VoIP DAY 2010. Presente e futuro del VoIP nell’Italia senza fibra. Attura (Avaya): ‘In Italia volontà di innovare non in linea con le esigenze di sviluppo’

di Flavio Fabbri |

Il futuro della rete? Tutti d'accordo sulla Società di gestione della Rete, ma servono strumenti di governance e su tutto la volontà politica condivisa. Oltre 400 persone in sala

Italia


Giuseppe Bonacina, Paolo Pandozy e Claudio Chiarenza

Si è svolto ieri a Roma, 25 marzo, l’attesissimo VoIP DAY 2010, tradizionale appuntamento promosso da Avaya, società leader nelle comunicazioni aziendali a livello globale, che oltre al consueto confronto tra istituzioni, imprese e associazioni di settore, ha offerto quest’anno un ulteriore momento di approfondimento sullo stato della rete in Italia e sul ruolo dell’innovazione tecnologica nella crescita economica.

La tecnologia VoIP , Voice over IP, permette oggi di effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione Internet o qualsiasi altra rete dedicata che utilizza il protocollo IP e deve il suo grande successo alla possibilità di fare leva su risorse di rete preesistenti, consentendo una notevole riduzione dei costi, in ambito sia privato che aziendale, specialmente per quanto riguarda le spese di comunicazione interaziendali e tra sedi diverse. Avaya, che è il primo vendor in termini di quota di mercato nel settore delle soluzioni convergenti fisso-mobile per le imprese, con una quota pari al 43%, è stata una delle prime aziende a puntare sul VoIP. Con più di cento anni di storia, Avaya si conferma solida realtà nel campo dell’innovazione tecnologia, da sempre asset strategico dell’impresa e fattore di crescita anche in tempi difficili come questi. Una lunga storia fatta di successi e di grandi risultati raggiunti in tutto il mondo, ma per essere arrivati a tanto è ovvio che sono state fatte delle scelte e sono state affrontate delle sfide. In questo momento il mercato mondiale dell’Information Technology (IT) soffre una crisi molto forte e per l’Italia le cose non vanno meglio che in altri Paesi, ma con una differenza sostanziale, ha ricordato il moderatore dell’evento, Raffaele Barberio di Key4biz, che: “Gli altri Paesi europei hanno saputo comprendere prima e in profondità gli scenari che si stavano presentando all’orizzonte, anche solo dieci anni fa, puntando sull’innovazione, e oggi tecnologie come il VoIP,  la Unified Communication (UC), la Fixed-Mobile Convergence (FMC) o la Business Collaboration si presentano diffuse tra le imprese e la Pubblica Amministrazione“.

 

Si tratta di sistemi che permettono alle aziende di aumentare la produttività e ridurre le spese operative, ha spiegato Gianluca Attura, Amministratore Delegato di Avaya, che nel suo saluto ai partecipanti del VOIP DAY 2010 ha ricordato come i nuovi scenari tecnologici permettano ormai di gestire al meglio gli strumenti di comunicazione, migliorando nettamente le prestazioni e aumentando la qualità dei servizi, erogati sia al cliente finale, sia alle Pubbliche Amministrazioni. Dal 2009, come ha ricordato Michael Bayer, Presidente Avaya EMEA, “L’acquisizione di Nortel Enterprise Solution ha consentito all’azienda non solo di arricchirsi di nuove risorse umane e di know how, ma di estendere il proprio raggio di azione e di sviluppare nuove soluzioni tecnologiche, tra cui il protocollo SIP. Un sistema che garantisce prestazioni aziendali assolutamente più competitive, sia nel contenimento dei costi, sia nell’ottimizzazione delle risorse, garantendo eccellenti performance in termini di flessibilità e di mobilità“. “Con un solo numero di telefono – ha specificato Bayer – oggi ogni utente è raggiungibile su più piattaforme di accesso alla rete, come il Pc, lo smartphone, la rete fissa o i più diversi device di connessione. Servizio che noi garantiamo ai nostri clienti grazie alla piattaforma Avaya VoIP Experience, un software client che permette l’interazione multipla con diversi canali broadband“.

