NGN: domani a Bruxelles il Rapporto delle telco. Per garantire gli investimenti necessari accordi con gli OTT

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Il report presentato da Alcatel-Lucent, Deutsche Telekom e Vivendi illustra le necessità degli operatori, attualmente alla ricerca di nuovi ricavi, che potrebbero arrivare dalla stipula di accordi all'ingrosso con i fornitori di contenuti.

Unione Europea


Neelie Kroes

In risposta alle preoccupazioni della Commissione europea, che teme l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale a causa dell’inadeguato livello di investimento da parte delle telco, l’industria presenterà domani un rapporto in 11 punti – ‘How to achieve the 2020 Digital Agenda targets’ – in cui si indica come sia necessario lasciare alle compagnie telefoniche la libertà di sviluppare nuovi modelli di business, inclusa la possibilità di applicare ai content provider una tariffa differenziata per la consegna ‘prioritaria’ dei loro contenuti.

 

Il report, firmato dai Ceo di  Alcatel-Lucent, Deutsche Telekom e Vivendi, è stato anticipato dal Financial Times e intende fornire sostegno alle ragioni degli operatori, attualmente alla ricerca di nuovi ricavi, che potrebbero arrivare proprio dalla stipula di accordi all’ingrosso con i fornitori di contenuti voraci di banda, come YouTube, così che il loro traffico possa arrivare agli utenti in una condizione di ‘alta qualità’.

Questa opzione, che creerebbe una rete a ‘due corsie’, è fortemente osteggiata dai sostenitori della neutralità della rete, secondo cui i contenuti internet dovrebbero essere trattati tutti alla stessa stregua. Tra questi, c’è Google che ha sempre insistito sul fatto che gli operatori hanno già i ricavi assicurati da consumatori e aziende che necessitano di connessioni internet.

 

Gli operatori, tuttavia, anche per raggiungere gli obiettivi fissati da Bruxelles in termini di digitalizzazione dell’Europa, devono investire massicciamente nelle nuove reti in fibra ottica: secondo un rapporto di McKinsey, coprire l’intero territorio Ue potrebbe arrivare a costare qualcosa come 300 miliardi di euro.

A marzo, il Commissario Ue per l’Agenda digitale, Neelie Kroes, ha riunito i rappresentanti del settore per discutere di come raggiungere gli obiettivi del Piano Ue, che comprendono l’accesso a internet a banda larga per tutti i cittadini europei entro il 2013. Per centrare questo target e passare al successivo – la disponibilità di internet ultraveloce a 100Mb per almeno la metà degli europei entro il 2020 – bisogna investire massicciamente: ma chi dovrà farlo? Solo gli operatori telefonici, o anche gli ‘Over-The-Top’ come Google e Facebook?

 

La discussione si è concentrata, in particolare, sullo stato dell’arte nella diffusione delle NGN e sui metodi per accelerare tale diffusione; sulla valutazione della sostenibilità dell’attuale ecosistema internet e sulla ricerca di business model alternativi, con gli Isp concordi almeno su un tema: vanno aggiornate le regole del mercato europeo concepite oltre 12 anni fa quando si operava con la reti in rame, per adeguarle all’attuale contesto tecnologico.
Un nuovo quadro di regole, insomma, che stimoli gli investimenti nelle nuove reti e assicuri un premio adeguato per il rischio dell’investimento. Si è infine deciso di creare dei gruppi di lavoro per presentare una proposta di lavoro comune che è sfociata, appunto, nel rapporto che sarà presentato domani e che indica quanto difficile sia trovare un punto d’incontro tra gli operatori europei e le compagnie hi-tech americane.

Secondo la bozza del documento, anticipata dal quotidiano londinese, le telco suggeriscono che non dovrebbero esserci “…restrizioni allo sviluppo di nuovi business model, i quali dovrebbero essere comunque basati su accordi commerciali” e dovrebbero essere improntati sui principi dell’apertura e della non discriminazione. La Ue, chiedono i tre gruppi, dovrebbe promuovere misure che fungano da stimolo alla domanda e riducano il rischio d’investimento e i costi di realizzazione dell’infrastruttura.
Gli obiettivi dell’Agenda digitale, sottolineano ancora – “…potranno essere raggiunti solo con modelli di business sostenibili e utilizzando al meglio le scarse risorse a disposizione”.

Ogni operatore, del resto, ha in mente una sua strategia: il FT spiega che, ad esempio, Vodafone si è detto interessato a far pagare i content provider per distribuire il loro materiale video in maniera prioritaria, altri – come Telefonica – vorrebbero applicare agli OTT tariffe commisurate al materiale immesso in rete.

 

Il tutto mentre il governo australiano ha annunciato di voler collocare nel corso di quest’anno bond per 2,7 miliardi per finanziare in parte la realizzazione della rete NGN nazionale (NBN, National Broadband Network), che dovrebbe costare in tutto 27 miliardi di dollari.

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