L’Ue ha avviato un’indagine formale per sospetto abuso di posizione dominante nei confronti di Google, di mezzo c’è sempre l’AI
“L’intelligenza artificiale sta apportando innovazioni straordinarie e numerosi vantaggi per le persone e le imprese in tutta Europa, ma questo progresso non può avvenire a scapito dei principi fondamentali delle nostre società”. La Vicepresidente esecutiva e commissaria europea per una Transizione pulita, giusta e competitiva, Teresa Ribera, commenta così la notizia di una nuova indagine dell’Antitrust europea su Google.
L’obiettivo è valutare se la Big Tech abbia violato le norme sulla concorrenza dell’Unione europea (Ue) utilizzando i contenuti di editori web e quelli caricati sulla piattaforma di video-sharing YouTube, “per scopi di intelligenza artificiale” (AI).
L’azione di Bruxelles si concentra sul rischio che il grande motore di ricerca stia distorcendo la concorrenza in questo settore chiave dell’economia digitale: “Stiamo indagando se Google abbia imposto condizioni sleali a editori e creatori di contenuti, ponendo al contempo gli sviluppatori di modelli AI rivali in evidente svantaggio, in violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza”, ha sottolineato Ribera.
La commissaria europea da tempo batte il martello sulla necessità di far rispettare le regole europee in tema digitale, soprattutto da parte delle Big Tech, notoriamente braccio operativo ed economico di Washington, in particolare in questa seconda amministrazione Trump.
Il cuore dell’accusa “AI Overviews” e “AI Mode”: sfruttamento dei contenuti e accesso privilegiato
L’indagine della Commissione verte su due aspetti centrali, che, se provati, potrebbero costituire un abuso di posizione dominante ai sensi dell’Articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU) e dell’Articolo 54 dell’Accordo Spazio Economico Europeo (SEE).
La Commissione teme che Google abbia utilizzato il contenuto degli editori web per alimentare i suoi servizi di AI generativa sulle pagine dei risultati di ricerca, denominati “AI Overviews” e “AI Mode“. AI Overviews mostra riassunti generati dall’AI sopra i risultati organici, mentre AI Mode è una scheda di ricerca conversazionale. L’accusa è che ciò avvenga senza un’adeguata compensazione e senza offrire agli editori la possibilità di rifiutare tale uso, sapendo che molti dipendono da Google Search per il traffico utente e non vogliono rischiare di perderne l’accesso.
L’indagine esamina anche l’uso di video e altri contenuti caricati su YouTube per addestrare i modelli di AI generativa di Google. I creatori di contenuti su YouTube sono obbligati a concedere a Google il permesso di utilizzare i loro dati per scopi diversi, incluso l’addestramento dell’AI, senza ricevere remunerazione e senza la possibilità di opporsi. Allo stesso tempo, le politiche di YouTube precludono agli sviluppatori di AI rivali l’uso di tali contenuti per addestrare i propri modelli, concedendo di fatto a Google un accesso privilegiato.
L’obiettivo dell’indagine è stabilire se l’imposizione di termini e condizioni iniqui o l’auto-concessione di un accesso privilegiato stiano mettendo in una posizione di svantaggio i concorrenti di Google nello sviluppo di modelli di AI.
La reazione di Google e i rischi legali
Un portavoce di Google ha risposto all’indagine, affermando che “questa denuncia rischia di soffocare l’innovazione in un mercato che è più competitivo che mai“. L’azienda ha aggiunto che gli europei “meritano di beneficiare delle ultime tecnologie” e che continuerà a collaborare con le industrie creative e dell’informazione nella transizione all’era dell’AI.
Nonostante l’apertura di un’indagine formale non ne prefiguri l’esito, le conseguenze per Google (controllata da Alphabet) potrebbero essere pesanti. Il passato regolatorio dell’azienda con l’UE è costellato di sanzioni miliardarie. In precedenza, Google è stata multata per quasi 3 miliardi di euro per aver distorto la concorrenza nel settore dell’advertising tecnologico, una decisione che l’azienda aveva definito “sbagliata” e contro cui aveva annunciato ricorso. Altre sanzioni significative includono multe per ostacolare rivali nella pubblicità di ricerca online (poi annullata in un ricorso) e per aver utilizzato il proprio servizio di comparazione prezzi a discapito di rivali europei. Recentemente, a marzo 2024, il garante della concorrenza francese ha multato Google per 250 milioni di euro per violazioni legate alle regole sulla proprietà intellettuale UE nei confronti degli editori media. L’indagine attuale si aggiunge dunque a un quadro di crescente scrutinio regolatorio.
La stretta Ue sulle Big Tech
Questa indagine è parte di una più ampia offensiva della Commissione Europea volta a regolare e limitare il potere delle grandi aziende tecnologiche. L’Ue sta attivamente perseguendo le principali piattaforme digitali – Alphabet (Google), Amazon, Apple, Meta e Microsoft – utilizzando un mix di norme antitrust tradizionali e nuove leggi come il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA).
Le azioni recenti contro le Big Tech sono molteplici:
- Meta è stata oggetto di un’indagine antitrust per l’introduzione di funzionalità di AI su WhatsApp e ha ricevuto multe significative, tra cui una per pratiche abusive a beneficio di Facebook Marketplace e accuse per mancato rispetto del DMA.
- Apple ha affrontato sanzioni (inclusa una multa da 500 milioni di euro sotto il DMA) e indagini per le condizioni dell’App Store, per il suo sistema di pagamenti mobili e ha perso un appello cruciale contro l’ordine di pagare 13 miliardi di euro in tasse arretrate all’Irlanda.
- Microsoft è stata accusata di abbinamento illegale della sua app di chat e video, Teams, con il prodotto Office.
- Anche piattaforme come TikTok e X hanno subito l’intervento della Commissione. TikTok è stata accusata di non aver rispettato gli obblighi del DSA relativi alla trasparenza pubblicitaria e all’accesso ai dati per i ricercatori, mentre X è stata multata per aver violato le regole sui contenuti online previste dal DSA.
Il quadro normativo europeo è dunque estremamente attivo. L’indagine odierna sull’AI evidenzia che la Commissione non solo sta affrontando i problemi storici di monopolio (come nell’adtech e nel confronto prezzi), ma sta anche intervenendo tempestivamente per stabilire le regole di concorrenza nell’ultima frontiera tecnologica, assicurando che l’uso dell’AI non consolidi ulteriormente la posizione dominante dei giganti tecnologici a scapito di editori, creatori e sviluppatori rivali.