 

Soluzioni che al momento sono pensate e realizzate per il mercato business, per il mondo del lavoro, ma che in futuro non molto lontano potrebbero davvero entrare nelle case di tutti noi utenti finali. Il problema, ha però sottolineato Luca Barbareschi, Vice Presidente IX Commissione Telecomunicazioni e parlamentare PdL: “E’ che in Italia di innovazione tecnologica non se ne fa e lo stesso mondo politico poco se ne occupa, senza rendersi conto dell’incredibile opportunità che queste tecnologie offrono alle imprese e alle Pubbliche Amministrazioni stesse“. Barbareschi di tecnologie se intende, lui stesso imprenditore, fondatore della società informatica Glamm Interactive e, con Nichi Grauso, della società Video Online, e su tali temi non ammette ambiguità: “Telecom Italia, ex monopolista, è una società in perdita e le vicende degli ultimi tempi, i casi giudiziari e di mala gestione tutto’ora aperti, ne testimoniano la sua sostanziale staticità sul mercato“. “Si tratta ormai di difendere le rendite garantite, piuttosto che di accettare le sfide che il mercato ci pone giornalmente – ha precisato Barbareschi – abbiamo bisogno della banda larga, di maggiori investimenti nell’ICT, della fibra, delle reti di nuova generazione (NGN), ma i soldi sono ancora fermi e comunque non sufficienti per coprire una spesa stimata in 1.400 milioni di euro“. I riferimenti sono ovviamente tanti, anche per la televisione generalista e i broadcaster che non vedono ancora nell’innovazione tecnologia il futuro delle comunicazioni. Non un futuro lontano, ha precisato Barbareschi, ma che è dietro l’angolo, che rischiamo di farci sfuggire per la miopia della classe politica e manageriale del paese, che non punta sui contenuti e che non supporta in nessun modo la nostra industria culturale, lasciando tale strategica funzione nelle mani delle multinazionali dell’entertainment. È il pubblico ad esigere un cambiamento, attraverso nuovi modelli di consumo dei media, narrowcasting e multichannel, rifiutando una certa televisione tradizionale e per certi versi ‘vecchia’. Lo stesso digitale terrestre, che potrebbe aprire a nuovi scenari di pluralità culturale, è atteso a delle prove decisive nei prossimi anni. “Stiamo parlando di tecnologie che già ci sono, che devono solo essere applicate – ha precisato Barbareschi – con una sfida forte che si gioca nella produzione dei contenuti e nell’infrastrutturazione del paese, che deve lavorare come sistema e rischiare di più, puntando su nuovi progetti editoriali e sulle reti di nuova generazione“.

 

Soluzioni importantissime anche per lo sviluppo delle Piccole e medie imprese (Pmi), ha evidenziato Bayer, mentre Barbareschi ne ha sottolineato una volta di più il carattere strategico per alcune realtà economicamente depresse, come nelle regioni del Sud dell’Italia, ricche di talenti, idee e cultura imprenditoriale, ma dove il livello di innovazione è ancora scarso. Alcuni esempi, di come questo sia possibile, sono stati portati dagli ospiti del primo panel, dedicato alle “Best Practice“. Alessandro Musumeci, Direttore Sistemi Informativi delle Ferrovie dello Stato, ha raccontato l’evoluzione tecnologica delle ferrovie italiane, che le nuove soluzioni tecnologiche a banda larga stanno rendendo accessibili sui convogli del Frecciarossa. “La nostra rete è lunga 16.573 chilometri e trasposta ogni anno fino a 500 milioni di persone – ha ricordato Musumeci – ma per fare questo c’è la necessità di contare su di un’infrastruttura avanzata, basta su tecnologia UMTS e su Radio Mobile 3G, che assicuri prestazioni di ottima qualità, sicurezza dei sistemi e contenimento dei costi. Sui nostri vagoni si potranno presto vedere film, in download dalla rete, leggere news, sentire musica o effettuare operazioni di eCommerce e eBanking. Tutto ciò sarà realtà entro il 2010 e grazie a soluzioni innovative come il VoIP“. Antonio Nardella, dirigente tecnico della Asl 6 di Vicenza, ha invece riportato l’esperienza della struttura sanitaria veneta: “Con l’utilizzo dell’IP-PABX di Nortel, siamo riusciti nella messa in rete di tutte le strutture di distretto, ad oggi costituito da 39 comuni e 312mila abitanti, in tempi brevi e grazie alla straordinaria facilità di istallazione, come nel caso del VoIP, che ha poi implementato ulteriormente la nuova architettura, del network LAN e della piattaforma Unified Communication“. Stesso discorso per Alberto Piscitelli, responsabile Infrastrutture e Sistemi della Asl Milano: “Una delle più grandi d’Italia, con 1,6 milioni di utenti e in grado di gestire fino a 20mila chiamate al giorno, cosa resa possibile da soluzioni integrate di Internet e Telecomunicazioni, a cui abbiamo aggiunto due Contact Center Avaya e un centro stella Avaya CM, con cui giornalmente possiamo affrontare in maniera flessibile picchi diversi di chiamate“.

