Il futuro di Telecom Italia tra rete, mercato e sicurezza nazionale

di di Raffaele Barberio |

Il rischio è che i veleni di queste ore servano solo a distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica, oltre che mandare indecifrabili avvertimenti.

Italia


Raffaele Barberio

Per decenni l’afa estiva ha affidato a giornali e tv la cronaca spinta fino al gossip, per nascondere le misure finanziarie con cui i governi dell’epoca cercavano di tamponare il debito pubblico, attingendo dalle tasche degli italiani impegnati a prendere il sole.

Oggi siamo in controtendenza.

Le dichiarazioni di Tavaroli, che riempiono in queste ore giornali e TG, hanno prodotto un boato nei ben radicati rapporti tra politica e tlc.

Ma ciò che colpisce più di ogni altra cosa, non sono le dichiarazioni di Tavaroli e le chiamate in causa di buona parte della classe dirigente; esse sembrano discutibili, serviti ad arte e ben mirate (come sostiene Di Pietro) a mandare segnali in codice ad altri rappresentanti della classe dirigente non ancora nominati.

Ciò che bisogna chiedersi non è cosa Tavaroli dica, ma perché tutto ciò avviene ora.

Qualche giorno fa avevamo sottolineato (vedi articolo a piè di pagina) una stonatura nella Relazione di presentazione del Rapporto annuale Agcom, letta dal presidente Calabrò davanti alle più alte cariche dello Stato, evidenziando la scarsa rilevanza delle telecomunicazioni, sia per numero di pagine sia per le focalizzazioni tematiche più rilevanti, a beneficio di una sovradimensionata attenzione al settore televisivo.

I fatti ci danno ragione. Può essere utile pertanto chiedersi perché quanto leggiamo in queste ore accada proprio adesso.

Per questa ragione, vi proponiamo alcuni punti di riflessione utili per seguire la partita che si giocherà nei prossimi giorni: sono in discussione asset strategici, autonomie nazionali, competitività, reputation.

Infine, faremo riferimento ai prossimi appuntamenti cui bisogna guardare da qui alle prossime settimane.  

 

Lo stato attuale di Telecom Italia

 

Telecom Italia è l’incumbent, ha un quadro manageriale di alto profilo, può affrontare le difficoltà, che sono però grandi. Il debito è enorme, oltre i 42 miliardi di euro cresciuto nel corso di un decennio combattuto con passaggi di mano sofferti. Da Colaninno a Tronchetti Provera e da questi all’attuale proprietà.

Sulla scalata di Colaninno e il ruolo assunto dal quadro politico dell’epoca, si sa già tutto.

Oggi Telecom Italia ha una nuova guida. Bernabè è un manager di grande esperienza, stimato all’estero, ma ha intorno a sé un minuscolo drappello di fedelissimi (i 5-6 alti dirigenti che ha portato con sé) e guida l’azienda in apparente solitudine e in un clima politico cui non è omologo.

Il valore dell’azienda è crollato, le azioni hanno toccato qualche giorno fa il minimo storico degli ultimi dieci anni. Il futuro di Telecom Italia, in tutta franchezza, appare incerto. E questo spiega cosa sta accadendo in questi giorni.

 

Telecom Italia e gli spagnoli di Telefonica

 

Nel 2000 Telecom Italia era fortissima sul piano internazionale e Telefonica valeva poco.

Oggi le parti sono invertite.

Si parla da tempo di una strategia di Telefonica che punta al controllo di Telecom Italia, ma i più si affrettano a dire che nulla di ciò può accadere senza il placet dell’Esecutivo.

Intanto Telefonica ha il 42% di Telco che controlla Telecom Italia. E’ l’unico socio industriale con competenze di merito e quando l’amministratore delegato Bernabè, capo azienda di Telecom Italia, deve incontrare Telefonica come è accaduto in questi giorni, prende l’aereo e si scomoda fino a Madrid per un meeting col direttore generale di Telefonica Linares: il che la dice lunga sui rapporti di forza, perché anche in queste cose la forma è sostanza.

Intanto i tre soci finanziari italiani, presenti in telco e coinvolti ob torto collo dall’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, senza alcuna possibilità di rifiuto, temono di trovarsi in una situazione in cui rischiano di non avere voce in capitolo.

Di sicuro, l’attuale posizionamento di Telecom Italia è transitorio. L’obiettivo è chiaro: prendere il controllo totale di Telecom Italia in un arco ragionevole di tempo e possibilmente senza strappi o disimpegnarsi definitivamente.

In questo contesto, si colloca la cosiddetta opzione Fossati.

