Quanto costa l’ignoranza informatica? La PA al convegno AICA, tra innovazione e immobilismo

di Flavio Fabbri |

Italia


eGovernment

Nell’attuale contesto economico e sociale le nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione vengono ad assumere un ruolo pervasivo, in grado di modificare non solo le attività economiche delle imprese ma anche il comportamento dei singoli individui. Nel nuovo modello di sviluppo assume quindi grande rilievo l’alfabetizzazione digitale assieme alle tecnologie dell’informazione.

A tale proposito, il 15 gennaio scorso presso la Ragioneria Generale dello Stato, l’AICA, Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico, in collaborazione con SDA Bocconi, ha organizzato sulla base di un progetto avviato nel 2003, il seminario dal titolo: “L’ignoranza informatica: il costo nella Pubblica Amministrazione Centrale“. L’incontro, patrocinato dal CNIPA e dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, ha fornito l’occasione per presentare i risultati della ricerca omonima targata AICA-SDA-Bocconi, figlia di un progetto periodico di ampio respiro che ha l’obiettivo di valutare, il più possibile in termini quantitativi, il costo che il “non sapere” informatico comporta per la P.A ., la Sanità , il sistema bancario e la collettività tutta. Nel nostro Paese, dove circa il 50% della popolazione attiva usa il computer per motivi di lavoro, il tempo improduttivo perso per scarsa conoscenza degli strumenti informatici comporta un costo annuo, per il sistema economico italiano, pari a 19 miliardi di euro. L’impreparazione informatica degli impiegati nella sola Pubblica Amministrazione Centrale (P.A.C.) costa al Paese 280 milioni di euro all’anno.

 

Cifre talmente rilevanti che, pur considerandole come indicatori generali, pongono con urgenza il problema di come riuscire a ridimensionarle nell’immediato. Gli investimenti formativi, come ad esempio per il conseguimento della patente informatica ECDL, sono una delle strade che l’Italia deve percorrere con maggiore convinzione. Lo studio, come hanno ricordato il moderatore e coordinatore della mattinata Carlo Mochi Sismondi del Forum P.A. e il Presidente AICA Bruno Lamborghini, ha dimostrato che a fronte di un costo relativamente modesto per la formazione di base, si possono ottenere aumenti di efficienza e, in termini correlati, risparmi economici estremamente significativi che andrebbero a compensare abbondantemente i costi sostenuti, specie nell’ottica di un arco temporale di medio e lungo termine. Si calcola che investendo nella formazione di base e a costi contenuti si riuscirebbe ad ottenere un enorme risparmio e una produttività stimabile intorno agli 840 milioni di euro.

 

Ciò che è emerso dalla ricerca è un grave gap culturale nell’utilizzo delle tecnologie digitali – ha affermato nel suo intervento Lamborghini – una situazione grave a cui bisogna porre rimedio in tempi brevi. Il terreno su cui ci muoviamo è sicuramente impervio, caratterizzato da una forte crisi e una decisa sfiducia nei mercati. Diminuiscono drasticamente gli investimenti in innovazione tecnologica e in Information Technology, mentre la produttività segna un arresto preoccupante“. “Una spirale negativa alimentata anche dalla debolezza della domanda – ha continuato Lamborghini – su cui bisogna agire tramite politiche mirate a sostenere i consumi, di natura fiscale per le imprese e quindi sull’offerta“. Nel suo intervento, infine, Lamborghini ha puntato l’attenzione proprio sul concetto di formazione, alfabetizzazione digitale e informatica, evidenziando: “…Nella pianificazione di programmi educativi specifici, da attivare a tappeto, una nuova sfida per la Pubblica Amministrazione , in cui crescere nuove risorse umane competitive e capaci, stimolate da una cultura tecnologica basata su nuove qualifiche e professionalità“. Concludendo Lamborghini ha affermato che: “…Solo perseguendo tali obiettivi di massima, si potrà vincere la sfida che il futuro e gli stessi partner europei ci hanno lanciato da qui ai prossimi anni“.

 

