Donne e Tv. Mirella Ferlazzo (CPO) sul Protocollo della Carfagna: ‘Incoraggiante ma ora risposte adeguate all’Appello Donne e Media’

di Raffaella Natale |

Il 26 gennaio a Palazzo Chigi il Ministro Carfagna ha presentato un Protocollo di intesa firmato con l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, per contrastare l’uso indiscriminato del corpo femminile nella pubblicità.

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Il Comitato Pari Opportunità del Ministero dello Sviluppo economico ha inviato al governo e per conoscenza all’Agcom e alla Commissione parlamentare di Vigilanza una lettera in merito al Protocollo di intesta tra Ministero per le Pari Opportunità e IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria).

Nella lettera, il Presidente del CPO Mirella Ferlazzo, riferendosi all’accordo raggiunto, ha parlato di “segnale incoraggiante” per “contrastare l’uso indiscriminato del corpo femminile nella pubblicità”.

 

La Ferlazzo ha spiegato che per questa ragione, da oltre un anno, il CPO del MISE, aderendo all’Appello Donne  e Media, “ne ha sostenuto gli obiettivi, volti a dotare anche il nostro Paese di un codice deontologico riguardante tutte le piattaforme mediali, in linea con gli altri Paesi europei”.

Già in occasione del convegno che abbiamo promosso lo scorso 15 aprile – ha ricordato la Ferlazzo – incontrando l’approvazione e il sostegno del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “il governo si era assunto l’impegno a convocare un confronto utile per l’adozione da parte degli operatori della comunicazione, dello spettacolo, della pubblicità, di un apposito codice deontologico, condiviso e orientato al rispetto della dignità delle donne e alla valorizzazione della figura femminile in tutte le sue espressioni”.

 

Su questo tema, ha detto ancora la Ferlazzo, “giacciono numerose interrogazioni parlamentari che riprendono le proposte dell’Appello, innanzitutto per imprimere un’accelerazione alla ratifica del nuovo Contratto di servizio Rai-Governo, il cui articolato recepisce importanti disposizioni promosse dall’Appello, ma anche per insediare un Osservatorio permanente di monitoraggio e controllo e di avviare ogni azione idonea per armonizzare le norme europee, individuando uno standard unico in tema di donne e media“.

Rispetto a questa proposta complessiva, che “sicuramente ci avvicinerebbe alla media degli altri Paesi europei, la Ferlazzo ha sottolineato che il CPO si auspica di “ricevere al più presto adeguate risposte, ormai non più rinviabili”.

 

L’Appello Donne e Media è partito a novembre 2009 grazie all’iniziativa di Gabriella Cims, coordinatrice dell’Osservatorio Direttiva UE Servizi di Media Audiovisivi, e ampiamente diffuso nel web dalla campagna “Donnetv” lanciata da key4biz, raccogliendo migliaia di adesioni tra associazioni, a loro volta composte da migliaia di soci, e singole persone”.

 

La Ferlazzo nella propria lettera fa riferimento al Protocollo di intesa firmato dal Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna e dal presidente dello IAP Giorgio Floridia, presentato mercoledì 26 gennaio a Palazzo Chigi.

Il documento in questione è nato per “favorire e rafforzare ulteriormente l’applicazione del divieto di utilizzare l’immagine della donna in modo offensivo o discriminatorio o tale da incitare la violenza sulle donne”.

Nell’occasione, il Ministro ha affermato che “i mezzi di comunicazione e il marketing possono avere un ruolo importante nella lotta contro gli stereotipi di genere“, e quindi sono considerati come “preziosi alleati per valorizzare la figura femminile nella sua complessità e molteplicità e dare una immagine corretta del ruolo delle donne nella società“.  Inoltre la Carfagna ha precisato che “non si tratta di mettere in campo o prevedere alcuna forma di censura, che sarebbe in palese contrasto con la nostra Costituzione, ma che non possiamo non tenere conto dell’esigenza di mettere un freno alla giungla, di avere la possibilità di intervenire direttamente e velocemente quando ci troviamo di fronte ad un messaggio sbagliato o pericoloso”.

 

La scelta di introdurre un tale Protocollo è dettata dal fatto che la pubblicità rappresenta, oggi più che mai, uno strumento che ha un fortissimo impatto sulla società civile.

Inoltre, ha ricordato il presidente dello IAP Giorgio Floridia, “la qualità giova anche ai messaggi migliori: Quando il Giurì censura una pubblicità perché in contrasto con il codice di autodisciplina, i media rifiutano la pubblicità stessa; ciò ha un effetto inibitorio che tutela i consumatori e interviene prima dell’eventuale sanzione pecuniaria, successiva”.

 

Inoltre, il Segretario generale di IAP, Vincenzo Guggino, ha spiegato che “l’amministrazione potrà chiedere il ritiro di una pubblicità in tempo quasi reale, comunque entro 48 ore di tempo, completamente a costo zero”.

 

Un tema che nei giorni caldi delle polemiche sul ‘caso Ruby’ ha spinto la Carfagna ad augurarsi che “ora nessuno strumentalizzi a piccoli scopi politici” questa campagna: “Ho anche pensato di rinviare la firma ad un momento più tranquillo, quando questo caso si sarà sgonfiato (…) ma noi rispondiamo al fango e alle millanterie coi fatti, il governo va avanti”.

E sull’inchiesta della Procura di Milano, la Carfagna ha osservato che “è il frutto di una campagna mediatica portata avanti da intercettazioni prive di giustificazione”.

L’argomento, però, si presta. Così, alla cronista dell’Unità che nel giorno della presentazione del Protocollo di intesa le ha rivolto una domanda legata proprio alle feste ad Arcore, la Carfagna ha replicato richiamando la campagna pubblicitaria con cui è stato lanciato il nuovo formato, una donna in minigonna: “Lei scrive per un giornale che senza esitazione ha usato il corpo di una donna per farsi pubblicità (…)”.

 

Ma non basta glissare le domande. Un’associazione romana, “Di Nuovo”, ha lanciato un appello firmato da tante gente di destra e di sinistra – da Cristina Comencini a Giulia Bongiorno, Flavia Perina, Lorella Zanardo… – e che sta organizzando per il 13 febbraio manifestazioni in tutte le città italiane.

I firmatari reclamano il rispetto delle donne: “Il modello di relazione tra donne e uomini ostentato da una delle massime cariche dello Stato (…) legittima comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni”.

La Comencini ha spiegato: “Ci accomuna la rabbia perché nelle vicende private del presidente del Consiglio trova la sua massima espressione un’immagine degradata delle donne, che non ci corrisponde”.

 

 

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