I bambini italiani leggono troppo poco. Per gli editori, ‘Manca una politica di promozione e ci sono troppi tagli alle risorse’

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Presentati i dati del settore al seminario organizzato a Roma dalla Commissione per l’infanzia della Bicamerale.

Italia


Bambini e lettura

I bambini italiani leggono meno rispetto ai loro coetanei europei. E’ quanto emerge dai dati presentati oggi, 29 gennaio, nel corso del convegno “Bambini e adolescenti e valore del libro, organizzato a Roma dalla Commissione parlamentare per l’infanzia della Bicamerale, in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori (AIE).

Un momento di confronto ad alto livello, che vede la presenza di editori, esperti del settore e dei principali istituti statistici (Istat e Doxa), per verificare la diffusione del libro e della lettura tra i bambini e gli adolescenti nel nostro Paese e per valutare le iniziative e gli strumenti utili ad incentivarla e promuoverla.

Secondo i dati Istat, rielaborati dall’Ufficio studi di AIE nel 2007, poco meno della metà dei bambini di 6-10 anni legge almeno un libro non scolastico nei dodici mesi precedenti (46,8%): a questa cifra corrisponde, solo per fare un esempio, ben un 58,0% dei coetanei spagnoli.

Il valore in Italia sale leggermente nella fascia di età successiva (11-14 anni), arrivando al 59,5%, per poi calare progressivamente al crescere dell’età, e dei processi scolari, di socializzazione, di multiconsumi tecnologici (la media nazionale è del 43,1%). In altre parole, circa la metà di bambini e ragazzi inseriti all’interno dei processi di scolarizzazione dell’obbligo e superiori, dichiara di non leggere alcun libro diverso da quelli di scuola: in proiezione sono 3,1 milioni.

La produzione di libri per l’infanzia è cresciuta in questi anni in modo significativo in termini di quantità: nel 1987 si pubblicavano 951 titoli, nel 1997 1740 (+8,2% in media annua), nel 2006 questo valore sfiora le 2.300 opere (Fonte Liber, Biblioteca Gianni Rodari di Campi Bisenzio), che si traduce in 3,1 milioni di libri per bambini stampati e immessi nei canali di vendita e in un fatturato conseguente di 129,5 milioni di euro.

Oggi bambini e ragazzi hanno una possibilità decisamente superiore di scegliere tra autori, generi, fasce di prezzo, formati di libri, storie raccontate, letterature, ecc. di quanto potevano avere nel passato. Nel 1980 l’editoria italiana pubblicava 0,15 nuovi titoli ogni mille bambini, oggi questo valore è pressoché raddoppiato ma comunque è meno della metà di quella spagnolo (che ha però un mercato extradomestico) e poco meno di un quinto di quello francese (Fonte: Ministerio de cultura, per Spagna, Syndicat national de l’Edition per Francia).

Federico Motta, presidente di AIE, ha sottolineato che “Come editori non possiamo fare altro che mettere a disposizione di bambini e ragazzi – direttamente o attraverso la mediazione dei loro genitori – un’offerta di libri capace di dare risposte ai loro bisogni di lettura. In assenza però di qualunque politica organica e continuativa in materia di promozione della lettura e al verificarsi continuo di tagli alle risorse e ai trasferimenti alle biblioteche per l’ampliamento delle proprie collezioni, o per la formazione di personale bibliotecario specializzato, non può essere sufficiente pubblicare libri belli e nuovi”.

“L’Italia – ha aggiunto -, nel confronto internazionale, è un Paese caratterizzato allo stesso tempo da una crisi nella produttività e da bassi tassi di lettura. Il legame tra i due fenomeni è più stretto di quanto possa sembrare a prima vista. In questa luce deve essere letto anche un dato recentemente pubblicato da Istat: solo un quarto dei lavoratori italiani, solo la metà dei dirigenti e professionisti dichiara di leggere un libro per il proprio aggiornamento professionale”.

Il presidente di AIE ha concluso sostenendo: “Ci si può stupire, allora, che in un mondo sempre più complesso e competitivo, la produttività sia il principale fattore critico della nostra economia?”.

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