A seguire è stata la volta di Pierfranco Carmussone della SDA Bocconi, che ha presentato la ricerca “L’ignoranza informatica. Il costo nella Pubblica Amministrazione Centrale“. Una ricerca che, come accennato, ha natura periodica e affronta nei diversi ambiti i costi generati dall’analfabetismo informatico e digitale. Ma quali sono questi costi? Quale la loro entità? Di che tipo di costi parliamo? “Parliamo di costi – ha spiegato Carmmussone – che il Sistema Paese deve sostenere proprio a causa della mancanza di competenze e skill adeguati da parte dei dipendenti pubblici nelle amministrazioni centrali. Costi che negli Stati Uniti, ad esempio, sono di circa 3.400 dollari per dipendente, in Scandinavia invece sono pari a 2.500 euro per posto di lavoro, mentre in Italia si aggirano attorno a 880 euro l’anno per addetto. A questi numeri si pone rimedio solo con piani di formazione studiati in modo dettagliato e pensati per l’intera struttura amministrativa pubblica, con la massima attenzione all’accrescimento delle competenze e della capacità, finalizzato all’aumento della produttività e alla riduzione dei tempi di lavoro per obiettivo“. Parlando ancora di P.A.C., Carmussone ha sottolineato alcuni punti di cui spesso si discute, come: l’elevato organico delle strutture, il basso livello di informatizzazione e l’elevato tasso di burocratizzazione. La Pubblica Amministrazione dà lavoro ad oltre 3 milioni di persone, soprattutto nella Sanità e nella rete degli enti locali, che insieme raggiungono oltre il 50% degli impiegati pubblici. La P.A. nel suo insieme rappresenta il 14,6% della forza lavoro del Paese. Eppure, a guardar bene, dai dati della ricerca emerge curiosamente che molti luoghi comuni vengono disattesi, lasciando il posto a delle sorprese: “…Il dato degli impiegati nelle strutture pubbliche in Paesi come Francia, USA, Scandinavia e molti altri è largamente superiore a quello italiano, così come per grandezza di organico effettivo dove l’Italia col suo 2,3% si posiziona tra le ultime posizioni in Europa“.

 

In Italia – ha continuato Carmussone – ci sono 1,3 pc per ogni addetto, senza contare i portatili in dotazione. Di hardware quindi ce n’è abbastanza e a questo  dobbiamo aggiungere una percentuale del 4,6% di addetti ICT nell’organico, cifre in piena media europea. Ciò che manca, come si vede, è proprio la formazione. Le persone con un certificato ECDL sono appena 25 mila“. Una cifra bassissima, anche in considerazione della grande richiesta di servizi di eGovernment a cui non solo le imprese si affidano, ma gli stessi cittadini. Proprio questi ultimi, ha sottolineato Carmussone in conclusione di intervento, rappresentano un problema serio per il Paese a causa della scarsa diffusione di cultura digitale e per il conseguente gap con gli altri colleghi europei. Impegnata nella ricerca è stata anche Fulvia Sala dell’AICA, che ha evidenziato come ormai il 50% della forza lavoro si serva stabilmente di personal computer e si interfacci sempre più con sistemi digitali: ” … I dipendenti pubblici con certificato ECDL sono circa 600 mila, quindi il 25% della forza lavoro nella P.A. e nel 70% dei casi l’ha ottenuta per iniziativa personale. Questo è un dato su cui riflettere, la formazione è una risorsa strategica su cui investire davvero. È solo tramite questa strada che il Paese vedrà crescere la produttività, l’autostima del lavoratore, la soddisfazione dell’utente e la tanto attesa diffusione di competenze e capacità informatiche. Il capitale umano rimane un fattore primario per la crescita di competitività sui mercati, anche per la Pubblica Amministrazione “.

 

Nel successivo intervento dal titolo “Innovare la Governance dell’ICT per ottenere qualità e creare valore. Servono profili professionali ICT giusti“, Marco Gentile del CNIPA ha focalizzato l’importanza della governance di qualità nelle P.A.C., come base imprescindibile per affrontare la sfida della digitalizzazione, presentando le linee guida del modello CNIPA in termini di gestione delle nuove figure professionali: “…Ci sono centinaia di figure professionali ICT in Italia, troppe per una gestione equilibrata dell’offerta e della domanda di servizi da parte della P.A.. Il CNIPA, nella stesura del Modello EUCIP ha delineato quelle che sono le linee guida per identificare il giusto mix di profili ICT necessari alla gestione dei sistemi e dell’offerta della P.A. italiana, ma anche validi per le piccole e medie imprese“. “L’alfabetizzazione informatica – ha concluso Gentili – dovrebbe partire dalle scuole, all’interno dei percorsi formativi previsti in ogni ordine e grado, non solo o solamente negli ambienti di lavoro. È la formazione la chiave per fronteggiare un’offerta debole e una domanda scarsa. L’innovazione deve essere affiancata dalla qualità, solo così si crea valore e si ottimizza la filiera dei servizi dal fornitore al cliente“.

 