 

Tecnologie caratterizzate, oltre che da prestazioni ottimali nella riduzione dei livello di costo di gestione, da facilità di istallazione e di utilizzo, che lavorano sull’integrazione di dati e voce IP based e su infrastrutture continue full IP. Le stesse di cui ha parlato Letizia Rocchi, responsabile Gestione Sistemi Fonia all’Istat, che garantiscono a 18 uffici regionali di svolgere ricerca, fare informazione, trasferire dati e offrire assistenza in tempo reale a tutto il sistema statistico nazionale: “Ciò è reso possibile grazie ad un centro stella Avaya, infrastruttura che ci ha permesso di risparmiare fino al 70% dei costi e a cui si devono aggiungere servizi UC integrati con sistemi informatici inbound multichannel e data warehouse“. Altra testimonianza di alto profilo è stata quella proposta da Fausto Bramati, Executive Project Manager di IBM, società con cui Avaya ha sperimentato diverse formule di integrazione a livello di servizi e prodotti, tra cui il recente IP hosted Contact Center Shared Infrastructure (CCSI): “Una tecnologia che fornisce servizi ad alto valore aggiunto, integrando 3 data center dell Milano Campus IBM e lavorando su 3 poli, rispettivamente a Torino, Roma e Napoli, messi a sistema con piattaforma VoIP avanzata“.

 

Sul “Presente e Futuro del VoIP” e dei servizi di telecomunicazioni sono intervenuti, nell’apposito panel dedicato, direttamente i player del settore, che si sono confrontati su strategie e nuovi modelli di business. Mario Mella, CTO di Fastweb ha parlato chiaramente di una “Possibile saturazione della rete italiana entro il 2013 e della necessità di far emergere “Nuovi modelli di business, basati su sistemi Over The Top (OTT), che permettono la trasmissione di contenuti su reti a banda larga“. I driver di tale cambiamento dovranno essere, sempre secondo Mella: “La competizione tra operatori e le nuove applicazioni sulla rete, aumentando il portfolio di offerta delle aziende e andando a contenere i costi a carico dell’utente finale“. Uno scenario che però richiama di nuovo l’attenzione sulla migrazione dalla rete in rame a quella in fibra ottica, la stessa che “Permette oggi alle aziende che hanno adottato soluzioni One Voice, UC e Conferencing, di lavorare a distanza, di condividere documenti e conoscenze e di interfacciare più persone su un’unica piattaforma“, ha spiegato Giuseppe Bonacina, Global Access Management di BT Italia. Quindi il telelavoro, le videoconferenze, soluzioni che oltre a facilitare il lavoro a milioni di imprese, già ora in tutto il mondo, garantiscono l’ottimizzazione delle risorse, il contenimento dei costi e un minor impatto delle attività aziendali sull’ambiente, andando ad eliminare o a ridurre al minimo gli spostamenti delle persone. “In Francia l’adozione di soluzioni VoIP sono cresciute del 13%, dal 2080 al 2009 -ha raccontato Raffaele Giarda, Partner di Baker & Mckenzie – registrando ormai oltre 16 milioni di abbonamenti, contando su reti 3G e immaginando già per il 2011 il deployment del 4G. Uno scenario costruito su poche ma chiare linee guida, come la neutralità e l’accesso del VoIP alle reti mobili“. Dati con cui l’Italia deve confrontarsi seriamente, per capire nel più breve tempo possibile quale sia la strada da prendere e per uscire da una situazione al limite dell’emergenza. In Germania si parla di VoIP applicato al Mobile e lo stesso avviene in Gran Bretagna, dove addirittura le soluzioni VoIP sono quattro e di cui 2 consentono le chiamate di emergenza. “Prima o poi l’NGN arriverà anche in Italia – ha rassicurato Paolo Pandozy, Amministratore Delegato di Engineering – è solo questione di tempo, ciò che deve invece preoccupare è la mancanza di una cultura dei servizi e dell’assistenza al cliente. Bisogna saper gestire e offrire le nuove applicazioni e i servizi avanzati, ma anche comprendere i nuovi linguaggi, soprattutto nelle Pubbliche Amministrazioni, nella sanità, nelle banche, che ormai cominciano ad affacciarsi in rete con più forza e sicurezza“.

