CEO Summit di Venezia: regole, concorrenza, mercato unico. La Reding analizza al il rapporto ‘di feconda tensione’ tra la Ue e gli incumbent tlc

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Telecoms

La Commissione europea sembra preoccupata dalla possibilità che l’Italia voglia “rilassare” le regole sulla concorrenza, in considerazione dell’attuale crisi dei mercati, ma anche per dare a Telecom Italia una sorta di ‘compenso’ in vista della separazione funzionale della rete dai servizi. 

Nel discorso tenuto in occasione del CEO Summit di Venezia, il Commissario Viviane Reding ha analizzato a fondo il rapporto tra l’Europa e gli incumbent delle telecomunicazioni, ben consapevole che “la posizione della maggior parte dei ministri delle telecomunicazioni sulla regolamentazione delle telecomunicazioni non è lontana da quella dei rispettivi operatori storici”.

 

La Reding ha parlato di “un rapporto di feconda tensione”: il panorama delle tlc europee è “speciale” e sicuramente molto diverso da quello americano, principalmente perché in Europa vi sono 27 incumbent, molti dei quali condividono la stessa storia.

Gli ex monopolisti pubblici delle tlc europee, in seguito alla liberalizzazione avviata negli anni 90, hanno dovuto trasformarsi radicalmente per adattarsi a un nuovo ambiente di mercato e hanno dovuto abituarsi all’idea di ‘subire’ nuove regole.

 

“So bene – ha detto la Reding – che non è stato un processo facile per molti e che non vi è stato inizialmente molto apprezzamento nei confronti dell’unione europea e della Commissione”.

L’entità di questa trasformazione è comparabile con quanto accaduto negli Usa col break-up di AT&T nel 1984 e la creazione di compagnie nazionali a lunga distanza nonché di sette società operative regionali. Grazie a questa riorganizzazione, gli Usa hanno raggiunto un notevole livello di competizione fra infrastrutture, testimoniato dalla forte presenza di operatori via cavo (che controllano il 55% del mercato della banda larga).

 

Ma in Europa, ha aggiunto, “il processo di trasformazione è stato meno radicale” poiché non si è scelto di disgregare i vecchi monopoli mediante il diritto alla concorrenza, quanto piuttosto di privilegiare un processo “più morbido, evolutivo ma anche più lungo” che disciplina gli ex operatori storici con normative settoriali gestite dai regolatori nazionali.

Una tale approccio, si è dimostrato un successo secondo la Reding, la quale però sottolinea anche che il percorso “non è stato ancora completato”

 

Ancora oggi, di fatto, molti degli incumbent sono in parte di proprietà dello Stato:  Deutsche Telekom al 31,3%, France Telecom al 33,1%, TeliaSonera al 45%, Belgacom al 50%, e P&T Lussemburgo al 100%.

Solo una minoranza di operatori di telecomunicazioni non sono più di proprietà dello Stato: BT, KPN, Telefonica e Telecom Italia sono certamente i più notevoli esempi di questo trend, anche se, sottolinea la Reding “la mancanza di un collegamento proprietario formale non significa che il governo consideri le sue ex proprietà imprese come le altre”.

 

Questo anche alla luce dell’importante ruolo economico svolto dagli operatori storici di telecomunicazioni: il mercato dei servizi tlc vale 347 miliardi di euro, pari al 2,9% del PIL Ue.

Gli operatori storici generano il 71% dei ricavi aggregati ed effettuano il 72% degli investimenti totali nel settore.

 

Last but not least, per la Reding, “gli operatori storici continuano ad essere fondamentali per la competitività dell’Europa nel mondo: sei delle prime dieci società di telecomunicazioni nel mondo sono europee, e cinque sono operatori storici”.

Questo potere economico ha un rapporto diretto con il livello di concorrenza sul mercato delle telecomunicazioni.

Tre gli esempi fatti dal Commissario: “per quanto riguarda il mercato mobile, tre cittadini europei su quattro sono clienti dei quattro principali gruppi di telefonia mobile: Deutsche Telekom, Vodafone, Telefonica e Orange. Tre di questi gruppi sono filiali mobili di operatori storici”.

“Per quanto riguarda il mercato della banda larga al dettaglio, la quota di mercato degli operatori storici rimane stabile intorno al 45% nel 2008”.

“L’81.7% degli utenti di rete fissa dipendono, per l’accesso diretto ai servizi dalle infrastrutture dell’operatore storico”.

 

“Queste cifre mostrano anche a noi che dieci anni dopo l’apertura dei mercati alla concorrenza, il lavoro delle autorità di regolamentazione è fatto solo a metà”, ha detto la Reding che, rivolgendosi alla platea ha aggiunto, “so che non vi piace sentivi dire questo, ma è a causa del vostro potere economico e politico che la Commissione deve restare vigile, come custode indipendente della concorrenza nell’Unione europea”.