All’interno del seminario si è poi svolta una tavola rotonda dal titolo “ La P.A. italiana tra innovazione e immobilismo“, coordinata da Carlo Mochi Sismondi, il quale ha chiesto ai discussant di evidenziare le vulnerabilità e le opportunità dei nuovi processi di informatizzazione dell’Amministrazione Pubblica, in termini di diffusione di strumenti tecnologici e di competenze nella gestione dei processi di digitalizzazione. “Bisogna evidenziare tre elementi chiave relativi all’ignoranza informatica – ha sostenuto Mochi Sismondi – che sono: il back office della P.A., il cattivo rapporto con le imprese in termini di comunicazione e lo scarso utilizzo da parte dei cittadini dei servizi ICT e e-Gov. Questi elementi pongono l’Italia in una situazione di forte difficoltà. Come ridurre allora i gap accumulati? Come abbattere i costi generati?“. Per Massimo Civitelli del Ministero degli Esteri, il nostro Paese negli ultimi dieci anni è stato costantemente afflitto da penuria di standard e dalle difficoltà oggettive insite nel passaggio dall’analogico al digitale: “…L”e-Gov for the democracy’ sarà una delle principali iniziative proposte dal nostro Paese durante la presidenza del G8 2009 – ha affermato Civitelli – uno strumento valido nella battaglia al digital divide, grazie al quale sarà possibile stimolare maggiore sicurezza nel lavoratore nell’atto di interagire con i sistemi digitali e informatizzati, erogare più servizi, generare più qualità nelle procedure e ottenere una maggiore produttività“. “I servizi di e-Gov, a guardar bene, non sono decollati – ha affermato Giulio Occhini direttore generale AICA – perché manca una cultura adeguata tra la cittadinanza. L ‘ignoranza dei cittadini e quindi del pubblico ha finito per trovare riscontro anche nelle strutture preposte alla sua eliminazione. Oggi fortunatamente esistono degli standard condivisi, che permettono di risolvere questa situazione e di superare il gap tecnologico e digitale che si è creato, proprio attraverso i piani di formazione di cui stiamo discutendo. La convergenza di tali piattaforme, ECDL-EUCIP, saranno determinanti nel raggiungimento di risultati oggettivi, in termini economici, sociali e culturali“.

 

Per Antonia Pasqua Recchia del Ministero dei Beni e le Attività Culturali, invece, non tutto è negativo e molto negli ultimi quindici anni è stato fatto: “…Nel tempo sono stati molti i momenti di criticità che le P.A. hanno risolto, anche se in modi e tempi diversi. Possiamo individuare tre fasi importanti nella storia dell’informatizzazione della Pubblica Amministrazione, dal 1995 al 2000, con la gestione dei protocollo informatici, dal 2000 al 2005, con l’inizio delle procedure di eGovernment e questi ultimi anni con la partenza dei piani di formazione a tappeto dei dipendenti pubblici. Con quest’ultima fase si tenterà quindi di ridurre i gap culturali all’interno delle strutture e tra queste e il mercato del lavoro, cercando di valorizzare le risorse umane e creare quel livello di competitività di cui abbiamo bisogno“. Di standard e linguaggi condivisi ha parlato Franco Patini di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, per il quale: “…C’è nella P.A. una scarsa capacità organizzativa e un back office in netto ritardo, sia nell’attuazione dei processi di informatizzazione che di digitalizzazione dei sistemi in uso. Poca inoltre è l’attenzione dedicata all’innovazione come risorsa e valore nelle organizzazione pubbliche, con il risultato di una mancanza cronica di commitment e di progetti avanzati“.

 

Non tutto è da buttare, come si dice, e tra le proposte e le novità ci sono sicuramente la Rete Internazionale delle Pubbliche Amministrazioni (RIPA), il consolato elettronico e digitale, il progetto di piattaforma informatica per la messa in rete di tutte le ambasciate e i consolati. Questi sono solo alcuni degli esempi di cui la Pubblica Amministrazione italiana si può vantare, ma molto è il lavoro ancora da fare. Come hanno evidenziato ulteriormente gli ospiti della tavola rotonda, oltre ai piani di formazione c’è da lavorare anche sui livelli di riconoscimento professionale dei dipendenti, che vanno stimolati e valutati con standard di tipo nuovo. Su questa strada si potrà ottenere anche quel giusto livello di professionalità ICT di cui le strutture sono deficitarie al momento, lavorando su validi modelli di formazione e sui contenuti dei linguaggi, punti imprescindibili da cui partire per generare programmi a lungo termine sempre aperti all’innovazione e alle sue evoluzioni. 

 

Anche Fabio Pistella del CNIPA, nel suo intervento a conclusione del seminario, ha ribadito l’importanza dell’adozione di standard e modelli di formazione condivisi, peraltro già inseriti nell’atto amministrativo voluto dal ministro Renato Brunetta che, di concerto con gli altri dicasteri, vedrà l’attuazione di programmi tesi alla digitalizzazione dei ministeri dello Stato e allo sviluppo delle pratiche di eGovernment. Come è risultato dalla ricerca, il settore pubblico italiano si configura come vettore e traino dell’alfabetizzazione informatica e la formazione specialistica potrà garantire la nascita di nuove aree di eccellenza. L’esperienza di EUCIP, il modello europeo per la certificazione delle competenze dei professionisti informatici, ci ha mostrato come e quanto per i professionisti informatici che progettano, realizzano e gestiscono servizi di e-Gov, contino le abilità professionali e l’aggiornamento continuo delle competenze. Ovviamente, stando ai numeri degli investimenti totali in formazione informatica previsti per i prossimi tre anni, tra tagli e ottimizzazione delle risorse, i risultati che si potranno raggiungere non saranno elevatissimi, ma di sicuro aiuteranno a comprendere ancora meglio quanto sia importante oggi il rapporto tra formazione, produttività e sviluppo nell’ottica di un capitale umano sempre più professionale e attivo nella società e l’economia della conoscenza.

 

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