 

Uno dei punti su cui si è molto dibattuto è stato quello della domanda. C’è o no domanda di servizi su banda larga? Secondo Claudio Chiarenza, Direttore Generale di Italtel: “Esiste una domanda sommersa e l’obiettivo deve essere quello di capire quali sono le esigenze delle imprese, mentre in un secondo tempo c’è da capire quali potrebbero essere i tempi per un ritorno degli investimenti, considerato congruo da chi ha speso soldi nelle infrastrutture. Sicuramente soluzioni come l’UC e il VoIP permettono di strutturare l’organizzazione delle aziende in modo efficiente, ottimizzando il lavoro attraverso soluzioni che massimizzano la mobilità e la flessibilità dell’impresa, ma serve una rete nuova al paese“. Fattori che Stefano Nocentini, Direttore Network di Telecom Italia definisce ‘core’, perché permettono di integrare dati e voce e di trasformarli in asset strategici: “Consentendo di distinguere le infrastrutture dall’ambito applicativo e differenziare i relativi costi; di cambiare ed elevare gli skill tecnici del personale; di crescere le competenze del customer caring per nuove strategie di vendita“. Una tecnologia, il Voice over IP, che rispetto alle altre risulta pensata come abilitante nuove soluzioni, come quelle attese con l’NGN, l’NGN2 e le Long Term Evolution (LTE). La differenziazione degli ambiti in cui concentrarsi, se sull’infrastruttura, le applicazioni o i contenuti, è un tema che tiene banco anche nella Comunità Europea. Lo stesso Bayer lo ha ribadito, sottolineando però “La necessità della banda larga come minimo comun denominatore da cui partire per ulteriori sviluppi tecnologici“, a cui bisogna aggiungere l’esigenza di “Rendere tutte queste soluzioni (LTE, NGN, VoIP, 4G) accessibili in qualsiasi luogo e su qualsiasi piattaforma, garantendo interoperabilità e integrazione dei sistemi“.

 

Tornando sulla situazione italiana Gianluca Attura ha rimarcato un elemento su cui è difficile non essere d’accordo e cioè: “La totale mancanza della volontà di innovare“. Una vocazione che di certo non è mai mancata ad Avaya nella sua lunga storia: “Oggi siamo operativi in 55 Paesi, con 22 mila dipendenti e 32 centri di ricerca. Un patrimonio enorme che contiamo di accrescere, anche considerando la nuova acquisizione di Nortel Enterprise Solution, con cui abbiamo rafforzato la nostra posizione sui mercati più importanti, affermandoci ormai leader incontrastati in diversi segmenti delle Tlc“. Tra gli esempi che Attura ha portato, sicuramente, quello che più colpisce per numeri e per lungimiranza politica è il nuovo piano varato dal Governo americano di Barack Obama, per la diffusione capillare della banda larga in tutto il paese: “Un piano da 7,2 miliardi di dollari che vedrà gli Stati Uniti diventare broadband entro il 2020. Un progetto in grande, che presto doterà la nazione di una rete da 100 Mbps e con un accesso da 1Gbps per comunità; garantendo a tutti la trasmissione di nuovi servizi, contenuti, applicazioni e una ricaduta enorme sulle imprese e gli utenti, in termini di vantaggi ed opportunità economiche“. Servizi di cui in Italia ancora poco facciamo uso e che necessitano di una banda molto larga, soprattutto legati all’eGovernment, all’eBanking, all’eHealth e molto altro. “L’Italia – ha precisato Attura – è drammaticamente indietro e considerando che nel 2009 si sono persi 90mila posti di lavoro nell’ICT e che il dato sul disinvestimento è di 1,6 miliardi di euro, la situazione è da considerarsi davvero grave. Come nel caso dei pagamenti della PA verso i fornitori che, anche considerando che proprio sulla Pubblica Amministrazione in molti contano per stimolare la domanda di innovazione,  ha raggiunto ormai ritardi di 233 giorni, un record assoluto in negativo, ovviamente“.