 

La Reding è quindi passata ad analizzare il rapporto tra gli incumbent e la regolazione europea, stigmatizzando l’esempio di chi – in passato ma anche in questi giorni – continua a chiedere una ‘Vacanza normativa’, “come se il regolamento fosse qualcosa che si può sospendere quando piace più”.

 

“Alcuni di voi sono venuti da me nelle scorse settimane e mi hanno detto che ora, a causa della crisi finanziaria, sarebbe tempo di attenuare o persino di abbandonare la regolamentazione delle telecomunicazioni”.

“Permettetemi di affrontare questa richiesta una volta per tutte”, ha aggiunto, snocciolando alcuni punti essenziali per il confronto.

“Innanzitutto – ha detto – sono fermamente convinta che la regolamentazione sulla concorrenza ha sempre un effetto positivo sull’economia. Tempi di difficoltà economiche non sono quindi un motivo per sospendere i principi del diritto della concorrenza”.

In secondo luogo, “non è certamente un eccesso di regolamentazione che ha causato la crisi finanziaria, ma è proprio adesso che la regolamentazione dei mercati finanziari diventa una priorità urgente per i responsabili politici di tutto il mondo”.

La Reding, che sottolinea il suo credo nell’economia sociale di mercato ha quindi invitato alla cautela, “soprattutto quando vedo che ora alcuni paesi lodano lo Stato come la risposta giusta per tutto”.

“Un regolamento in quanto tale non ha alcun valore aggiunto, ma deve essere mirato al problema e ottenere risultati in modo efficace ed entro un ragionevole arco di tempo”.

 

Ribadendo la necessità di mantenere un certo grado di regolamentazione e di vigilanza sul settore, la Reding ha quindi sottolineato che le regole devono comunque essere “flessibili e aggiungere nuovi incentivi per gli investimenti”, come proposto dalla raccomandazione sulla Next Generation Access.

Ma è altresì essenziale che la concorrenza rimanga “il principale motore per lo sviluppo del mercato”.

 

Consapevole delle differenze tra i diversi membri ETNO, la Reding ha quindi sottolineato che alcuni operatori hanno iniziato ad accettare e a convivere con la regolamentazione.

“Nel Regno Unito – ha detto – BT ha accettato la separazione funzionale ed è anche a favore di questo modello come ‘vantaggio competitivo’ all’estero poiché, è evidente, esso dà la certezza del diritto e stimola gli investimenti”.

“E anche Telecom Italia – ha aggiunto – sta collaborando volontariamente con il regolatore italiano, per giungere a un accesso non discriminatorio alla sua rete”.

La Commissione, comunque, “seguirà i risultati di questi sforzi in Italia molto da vicino per vedere se il processo è completato con ambizione, così come è iniziato”.

 

Il Commissario ha quindi concluso ricordando i vantaggi derivanti da un mercato unico delle telecomunicazioni e riportando i dati elaborati dal professor Martin Cave, secondo cui l’eccessiva frammentazione della regolamentazione nel settore delle telecomunicazioni costa ogni anno alle imprese europee circa  20 miliardi di euro.

“Oggi – ha sottolineato –  gli operatori storici generano solo tra il 5% e il 27% del loro reddito al di fuori del loro paese d’origine. Questo lascia ampio spazio per la crescita. Ma è chiaro che allo stato attuale, rimane difficile per, ad esempio, un operatore francese investire in Spagna se decisioni normative sulla prossima generazione di accesso differiscono sostanzialmente in entrambi i paesi”.

 

Avere incumbent sani e in grado di investire all’estero come nel proprio paese, è “una cosa positiva per l’Europa”, ma perché ciò accada “abbiamo bisogno di creare le giuste condizioni normative in Europa”.

 

Per questo è urgente completare rapidamente i lavori in corso sul pacchetto di riforma delle telecomunicazioni che, “dopo l’impressionante voto del Parlamento europeo il 24 settembre, ha ormai raggiunto la maturità politica”.

“Il nuovo quadro normativo incoraggerà gli operatori con una dimensione transfrontaliera a diventare veramente pan-europei e consentirà di aggiungere una più forte indipendenza al loro lavoro a livello nazionale”.

“L’accordo finale – ha sottolineato – è a portata di mano, e potrebbe consentire di completare il mercato unico delle telecomunicazioni in Europa entro il 2010″.

 

“Decisioni politiche ambiziose sul mercato unico delle telecomunicazioni sono certamente la migliore risposta al nostro settore nell’attuale situazione economica. Ma dobbiamo agire ora”, ha concluso la Reding.

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