Rai-caso Petroni. Dopo la conferma del Tar, Landolfi contro Padoa Schioppa: ‘Prova che si tratta di un atto di natura politica’

di Raffaella Natale |

Italia


Angelo Maria Petroni

Il Tar del Lazio ha confermato la sospensiva chiesta dal consigliere Rai Angelo Maria Petroni contro la sua revoca da parte dell’azionista ministero dell’Economia. La decisione definitiva, dopo la sospensione del giudizio del 29 maggio scorso, è stata presa dalla sezione terza-ter, presieduta da Francesco Corsaro. A questo punto è annullata la nuova assemblea generale della Tv pubblica che era stata messa in programma per lunedì 11 giugno prossimo.

 

Soddisfazione da parte dell’opposizione parlamentare, specie di Paolo Bonaiuti, vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, che da subito aveva giudicato illegittima la scelta del Ministro Tommaso Padoa Schioppa.

“…Torno a chiedere come ho già fatto in Commissione di Vigilanza, su quale dispositivo giuridico il ministro abbia mai basato la procedura di revoca del consigliere Petroni”, ha commentato Bonaiuti.

“…Di fronte alla seconda smentita consecutiva del suo operato – ha detto ancora – mi auguro di avere una spiegazione molto più convincente di quella fornita sul caso Visco-Guardia di finanza“.

 

Per il presidente della Vigilanza Rai, Mario Landolfi “…la decisione del Tar conferma che la revoca del consigliere del Cda Rai Petroni non ha né capo né coda. È un atto di natura politica, uno spoil system fuori stagione viziato da illegittimità nella procedura intrapresa”.

 

Per il Tar Lazio il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, ha sbagliato a licenziare il consigliere Rai. Nel provvedimento si legge che la vicenda legata alla sostituzione “…di un componente del Consiglio di amministrazione della Rai è questione che per la sua complessità deve essere comunque affidata al giudizio di merito” mentre in questo caso “…la sostituzione del ricorrente trae origine in ragioni palesemente extragiuridiche, che oltretutto costituiscono un continuum con quelle di eguale natura asserenti al metodo di scelta dei componenti del Consiglio di amministrazione della Rai, nelle quali il ministro, nella lucida analisi svolta innanzi alla commissione parlamentare, ha individuato la causa delle persistenti disfunzioni dell’organo collegiale, e non in fatti o comportamenti in una qualsiasi misura imputabili al ricorrente”.

 

E qui il collegio ha aggiunto: “…atteso che le disfunzioni riscontrate dal ministro, che lo hanno indotto ad assumere l’impugnata determinazione, sono state dallo stesso ministro imputate al Cda nella sua completezza”. E’ questo un riferimento evidente a quanto Padoa Schioppa aveva sostenuto durante l’audizione in Commissione di vigilanza Rai, dove era stato convocato proprio per spiegare le ragioni della sua dichiarazione di sopravvenuta sfiducia nei confronti di Petroni e della sua volontà di richiedere all’assemblea degli azionisti Rai la decadenza e sostituzione dello stesso consigliere.

In quella occasione il ministro dell’Economia aveva testualmente detto che se avesse avuto la possibilità sul piano del diritto civile avrebbe sostituito l’intero Cda della Rai, attribuendo quindi a tutti e nove i consiglieri la responsabilità della situazione difficile in cui è – a suo giudizio, ma non solo – l’azienda di viale Mazzini. Proprio quel passaggio dell’audizione di Padoa Schioppa è stato uno dei perni dei legali di Petroni e a quello ha fatto riferimento esplicito l’ordinanza che rimette tutto in discussione, ovvero lascia immutata la composizione del Cda Rai.

 

Sulla vicenda è intervenuto con una nota il rappresentante dei Verdi in Commissione di Vigilanza, Marco Lion, sostenendo che “…La via maestra è l’azzeramento dell’attuale Consiglio di amministrazione della Rai, ormai delegittimato, e la successiva indicazione di un nuovo Cda”.

“…Negli ultimi mesi – ha osservato – si sta discutendo solo degli scontri nel Cda ma non del rilancio dell’azienda, dei palinsesti e della valorizzazione delle professionalità interne”.

“…Dal canto suo – ha aggiunto Lion – il ministero dell’Economia deve promuovere un’azione di garanzia verso quei consiglieri che votarono Alfredo Meocci come direttore generale della Rai, decisione che ha prodotto un forte danno economico allo Stato a causa della megamulta inflitta alla Tv pubblica”.

 

Intanto a tutti i giornalisti della Rai è giunto l’appello del segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, che in una lettera ha spiegato le ragioni dello sciopero audio-video proclamato per il 13 giugno.

“…C’é bisogno di tutto lo straordinario patrimonio di professionalità del servizio pubblico per cambiare strada. L’attuale ci porta verso il baratro. Salviamo insieme la Rai! Non c’é più tempo da perdere“. Queste le parole di Verna il quale ha anche informato che il prossimo 12 giugno la segreteria dell’Usigrai incontrerà il Presidente della Camera Fausto Bertinotti, seconda tappa di un giro di sensibilizzazione presso le massime istituzioni dello Stato avviato con il Presidente del Senato Franco Marini.

 

Nella lettera, il segretario ha commentato ai colleghi il “…momento molto difficile che vive l’azienda” e i “…reali rischi che corre la Rai se non si supera al più presto lo stallo al settimo piano di viale Mazzini, che ci sta ponendo su un pericoloso piano inclinato”.

Verna ha poi citato il bilancio 2006, in rosso per circa 80 milioni, ma anche il tentativo del Ddl presentato dal ministro Gentiloni di affrontare la situazione affidando a una Fondazione il ruolo di azionista della Rai: “…Abbiamo da tempo chiesto uno stralcio di queste norme sulla governance – ha scritto Verna – e auspichiamo una corsia preferenziale per discutere degli aspetti della riforma che riguardano la nomina del Consiglio di Amministrazione”.

In ogni caso, continua la lettera, “…abbiamo subito bisogno di un’azienda che sia governata, che non veda sistematicamente le proposte del direttore generale bloccate dal consiglio”.

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