 

Un quadro a tinte fosche, quello in cui viene ritratto il nostro paese, che gli ultimi dati danno in perdita nel mercato ICT dell’8,1%. Ma quale sarà allora il “Futuro della rete in Italia“? A questa domanda hanno cercato di rispondere i partecipanti dell’ultimo panel, composto da operatori di telefonia e di rappresentanti delle associazioni dei provider di rete, che in maniera decisa hanno voluto esporre le proprie posizioni e opinioni sul da farsi, riguardo ai tempi e ai modi della migrazione dalla rete in rame a quella in fibra ottica. Il quadro di riferimento lo ha dato Raffaele Barberio, elencando una serie di punti su cui confrontarsi: “Delineare un modello di concorrenza diverso dal quello del rame; realizzare un’unica infrastruttura di rete aperta; un progetto cooperativo pubblico-privato; dotarsi di una governance della rete; una rete infine intesa come servizio universale“. Tutti punti su cui gli speaker si sono trovati sostanzialmente d’accordo, ma con distinguo inferiori al previsto. “Sono tre anni che si parla di NGN e di Società delle Reti – ha precisato Vincenzo Novari, amministratore delegato di 3Italia – “Ma ciò che emerge è la solita mancanza di volontà politica nell’affrontare sfide irrinunciabili, di fondamentale importanza per sostenere la crescita delle milioni di piccole e medie imprese che operano sul territorio e che hanno permesso al paese di crescere negli anni passati“.
La banda ultralarga ‘e’ il tema di politica economica piu’ importante dei prossimi vent’anni, insieme con la riforma delle pensioni” – ha proseguito Novari – “su internet ultraveloce il dibattito e’ ghettizzato, sostanzialmente circoscritto alle riviste di settore, al contrario del Ponte sullo Stretto che ha guadagnato le prime pagine dei giornali, ma che può incidere sul Paese 100 volte meno della rete in fibra‘. “Il futuro della rete – ha aggiunto l’Ad di 3 Italia – deve riguardare molto di più la società civile nel suo complesso che non i soli addetti ai lavori, perché e’ imprescindibile per lo sviluppo della nazione: darebbe alle famiglie italiane nuove opportunita’, semplificazione e risparmi, e consentirebbe a 4,5 milioni di Pmi italiane di mettersi in gioco a livello mondiale‘. L’NGN rimane quindi il tema più importante, intorno al quale si condenseranno speranze e aspettative di 25 milioni di famiglie italiane e dell’intero mercato del lavoro.
Serve uno sforzo comune per dare nuovo impulso alla crescita dell’industria delle comunicazioni – ha afferma Bianca Maria Martinelli, Direttore Affari Pubblici e Legali e Consigliere di Amministrazione di Vodafone Italia – soprattutto in un periodo di flessione del mercato delle Tlc, che segna un meno 2,3% secondo i recenti dati ASSINFORM“. Una rete aperta ed efficiente in grado di garantire la soddisfazione degli operatori e dei clienti finali e di stimolare lo sviluppo e l’innovazione sui servizi. “Per questo – ha proseguito Martinelli – serve un’accelerazione nella realizzazione di una nuova rete in fibra ottica comune a tutti gli operatori, che possa stimolare la crescita del Paese e soddisfare i bisogni crescenti dei consumatori italiani. Un’unica rete, dunque, da realizzare attraverso la costituzione di una società della rete in fibra, con  partecipazione sia di soggetti privati, sia di soggetti pubblici“. Un altro problema, di cui poco si parla, è quello della grave mancanza in Italia di frequenze libere: “A differenza degli Stati Uniti – ha spiegato Alessandro Talotta, Chief Regulatory Officer di Telecom Italia – che contano su 500 GHz di banda, noi possiamo contare su 249,5 MHz di frequenze disponibili, con la speranza di arrivare a 1GHz entro il 2020, ma per arrivare a questo serve che la televisione, i broadcaster generalisti e il ministero della Difesa rinuncino a un po’ delle loro“. “Telecom Italia non è interessata a fare una rete da sola, non ha alcuna convenienza nel farla – ha specificato Talotta – ma il tavolo con gli operatori ha bisogno di una governance, di trasparenza e di un accordo con le Istituzioni”. Si è poi posta l’attenzione sul backhouling e il digital dividend, “Altri due piani strategici per il paese“, ha ribadito Talotta: “Con cui procedere alla costruzione di una rete broadband sicura, veloce e ricca di servizi e contenuti, con un alto livello di accesso e in grado di arrivare ovunque, senza lasciare indietro nessuno“. Per far questo Telecom Italia assicura che porterà avanti la lotta al digital divide e cercherà in ogni modo di favorire la nascita di una Società delle Reti, basata su una partnership tra pubblico e privato.

