Rai senza spot: Bondi vuole confrontarsi con Francia e Spagna, ma anche la maggioranza è divisa

di Raffaella Natale |

Italia


Sandro Bondi

“La Tv pubblica non deve trasmettere solo reality. La televisione, soprattutto quella di Stato, deve fare altro. Come ha detto Franceschini, lo cito perché sono d’accordo con lui su questo punto, la Rai deve formare e informare e purtroppo oggi abdica quasi totalmente a questo compito”. Lo ha dichiarato il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi intervistato da Klaus Davi.

“Bisogna riequilibrare le cose – ha detto Bondi -. Certo il problema dell’auditel è un grande impaccio lungo questa strada, perché gioca a favore delle trasmissioni più commerciali”.

Via gli spot pubblicitari: “Credo che il tema della pubblicità sulle reti pubbliche vada affrontato anche in Italia“. Secondo Bondi, infatti, “Non è un caso se il governo francese di Sarkozy, di centro-destra, e il governo spagnolo di centro-sinistra hanno preso un’unica decisione: quella di togliere la pubblicità in un canale televisivo pubblico da una certa ora in poi. Proprio per questo ho inviato una lettera ai ministri della cultura francese e spagnolo per invitarli in Italia a discutere su questo punto”.

 

Bondi ha poi rivolto un appello al Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, affinché induca gli imprenditori a finanziare di più la cultura anziché il calcio.

“E’ previsto un incontro con Emma Marcegaglia a Torino per discutere proprio sul rapporto tra economia, imprese e cultura. Chiederò – ha spiegato il ministro – un maggiore impegno da parte delle imprese perché bisogna sentirsi tutti parte di un progetto comune”.

 

Sulla questione degli spot sulla Tv pubblica, è intervenuto Giorgio Merlo, deputato del Pd e vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, che ha commentato: “Spiace deludere il ministro Bondi ma togliere la pubblicità dalla Rai o in qualche sua rete è l’ultimo dei problemi che interessa il servizio pubblico radiotelevisivo in queste settimane. Semmai, parlando di Tv, gradiremmo in questi giorni una maggiore attenzione del ministro Bondi al tema del rispetto delle regole che disciplinano l’informazione tanto nel settore pubblico quanto, e soprattutto, in quello privato”.

 

“Ormai non si contano i richiami e le sanzioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – ha aggiunto -. Ma questi temi, e cioè il rispetto delle regole in campagna elettorale e le relative iniziative dell’Agcom, pare non interessino affatto al ministro della cultura Bondi, molto attento invece al ruolo della pubblicità”.

 

Dal Pdl, Alessio Butti, capogruppo in Vigilanza Rai, ha evidenziato: “Non conosco a fondo la proposta Bondi , la studierò sicuramente, ma ho la sensazione che, pur essendo una proposta positiva, ora le emergenze siano altre”.

Butti ha aggiunto che “Le intenzioni di Bondi sono condivisibili, però mi pare opportuno approfondire la conoscenza del sistema del ‘broadcasting’ italiano, che è diversissimo da quello delle nazioni citate. Sono diversi il concetto di servizio pubblico, la rete dei competitori privati, perché non c’è solo Mediaset ma anche Telecom e l’anomalia, che è anche una ricchezza, delle circa 600 emittenti locali, c’è una radicatissima presenza di Sky come piattaforma satellitare e, soprattutto, c’è la fase di avviamento del digitale per tutti”.

Secondo il capogruppo del Pdl in Vigilanza, quindi, “in questo momento ho la sensazione che, pur essendo quella di Bondi un’idea corretta sulla quale sarà opportuno lavorare, penso che ora tutti siamo concentrati su questioni strategiche per il futuro del servizio pubblico”.

 

Il Moige ha invece ben accolto la proposta del ministro. Per Elisabetta Scala, responsabile dell’Osservatorio Media del Moige, l’idea di Bondi è “positiva” e ha precisato che “…è necessario che la televisione cresca sotto questo punto di vista, liberandosi dalla ricerca spasmodica della quantità, un fattore che troppo spesso devia i palinsesti verso l’abisso del cattivo gusto”.

Per l’esponente del Moige “…è importante che la televisione, soprattutto la Tv pubblica per il cui servizio le famiglie pagano un canone annuale, inizi partecipare alla crescita culturale e sociale della collettività, offrendo una programmazione qualitativamente valida”.

La qualità dell’offerta televisiva “per la quale il Moige attraverso l’Osservatorio Media lotta da anni – ha concluso – attualmente sembra essere solo un miraggio. Auspichiamo possa divenire una visibile realtà”.

Il mese scorso, il governo spagnolo ha deciso di seguire la linea francese, dando l’ok all’abolizione della pubblicità sulla Tv pubblica. E’ stato infatti approvato il testo preliminare del disegno di legge che sarà sottoposto durante l’estate al parlamento e che definisce la nuova chiave di finanziamento della televisione di stato Tve. Il progetto, che secondo il quotidiano El Pais potrebbe essere attuato già nel prossimo autunno, prevede che le Tv private e i gruppi di tlc contribuiscano al nuovo bilancio della Tv pubblica, compensando le perdite pubblicitarie (478 milioni previsti per quest’anno).

 

Il nuovo piano di finanziamento della Tv pubblica approvato dal governo Zapatero prevede la devoluzione al futuro bilancio della Tve dei proventi di due nuove tasse del 3% sulle entrate delle Tv private (140 milioni) e dello 0,9% su quelli dei gruppi di telecomunicazioni (290 milioni).

Al bilancio della Tv pubblica sarà destinata inoltre una parte (240 milioni) della tassa già esistente sull’utilizzo delle frequenze radioelettriche.

 

Infine lo stato contribuirà a sua volta con 550 milioni al bilancio annuale Tve, valutato attorno a 1,2 miliardi. Le Tv private hanno accolto piuttosto con favore il nuovo dispositivo, considerando che beneficeranno del riporto di buona parte della pubblicità che non andrà più alla televisione pubblica. I gruppi di Telecom hanno invece reagito negativamente affermando che trasferiranno sulle bollette pagate dagli utenti la nuova tassa dello 0,9%.

 

La decisione di levare la pubblicità dalle reti della Tv pubblica non è condivisa da molti osservatori. In Francia, per esempio non ha prodotto al momento buoni risultati.

 

Dopo la scomparsa, tre mesi fa, della pubblicità tra le 20 e le 6 sulla Tv pubblica francese, l’effetto della misura presenta ancora luci e ombre. L’obiettivo del governo, che era di dirottare risorse pubblicitarie dalle tv pubbliche (-800 mln di euro) a quelle private (+480 mln) e nel contempo di aumentare gli ascolti dei canali di Stato del gruppo France Télévisions (i cui canali sono France 2, France 3, France 4, France 5 e France O) non è stato ancora raggiunto. E questo anche a causa della crisi economica che ha di fatto ridotto le entrate pubblicitarie: il fatturato pubblicitario televisivo totale nel primo trimestre è in calo del 2% a 1,467 mld.

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