 

Telecom Italia e gli arabi

 

Altra voce sotto traccia è quella che vorrebbe un interessamento arabo a Telecom Italia, attraverso Saudi Telecom, importante società di tlc del quadrante degli Emirati. Il tutto sembra improbabile, ma non ha il profilo della bufala.

Quando nel novembre 2007 l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi andò negli Emirati si incontrò con i fondi di investimento arabi che gli palesarono il loro forte interesse a investire nell’Ict europeo e italiano in particolare (come riportato in quei giorni dalle principali agenzie italiane), inoltre, si sa che alcuni ex alti dirigenti di Telecom Italia e società ad essa legate in passato sono oggi molto attivi tra Dubai, Qatar e Abu Dhabi.

Da seguire.

 

Telecom Italia e Mediaset

 

Nell’era della convergenza le Tv cercano di non farsi schiacciare dallo strapotere economico degli operatori tlc.

I rapporti tra Telecom Italia e Mediaset sono altalenanti, con le azioni periodiche di quest’ultima atte a cercare punti di contatto anche attraverso grandi player internazionali (Murdoch?).

Berlusconi ha difeso e sta difendendo l’italianità di Alitalia, dopo aver respinto ogni voce che lo voleva direttamente interessato con un ingresso nella proprietà della compagnia di bandiera, attraverso sue società e suoi familiari.

Nel difendere l’italianità e la strategicità di Telecom Italia, Berlusconi potrebbe avere qualche interesse in più: Telecom Italia non è Alitalia e i programmi televisivi viaggiano sulle reti, non su i Boeing.

Potrebbe esserci in sostanza un circolo virtuoso tra interessi nazionali e particolari.

 

Telecom Italia e Vodafone

 

E’ la voce dell’ultima ora. Dopo il Regno Unito, l’Italia è il Paese più importante per la compagnia mobile che tra qualche giorno sarà guidata globalmente dall’italianissimo Vittorio Colao.

Vodafone cresce costantemente in Italia da anni e vorrebbe pesare ancora di più. Qualche settimana fa sembrava fosse sul punto di acquistare Tiscali. Anzi no, sembrava più forte un interessamento di Telecom Italia sulla società sarda.

Poi nulla di fatto per entrambe. Apparentemente. La partita più rilevante potrebbe giocarsi altrove?

Non è da escludere, in un mondo delle tlc europee totalmente in fase di rimescolamento di carte.

 

Conclusioni

 

Fatte queste brevi annotazioni, resta da vedere perché come dicevamo prima, quanto si legge sui giornali accada proprio ora.

Si intravedono già ragioni e scadenze precise.

La prima è a breve ed è, per così dire, centripeta: riguarda decisioni interne all’azienda.

E’ la riunione del Cda di Telecom Italia prevista per l’8 agosto, in cui Bernabè presenterà il nuovo piano strategico dell’azienda.

Obbiettivo? Uscire dalla crisi e indicare una strada di crescita chiara per tempi e punti di approdo. Impresa non facile, ma non impossibile.

Resta da vedere cosa faranno gli spagnoli e cosa farà il mercato. Un dato su tutti: la capitalizzazione di Telecom Italia è oggi se si guardano le azioni ordinarie di 18 miliardi di euro.

Acquisire oggi il 25% di Telecom Italia per fare un esempio, costa intorno a 4,5 miliardi di euro, cifra non irrilevante ma alla portata di molti grandi investitori.

Bernabè dovrà essere molto accorto e mediare tra governo, spagnoli, investitori, mercato.

Ha le doti per farlo.

Una seconda scadenza, per così dire centrifuga, proietta invece Telecom Italia nel quadro decisorio nazionale.

Il prossimo 16 settembre, la IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni avvierà, con le audizioni di Calabrò e Catricalà l’indagine parlamentare conoscitiva sulla rete tlc nel nostro Paese, per individuare le soluzioni più appropriate per investimenti, modello operativo, proprietà, esercizio. Questo vuole dire che la politica vuol fare la sua parte, che non intende tirarsi indietro.

E il dato più significativo è che da qualche giorno, solo da qualche giorno, il dibattito sul futuro della rete, dell’infrastruttura di telecomunicazioni, viene collegata direttamente non solo alle tematiche dello sviluppo del paese e della sua competitività, ma a precisi nodi legati alla sicurezza nazionale e al suo delicato avamposto.

Ecco perché occorre accendere i riflettori sulle tlc. Non sulle dichiarazioni di Tavaroli.

Crediamo che la partita sia appena iniziata. Col passare dei giorni Tavaroli scomparirà e si parlerà delle cose che fanno mercato, strategie di Paese, politica industriale. Almeno, questo è quello che ci auguriamo.

 

Leggi anche:

Relazione Agcom: alcune considerazioni a margine della presentazione

 

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