 

Non tutti però sono d’accordo sulla convenienza di una rete in fibra ottica, se non a certe condizioni che al momento, ha precisato Romano Righetti, Direttore Affari Regolamentari e Affari Istituzionali di Wind, non sembra siano garantite: “Inutile parlare di banda larga se non c’è domanda e non c’è predisposizione da parte dei consumatori a pagare un prezzo più alto. Il nostro mercato per ora è in grado di ripagare una sola rete, sia fissa che mobile o mista, e nessun operatore è in condizione di farsi una rete per conto proprio. I costi sono tropo alti e senza lo sharing degli oneri e dei siti non si può procedere sulla strada della migrazione“. Per Dino Bortolotto, presidente di Assoprovider, invece, è proprio il mercato a mancare: “Perché chiuso e limitato dagli interessi di pochi a che le cose non cambino. Piccoli oligarchi che controllano gli accessi e quindi le risorse. Non c’è nessuna possibilità di favorire la cooperazione e le stesse Istituzioni non facilitano le cose, esigendo contributi troppo alti dalle imprese che operano nel settore“. Secondo Bortolotto, infatti, se un’azienda si proponesse di andare a posare fibra ottica in un paese di piccole dimensioni e per di più in divisione digitale dovrebbe sborsare allo Stato almeno 27 milioni di euro, con previsioni di recupero dei finanziamenti che non scendono sotto gli 8-10 anni. A tenere banco, ha sottolineato Paolo Nuti, presidente dell’AIIP, sono ancora i vecchi modelli di business, che garantiscono rendite da posizione dominante e che impediscono alle realtà emergenti di farsi largo e di apportare quei miglioramenti che il settore delle telecomunicazioni attende da anni: “Si rimane attaccati alla tariffe invece che concentrare risorse sui servizi. Se non si procede con un piano concordato e finalizzato alla copertura dell’intero territorio non si avranno mai i risultati che tutti oggi ci auguriamo e che nel resto d’Europa sono sotto gli occhi di tutti“.

 

Il tempo ancora c’è per decidersi e per intervenire, ha dichiarato Francesco Vatalaro, presidente del Comitato NGN Italia: “Ma velocemente, perché i primi segni di una saturazione della rete iniziano ad essere avvertiti. Servono delle linee guida, le stesse che altri Paesi europei si sono dati, ponendo il 2020 come termine ultimo per dotarsi di una rete da 50 e poi 100 Mbps. Cosa che in Italia non siamo ancora riusciti a fare“. I motivi di questa mancanza ha cercato di metterli sul tavolo l’onorevole Linda Lanzillotta, Presidente GLOCUS, che nell’intervento di chiusura del VOIP DAY 2010 ha evidenziato come: “E’ venuta meno un’intera classe politica e dirigente che sapesse mettere al centro degli interessi nazionali la realizzazione di infrastrutture critiche, tra cui le reti di nuova generazione“. “Non c’è stato nessuno in grado di indicare le linee guida da seguire – ha precisato – necessarie per dotarsi di quegli strumenti di cui oggi lamentiamo l’assenza e senza i quali non si può competere con i mercati globali“. “L’innovazione è una leva di crescita fortissima – ha sottolineato Lanzillotta – e si deve prendere atto che la fibra è un fattore irrinunciabile, senza nascondersi dietro l’alibi della domanda. La domanda si crea con un’offerta di qualità. Se non c’è banda larga non si creano servizi e contenuti, non si stimola il mercato e non cresce l’economia“. “Il federalismo delle reti – ha precisato infine Lanzillotta – diventa l’unica strada percorribile, ma deve essere governato, con l’obiettivo di garantire interoperabilità e standard avanzati, coinvolgendo il pubblico in una nuova operazione di stimolo della domanda di innovazione, per la diffusione non solo di tecnologia, ma anche di cultura tecnologica, agli utenti finali, ai cittadini e a chi fa oggi impresa in Italia“.

 

I sistemi VoIP, secondo le previsioni, entreranno quest’anno in una nuova fase di crescita, grazie alla ripresa della spesa IT da parte di molte aziende che finora hanno tentennato anche a causa della crisi. Come abbiamo visto, grazie a queste tecnologie, le piccole e medie imprese e le Amministrazioni Pubbliche possono implementare nuove funzionalità di comunicazione, secondo le loro tempistiche, proteggendo allo stesso tempo gli investimenti fatti. Gli utenti finali ne trarranno immediati ed innegabili benefici, dal momento che saranno nella condizione di avere accesso ad una mole di informazioni sempre maggiori, in modo semplice e veloce. C’è da sperare che anche in Italia, tutto questo, diventi realtà in tempi accettabili e compatibilmente con la ripresa dei mercati, da molti prevista già a partire dal 2012. Le opportunità sono a portata di mano, aver tardato è stato un errore grave, lasciarsele scappare sarebbe imperdonabile.

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