eHealth: dal Garante appello ad operatori sanitari e pazienti. ‘Siti web e social network non garantiscono la riservatezza dei dati’

di Antonietta Bruno |

Italia


Salute

Social network e siti internet possono diventare un problema per chi li usa, e non solo per i tanti ‘colpi bassi’ inflitti da hacker senza scrupoli, ma perché possono trasformarsi in un vero e proprio veicolo per la trasmissione, il più delle volte involontaria, di informazioni personali e riservate sulla salute dei malati.

 

A lanciare l’allarme mettendo in guardia utenti del web e operatori del settore sanitario, è stato nel corso di un convegno sulla protezione dei dati in sanità, il presidente dell’Autorità garante della privacy Francesco Pizzetti.

 

Durante i lavori indirizzati agli operatori del mondo medico e al personale addetto alla protezione dei dati sensibili dei pazienti a livello gestionale, giuridico ed informatico, Pizzetti ha spiegato come questa “tendenza”, se così si vuole chiamare, stia diventando un vero e proprio fenomeno sia tra i malati che tra gli operatori sanitari.

 

“Molti malati, specie quelli colpiti da patologie rare– ha spiegato il presidente dell’Authority – utilizzano internet e i vari siti di social network per scambiarsi informazioni su medici, terapie e strutture con altre persone nelle loro condizioni. Il problema però, è che così facendo gli stessi malati riferiscono nome, terapie e altri dati che possono uscire dalla ‘comunità virtuale’ cui si rivolgono”.

“Rischio simile – ha aggiunto Pizzetti – avviene per la pratica sempre più diffusa tra gli operatori sanitari, di usare Facebook, YouTube o altri siti per scambiarsi impressioni o foto sulla propria attività di lavoro, rivelando così informazioni sui pazienti”.

 

Una pratica divenuta ormai usuale, ma che nasconde non poco insidie. Per questo, oltre ad appellarsi ad una maggiore cautela nella trasmissione di informazioni personali e professionali, il presidente dell’Autorità Garante ha informato i diretti interessati dell’importanza di riuscire a “creare una cultura sulla riservatezza dei dati”. “Malati e operatori del settore sanitario – ha detto – sappiano che internet non garantisce che i loro dati siano conosciuti solo dalle persone per cui li scrivono. Sappiano anche che è difficile essere sicuri della loro cancellazione e che questi dati, messi senza precauzioni online, possono essere poi catturati dai motori di ricerca e quindi essere diffusi ad una platea di persone molto più vasta”.

 

Appello simile, era stato lanciato non molto tempo fa anche da un’altro presidente. Da quello della Società italiana di medicina generale (Simg) Claudio Cricelli. Analizzando i dati di un’indagine portata avanti dalla società specializzata Engage Mutual, lo stesso evidenziava come oltre sei adulti su dieci oggi si rivolgono al web piuttosto che al proprio medico di fiducia, per trovare riscontro a patologie reali, e spesso anche ‘presunte’ diventando malati e medici di se stessi.

 

Stessa preoccupazione Cricelli l’aveva manifestata per l’acquisto di medicinali sulla rete anche se, aveva altresì precisato “le cose in Italia rispetto al resto del mondo, vanno un po’ diversamente e anche l’utilizzo di internet per l’acquisto di medicinali, eccetto quelli di tipo non terapeutico, è abbastanza ridotto.