Web 2.0: gli operatori telefonici alla ricerca di un nuovo modello economico per sostenere la crescita

di Alessandra Talarico |

Si intensificano le schermaglie tra gli operatori europei e le web company Usa, accusate di sfruttare le reti senza contribuire agli investimenti.

Italia


Network Neutrality

L’esplosione del traffico dati sulle reti mobili, con l’utilizzo sempre più massiccio di servizi che rischiano di sovraccaricare la capacità di rete disponibile e di provocare livelli di congestione inaccettabili – impone la necessità di rivedere gli attuali equilibri economici nella catena di valore. Una questione molto pressante per gli operatori telefonici, che si stanno interrogando su come affrontare il problema e hanno commissionato alla società A.T. Kearney uno studio – “A Viable Future Model for the Internet” –  che analizza in particolare gli investimenti necessari nelle reti fisse e wireless per supportare l’aumento esplosivo del traffico internet.

Il Rapporto – commissionato da Deutsche Telekom, France Telecom-Orange, Telecom Italia e Telefonica e ripreso oggi anche dal Financial Times – afferma la necessità di un riallineamento delle parti nella catena del valore, in modo che gli operatori TLC possano ottenere i 28 milioni di euro di ricavi annuali in più entro il 2014 necessari per mantenere gli attuali livelli di performance della rete.

Anche senza voler coprire tutto il territorio con una rete in fibra ottica, infatti, l’industria dovrà ugualmente investire pesantemente per mantenere gli attuali livelli di servizio e prevenire il soffocamento della rete dovuto all’incredibile circolazione dei contenuti video. Eppure, quelli che beneficiano dei maggiori volumi di traffico sono proprio quelli che li producono (in genere i siti fornitori di contenuti) e chi li consuma (gli utenti finali), mentre le telcos oggi non guadagnano quasi nulla da questo aumentato traffico.

Pertanto, lo studio di ATK, analizza quattro  nuovi modelli per affrontare questo squilibrio: la modifica degli schemi dei prezzi al cliente; il lancio di una nuova serie di servizi di migliore qualità; l’offerta di servizi di qualità migliore sulla base di accordi bilaterali tra gli operatori del settore, l’introduzione di  componenti di prezzo wholesale dipendenti dal traffico. I modelli di sovrapprezzo, per ognuna di queste opzioni,  potrebbero essere correlati al traffico totale (un certo prezzo per gigabyte), a certi tipi di traffico (basati sulla qualità richiesta dal traffico), o a certi tipi di provider (sulla base del loro modello di business e sulla loro propensione a pagare).
 

Modificando gli schemi dei prezzi al dettaglio, ossia mettendo fine ai pacchetti dati ‘tutto compreso’, sottolinea il Rapporto, sugli utenti finali graverebbero prezzi più elevati e si introdurrebbero componenti di prezzo dipendenti dal volume del traffico.

La seconda via, quella del lancio di servizi a qualità superiore per l’internet pubblico, con l’impegno ad offrire performance superiori, avrebbe, quindi, come contropartita – spiega ancora il Rapporto – un sovrapprezzo per gli internet service provider che richiedono tali servizi. Google e Facebook dovrebbero, in sostanza, scegliere il loro canale di distribuzione: a tariffa ‘normale’ o a tariffa ‘prioritaria’, pagando in quest’ultimo caso un sovrapprezzo che percorrerebbe la catena del valore a ritroso, fino a rimborsare gli operatori che effettuano gli investimenti.
A.T. Kearney suggerisce inoltre di introdurre servizi a qualità superiore basati su accordi bilaterali tra gli operatori di settore, così da imporre livelli di accesso e di traffico differenziati a prezzi diversi, a seconda delle esigenze dell’utente.

L’ultima soluzione proposta da A.T. Kearney, l’introduzione di componenti di prezzo wholesale dipendenti dal traffico garantirebbe un sovrapprezzo ragionevole sul trasferimento dei dati all’ingrosso, che rappresenterebbe una piccola frazione del prezzo di mercato per i contenuti a banda larga.

L’integralità dei flussi internet sarebbe quindi fatturata in funzione della banda passante mobilitata e tutte le relazioni economiche del web 2.0 si livellerebbero, con un riversamento a cascata dal fornitore dei contenuti verso l’operatore  che fornisce il servizio. Si tornerebbe così al modello del telefono, mettendo fine alla ‘eccezione’ di internet e realizzando un vecchio sogno degli operatori telefonici, che più volte hanno accusato le web company di concorrenza sleale, per lo sfruttamento eccessivo delle reti coi loro servizi voraci di banda, senza contribuire agli investimenti.

 

“Le istituzioni dovrebbero avere un approccio aperto e a sostegno dei nuovi modelli di business che stanno emergendo”, ha affermato Mark Page di AT Kearney, secondo cui alcuni dei recenti dibattiti pubblici non sono stati d’aiuto.
Page cita ad esempio “…l’erronea convinzione che Internet o anche alcuni principi fondamentali, come la libertà di espressione e di libera impresa, soffrirebbero l’introduzione di tariffe più equilibrate”.
È vero, invece, il contrario: “senza chiari incentivi economici – ha concluso – la congestione della rete soffocherà innovazione e utilizzo”.
 

E’ vero anche, però, che nessuna delle opzioni proposte da sola può risolvere da sola tutti i problemi strutturali evidenziati. La risposta corretta da parte del settore sarebbe quindi l’adozione di un modello ibrido che comprenda gli elementi di forza di tutte le soluzioni proposte.

La soluzione al problema, ha spiegato il Chairman Etno Luigi Gambardella, “…prevedrebbe un aumento della capacità di rete ed un maggiore utilizzo delle tecniche di traffic management. Tuttavia, vi sono due ostacoli che portano ad una scarsità di risorse per gli investimenti necessari: in primo luogo la mancanza di incentivi economici per gli internet service provider per utilizzare la banda in modo efficiente; in secondo luogo una strutturale disconnessione nella catena del valore. Infatti, coloro che beneficiano da alti livelli di traffico sono coloro che lo generano (content sites) e che ne usufruiscono (utenti). Coloro che devono realizzare e gestire la rete, invece, non ricevono alcun ricavo dai primi e offrono spesso schemi di prezzo fisso ai secondi”

Consulta il Rapporto ‘A Viable Future Model for the Internet