre ambiti dell’innovazione su otto: risorse umane, finanziamenti e aiuti e investimenti delle imprese, mentre la Germania e la Danimarca riportano entrambe i risultati migliori in due ambiti dell’innovazione (collaborazioni e attività imprenditoriali e patrimonio intellettuale; innovatori ed effetti economici). I paesi europei più avanzati in materia di innovazione presentano risultati molto positivi anche nella commercializzazione delle proprie conoscenze tecnologiche”.

 

“I risultati di quest’anno sono un chiaro segnale della necessità di compiere maggiori sforzi per potenziare l’innovazione”, ha affermato Antonio Tajani, vicepresidente e commissario europeo per l’Industria e l’imprenditoria.

“Se vogliamo colmare il divario che ci separa dai nostri principali partner economici e superare la crisi attuale dobbiamo rivolgere tutte le nostre attenzioni all’innovazione. Nutro particolare fiducia nelle imprese, che hanno dimostrato di essere la chiave del successo per l’innovazione. Tuttavia, il successo di start up in altre parti del mondo dimostra che in Europa abbiamo ancora bisogno di imparare”, ha aggiunto Tajani.

 

“Abbiamo bisogno di sistemi nazionali di ricerca e di innovazione equilibrati e in grado di creare un ambiente che promuove l’innovazione delle imprese. Il quadro valutativo identifica inoltre un divario con gli Stati Uniti nell’ambito della ricerca di alto livello. Vi è urgente bisogno di un’area europea della ricerca in grado di stimolare la competizione, generare più eccellenza ed attrarre e trattenere i migliori talenti a livello globale”, ha concluso il Commissario Ue per la ricerca, l’innovazione e la scienza Máire Geoghegan-Quinn.

 

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