Reati via Internet e competenze territoriali

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Australia



La Corte Suprema australiana potrebbe imbattersi in un vero e proprio campo minato legale per aver accettato di difendere la causa di un magnate di Melbourne contro un editore americano.

La Corte ha, infatti, stabilito che potrà essere esaminato in Australia il caso di diffamazione intentato dal magnate delle industrie minerarie, Joseph Gutnick, contro Dow Jones, sito curato dal settimanale newyorkese Barrons.

Il caso potrebbe rappresentare un precedente molto importante nel campo dell’editoria su Internet: è la prima volta che una causa contro un giornale avviene non nel Paese in cui esso viene pubblicato ma nel Paese in cui è stato scaricato uno degli articoli in esso contenuto.

Gli editori sostengono, infatti, che il caso dovrebbe essere giudicato nel New Jersey, dove è ubicata la sede del sito che pubblica il Dow Jones e dove le leggi sulla diffamazione sono relativamente più liberali. Le associazioni di media sostengono, inoltre, che negli Stati Uniti ci si può sempre appellare al primo emendamento sulla libertà di espressione cosa che non potrà succedere nello stato di Virginia, Australia, dove avrà luogo il processo.

Dow Jones sostiene che esporre gli editori a casi di diffamazione nei Paesi in cui il materiale viene scaricato e non dove è prodotto, vorrebbe dire restringere la loro libertà di espressione in quanto si sarebbe esposti alle possibili querele di tutto il mondo.

18 organizzazioni che operano in Internet, tra esse AOL Time Warner, Amazon.com, Bloomberg, CNN, Reuters e Yahoo!, hanno sostenuto la tesi di Dow Jones.

L’avvocato di Gutnik in proposito esprime un commento lapidario: “Chi pubblica in più di un posto, è soggetto alla diffamazione in più di un posto”. Egli ha inoltre aggiunto che finalmente sarà stabilito che un giornale pubblicato sul web non è diverso da uno cartaceo. Bisognerà, dunque, stare attenti a quello che si scrive e si sarà consci che se si offende o diffama qualcuno si potrà essere perseguiti dovunque.

La decisione, secondo un noto avvocato, apre la strada ad potenziale flusso di querele non controllabile perché non rispondente ad una legislazione specifica sulla materia, ma alle leggi di qualsiasi Paese raggiunto da Internet. Ciò costringerà gli editori a rivedere completamente le proprie politiche, visto che ci sarà sempre qualcuno, in qualsiasi angolo del mondo che potrà rifarsi al verdetto della corte suprema australiana.