Innovazione e digital divide: il circolo virtuoso dell’economia della conoscenza

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Italia


Enza Bruno Bossio

di Enza Bruno Bossio

Amministratore delegato Cm Sistemi Sud,
Presidente consorzio Clic

 

La potenziale ripresa del mercato digitale globale avrà, per come richiama anche il ¿DigiWorld 2005¿, come driver di sviluppo le nuove tecnologie di comunicazione da una parte (Wi-Fi, WiMax, Voice over IP, etc.) e la convergenza e l’interattività dall’altra.

Ciò conferma e impone la necessità, da parte degli operatori Ict, Tlc e media, di rivedere i propri ruoli non soltanto in relazione alle finalità dei singoli segmenti di mercato, ma in un sistema economico che complessivamente diventa esso stesso sempre più digitale.

 

E anche nel nostro Paese, dove è ancora pesante il ritardo (l’Italia, secondo il Rapporto Eito 2003 è ultima, in percentuale al Pil nella spesa di Information Technology) l’Ict ha imposto, soprattutto grazie al Web, una esigenza oramai insopprimibile, per le organizzazioni pubbliche e private, di riprogettare i processi interni e di ripensare il proprio ruolo sul mercato.

Delocalizzazione e internazionalizzazione sarebbero state un¿altra cosa in questi anni, o forse non sarebbero state proprio, senza lo sviluppo di Internet e delle reti veloci.

 

Il limite, però, in Italia, è dato soprattutto dalla qualità degli investimenti, ovvero dalla capacità di indirizzare risorse pubbliche e private in direzione del circolo virtuoso dell’economia della conoscenza.

 

La novità di oggi, è che, paradossalmente, il gap può essere colmato puntando innanzitutto sulle aree più svantaggiate, a cominciare dal Sud del Paese; qui, maggiori sono le opportunità di investimento ¿ grazie anche alle Misure della Società dell’Informazione¿ dei Fondi Europei e ai finanziamenti per la ricerca e l’innovazione rivolti alle imprese localizzate nell’area Obiettivo 1 (in particolare la legge 297-99, i fondi Fit e Pia) ¿ ma, soprattutto, sono cresciute le competenze specialistiche in un contesto che potrebbe esprimere una più accentuata predisposizione verso uno sviluppo che non richiede elevati costi di riconversione.

 

In questa direzione, la realizzazione di infrastrutture tecnologiche avanzate di comunicazione, accompagnata dalla creazione di condizioni ambientali di attrattività dei territori, diventa il compito prioritario dei governi e in generale della Pubblica Amministrazione.

 

La chiave di volta è rappresentata dalla capacità di pianificare e cooperare da parte dei diversi attori locali, attraverso: il potenziamento della domanda di applicazioni e servizi basati sull’Ict; la messa in rete di sistemi di competenze e conoscenze del settore, rappresentando il Mezzogiorno, con le sue valenze formative, specialistiche, come un bacino di sviluppo di servizi e soluzioni ad alto valore aggiunto, erogabili al di fuori del territorio regionale.

 

Un modello autopropulsivo di sviluppo economico, dunque, è la strada attraverso cui si consolida la competitività dell’impresa italiana, si eliminano diseconomie e si genera ricchezza per l’intero sistema Paese.

 

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