Dopo l’approvazione del Ddl Gentiloni, reazioni di maggioranza e opposizione: commenti a caldo e riflessioni sul futuro

di Raffaella Natale |

Italia


Paolo Gentiloni

L’approvazione del Ddl Gentiloni, che riforma il sistema radiotelevisivo, fa discutere. Subito dopo il via libera del Governo, sono tanti gli appunti da parte dell’opposizione e i commenti di soddisfazione che giungono al Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, firmatario della legge.

Un Ddl che, come ha tenuto a sottolineare il Ministro delle Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, “…è stato votato da tutti” anche se non sono mancate “le proposte di alcuni Ministri per migliorarlo”.

 

“…Apporteremo il nostro contributo e dei correttivi in Parlamento” ha già annunciato il Ministro della Giustizia Clemente Mastella. Mentre dal resto del centrosinistra, indipendentemente dai cambiamenti futuri, c’è grossa soddisfazione già adesso.

“…Ci auguriamo che questa proposta possa innescare una positiva competizione tra gli schieramenti per arrivare a definire un modello di servizio pubblico sempre più autonomo e sempre più capace di mettere al centro dell’attenzione la qualità dell’offerta e la piena valorizzazione degli autori, degli ideatori, dei produttori, dei giornalisti”, ha detto il portavoce di Articolo21, Giuseppe Giulietti.

Renzo Lusetti della Margherita ha evidenziato “…come questo Governo abbia mantenuto fede alla promessa di far compiere un passo indietro ai partiti rispetto all’amministrazione dell’azienda per dare invece uno spazio maggiore alla qualità del prodotto e al rilancio del progetto editoriale”.

 

E dall’opposizione? L’umore è sicuramente diverso. “…Il giudizio è tutt’altro che positivo, anzi…”, ha detto Mario Landolfi, presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza. “I partiti escono dalla porta ed entrano dalla finestra”, ha aggiunto.

Per    Maurizio Gasparri¤ di An, ex Ministro delle Comunicazioni e firmatario della precedente legge sul mercato Tv, il disegno di legge è addirittura “…barocco e irricevibile“.

“…Il Cda verrebbe formato con procedure complesse e affidando poteri di nomina ad ambienti e strutture la cui legittimità appare assai dubbia in riferimento alle funzioni di quella che resta comunque una Spa”.

 

Ma vediamo in dettaglio cosa prevede il nuovo disegno di legge. Tra le novità introdotte spicca la creazione della Fondazione Rai che deterrà le quote attualmente di appartenenza del ministero dell’Economia.

 

La Fondazione sarà garante dell’autonomia del servizio pubblico, incaricata di verificare il valore sociale della programmazione e di assicurare una gestione efficiente, e di un Consiglio composto di 11 membri, con misure stringenti di incompatibilità. La Fondazione controlla Rai Spa, che realizza le attività del servizio pubblico radiotelevisivo. Rai Spa realizza le attività di servizio pubblico, controlla le società operative del gruppo e ne nomina i consigli di amministrazione

 

La riorganizzazione della Rai sarà fatta dal Consiglio della Fondazione “…sulla base di linee guida fondamentali”: l’unitarietà sotto il controllo pubblico, la separazione tra ciò che viene finanziato dal canone e ciò che viene finanziato dalla pubblicità e la separazione tra la rete e il fornitore di contenuti.

 

Infine il Ddl Gentiloni prevede espressamente che vengano garantiti dal servizio “…la promozione delle libere espressioni di opinioni, la garanzia di accesso a soggetti politici e sociali, la diffusione dei principi costituzionali, la consapevolezza dei diritti di cittadinanza, la promozione della dignità della persona, la valorizzazione della cultura e della lingua italiana, la crescita della coscienza europeistica”.

 

I membri del Consiglio della Fondazione durano in carica sei anni, una parte di essi verrà rinnovata dopo il primo triennio dall’insediamento, per favorire un criterio di rinnovo non contemporaneo tra le diverse componenti. Non possono essere confermati nella carica. Sono scelti tra persone di “indiscussa moralità e indipendenza e di comprovata professionalità” nel settore delle comunicazioni, dell’audiovisivo, del cinema, della arti, della cultura. Non possono essere nominati coloro che nei due anni precedenti hanno ricoperto incarichi elettivi politici o ruolo di rappresentanza dei partiti. I membri del Consiglio della Fondazione non possono esercitare “direttamente o indirettamente” alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati, né ricoprire altri incarichi pubblici. E’ fatta salva solo l’attività di studio e ricerca.

 

Il Cda sarà composto da undici membri, di cui solo quattro di emanazione politica. La Conferenza Stato-Regioni eleggerà due membri, mentre la nomina di uno a testa spetterà a Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, Accademia dei Lincei, Consiglio nazionale dei consumatori e Conferenza dei rettori delle università italiane. L’ultimo membro sarà eletto dai dipendenti stessi della Rai. Il presidente sarà nominato a maggioranza assoluta. Sarà poi il Cda della Fondazione a nominare i membri del Consiglio d’amministrazione di Rai Spa, composto da cinque membri in carica per cinque anni. Sempre il Consiglio eleggerà l’amministratore delegato, mentre il presidente sarà nominato dal Cda della Fondazione. Una sostanziale rivoluzione che potrebbe andare oltre.

 

La Carta del servizio pubblico, che sostituisce il Contratto di servizio, stabilisce le linee generali e dura sei anni. Fissa anche l’ammontare del canone per l’intera durata della carta e fissa gli obblighi di copertura del territorio e della popolazione. Il periodo più lungo si giustifica con l’esigenza di dover pensare a una attività che abbia un più ragionevole arco di tempo a disposizione per potersi esplicare.

Il Contratto biennale è redatto dal Consiglio della Fondazione e contiene il dettaglio degli obblighi, dei compiti del servizio pubblico e la destinazione delle risorse.

Il Canone, utilizzato a finanziare esclusivamente il servizio pubblico, è determinato per il complesso dei sei anni dalla Carta del servizio e viene adeguato ogni due anni, prima della scadenza del Contratto biennale.

Anche qui, la norma è stata limata, introducendo parametri, come l’adeguamento all’inflazione, a cui il dicastero si dovrà attenere nell’aumentare il contributo a carico degli utenti Rai.

Prevista, inoltre, la netta separazione tra il servizio pubblico, finanziato esclusivamente dal canone, e le attività commerciali finanziate dalla pubblicità. La riorganizzazione dovrà assicurare l’unitarietà di Rai Spa, il controllo proprietario in capo alla Fondazione.

 

Modifica anche per il controverso articolo 11 che aveva sollevato l’appunto della Commissione Ue, oltre che dell’Agcom e dell’Antitrust. Anche Mediaset aveva fatto sentire la propria voce, criticando la disposizione che fissava i nuovi tetti pubblicitari.

Questa modifica avverrà tramite una delega al Governo che entro 9 mesi, d’intesa con l’Agcom, stabilirà le nuove soglie.

Ultimo aspetto da sottolineare, la nuova norma proroga, di fatto alcuni anni, per la concessione di servizio pubblico affidata alla Rai. Il testo, infatti, prevede che avrà una durata di dodici dall’approvazione della legge. Ma siccome la concessione è già in corso dal 2004 in base alla legge Gasparri per una durata di 12 anni, la Tv di Stato potrà godere di un ulteriore periodo di esclusiva per il servizio pubblico Tv.

 

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