Ict: il 26 gennaio a Roma, Convegno per discutere di Innovazione. Il Pd indica priorità programmatiche e proposte di intervento

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Si terrà a Roma, lunedì 26 gennaio, (Camera dei Deputati – Sala del Cenacolo) il Convegno Innovazione: pensare, dire, fare’. E’ tempo di cambiamento e di innovazione, dicono gli organizzatori, spiegando che l’obiettivo è di far politica per l’innovazione del sistema-Paese.

Si intende, quindi, “procedere con uno spirito riformatore e autonomo per spingere la politica alle scelte necessarie per uscire dalle sacche di una crisi lunga troppi decenni”.

“Sapere, tecnologia, ricerca sono le leve per rispondere alla crisi. C’è bisogno di un nuovo approccio ai vecchi problemi mentre una parte della società è attaccata a vecchi schemi.”

 

I lavori verranno introdotti da Paolino Madotto (Rete dell’Innovazione). Modera Alessandra De Santis. Interverranno P. Filippetti, P. Masini, A. Ranieri, O. Giovanelli, V. Peluffo, F. Raciti, S. Fassina, W. Tocci, R. Barberio, P. Bersani*.

Prevista anche la partecipazione di Luigi Vimercati,  senatore del Pd e segretario della Commissione lavori pubblici e comunicazioni. Le conclusioni spetteranno ad Alfredo Reichelin.

 

In un documento gli organizzatori hanno fatto il punto sull’attuale situazione del mercato italiano, delineando quelli che potrebbero essere gli interventi atti a migliorare e incentivare il lavoro di imprese e organizzazioni in questo settore.

“…Gli strumenti che abbiamo a disposizione dalle tecnologie hanno sconvolto non solo la nostra vita quotidiana ma anche la nostra percezione delle distanze, del tempo di lavoro, della vita lavorativa. Come l’invenzione della ruota ha “imposto” la nascita del commercio, così la nascita della Rete ha “imposto” la nascita dell’economia della conoscenza: l’economia di Rete”.

 

Per entrare nell’economia della conoscenza è tuttavia necessario un cambio di paradigma. Non bastano, hanno spiegato, aggiustamenti congiunturali, soluzioni parziali o interventi straordinari. Occorre intervenire progressivamente su tutto il sistema.

Cambiare paradigma è possibile se tutta la società è coinvolta in prima persona.

 

La nuova stagione di riforme parte, quindi, necessariamente da una “innovazione culturale“, che stimoli la capacità di accogliere il nuovo, in grado di vincere le paure e aprirsi alle diversità, dove venga premiato il “rischio dell’esploratore”, l’innovazione tecnologica, di processo e la curiosità, in grado di cogliere il meglio della tradizione e fare tesoro della propria storia. Una innovazione culturale che sappia valorizzare, accanto alle migliori tradizioni storiche, ai mestieri, al turismo, la propensione all’innovazione tecnologica e alla scoperta scientifica, l’imprenditorialità e l’ingegno professionale che hanno contribuito a fare grande questo Paese. E’ necessaria una innovazione culturale che superi la tradizionale dicotomia tipica di questi ultimi anni tra scoperte scientifiche e tecnologia da una parte e la tradizione umanistica dall’altra.

 

Il fulcro dell’economia si sposta dalle risorse quantitative a quelle qualitative e il contributo di conoscenza nei prodotti e nei servizi, quando è governato dagli interessi generali, offre l’opportunità di uno sviluppo proiettato sul futuro e non nell’immediato presente.

 

Per fare questo è anche necessario che si promuovano politiche culturali coerenti con la necessità di spingere una società, che oggi guarda prevalentemente al suo passato ad investire sul proprio futuro Serve creare un ambiente fertile alla produzione di conoscenza moderna ed innovativa, ripensando l’idea stessa di politiche culturali che non è più sufficiente limitare all’insieme di attività e servizi offerti al tempo libero dei cittadini. Più che di politiche culturali c’è bisogno di politiche per la cultura e la creatività, che investano sulla società, sulle persone e le organizzazioni, ne liberino le energie, impegnino le istituzioni nel difficile compito di integrare sistemi, mettendo in relazione attività, individui e organizzazioni per facilitare i processi di innovazione.

 

Proprio per questo motivo la nascita della Rete o di strumenti che utilizzano tale piattaforma, ha imposto una sfida sul luogo di lavoro, che sempre più difficilmente rimane fisso e sempre più mobile.

 

L’ICT è uno dei motori principali di questo grande mutamento già in atto, svolgendo la stessa funzione che ha avuto l’energia nell’economia fordista.

 

E’ necessaria dunque, una grande attenzione su questo settore poiché è la cartina di tornasole sul cambiamento sociale. L’Italia ha enormi potenzialità in questo senso, esportiamo cervelli in tutto il mondo (non dimentichiamoci che l’inventore del microprocessore è italiano).

 

Il settore ICT deve prendere atto della necessità di competere sui mercati internazionali. Deve tornare a premiare la qualità delle risorse e delle competenze, investire in soluzioni innovative sviluppando la capacità di integrare e, sulla base di questo, proporre anche all’estero ciò che di meglio ha realizzato anche avviando collaborazioni con partner internazionali.

E’ necessaria imprimere una forte accelerazione, attraverso gli strumenti del governo locale e regionale, fondata su una forte integrazione delle politiche di ciascun territorio, nel contesto di una guida nazionale dello sviluppo che pone al centro la produzione e riproduzione di conoscenza.

 

Il documento rappresenta un primo contributo alla costruzione di un soggetto che sappia imboccare questa strada.

“Sarà importante non solo che sia sottoscritto dai tanti che lo condividono – iscritti o non iscritti ai partiti – ma soprattutto, è necessario che sappia suscitare critiche, miglioramenti, proposte. Che sia stimolo, anche critico se serve, per il Partito Democratico e le forze riformiste, orientandone le priorità programmatiche”. (r.n.)

   

 

 

Per maggiori informazioni, visita larete-innovazione.it

 

 

 

* In attesa di conferma.

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