Google vuole quotarsi in Borsa e sfida le banche d¿affari: l¿IPO si farà on line

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Google, uno dei pi&#249 popolari motori di ricerca su Internet, potrebbe infatti quotarsi in Borsa all¿inizio del prossimo anno. La forma scelta per l¿attesa IPO, in base a quanto trapelato sulla stampa straniera, sar&#224 probabilmente un¿asta on line.

Il gruppo avrebbe infatti gi&#224 contattato diverse banche d¿affari per valutare le modalit&#224 della quotazione, ma avrebbe giudicato troppo dispendiose le commissioni legate alla partecipazione dei colossi finanziari di Wall Street, che si aggirano attorno al 7% dell¿operazione.

La procedura dell¿asta elettronica, dicono gli analisti, &#232 molto interessante e potrebbe essere imitata anche da altre compagnie che decidessero di allontanare dalle proprie quotazioni l¿ombra degli scandali finanziari del 2000, alla base del crollo della fiducia di piccoli e grandi investitori.A voler essere molto ottimisti, inoltre, l¿iniziativa di Google, potrebbe minare alla base il monopolio delle cosiddette banche d”affari nel lucrativo business delle IPO.

Ovviamente, l”establishment di Wall Street non ha gradito e ha reso noti gli svantaggi di una simile iniziativa: un¿asta in Rete potrebbe infatti generare un prezzo troppo alto per le azioni di Google, poich&#233 non ci sarebbero poi abbastanza azioni disponibili per soddisfare la richiesta degli investitori privati. Il gruppo potrebbe dunque considerare l¿ipotesi di affidare l¿operazione a pi&#249 banche, per evitare che un singolo istituto si occupi, tentando di speculare, del processo di collocamento.

Tra le banche chiamate da Google, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Credit Suisse First Boston, Citigroup, J. P. Morgan Chase e Thomas Weisel Partners, che hanno stimato il valore potenziale della societ&#224 tra i 15 e i 25 miliardi di dollari, in linea con la valutazione di Amazon.com.

L¿attrattiva di Google risiede innanzitutto nel modello di business adottato dall¿azienda che si affermata come uno dei marchi pi&#249 riconoscibili del mondo, al pari di Coca Cola e Nike.

Anche se Google non pubblica i dati finanziari, gli utili sono previsti in rapida ascesa e, secondo il Financial Times, dovrebbero essere intorno a 150 milioni di dollari annui su ricavi per 500 milioni.

Questo vuol dire che la decisione del gruppo di affidarsi a Internet per quotare in Borsa il proprio capitale, potrebbe costringere le banche d¿affari a rivedere le proprie commissioni per evitare che altre aziende seguano questa strada.

Le banche d¿affari si sono trovate nell¿occhio del ciclone per alcuni evidenti casi di conflitto d”interesse che hanno gettato nel caos le Borse e le economie mondiali: i maggiori analisti Usa, in combutta con dirigenti senza scrupoli, esaltavano in modo del tutto acritico le societ&#224 che erano in grado di far crescere i loro utili in linea e pubblicizzavano le prospettive delle aziende della new economy, che le banche d”affari gettavano su un mercato azionario famelico. Contemporaneamente, le divisioni M&A (fusioni e acquisizioni) spingevano i clienti corporate verso operazioni sempre pi&#249 consistenti: basti pensare che nel 1999 queste banche hanno gestito scalate per pi&#249 di mille miliardi di dollari in Europa e negli Usa.

In una serie di procedimenti giudiziari promossi dal procuratore di New York Eliot Spitzer contro la Credit Suisse First Boston e le altre maggiori banche (tra cui la Salomon Smith BarneyCitigroup), la prima &#232 stata costretta a versare 100 milioni e le altre 1,4 miliardi di dollari per pratiche improprie in materia di Ipo e per conflitti di interesse.

Le matricole, in particolare, furono usate in molti casi per far guadagnare cifre astronomiche ad alcuni dirigenti di aziende clienti in un contesto di estese distorsioni del mercato.

Alessandra Talarico