Il caso

Siti sessisti, sul tavolo l’identità digitale obbligatoria per il web. E il ‘modello danese’: copyright su corpo e foto contro i deepfake

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Pioggia di proposte per inasprire le regole contro la diffusione di immagini sessiste online: si va dall'obbligo di identità digitale per navigare e postare online a regole certe per la rimozione e sanzione dei colpevoli. Intanto dalla Danimarca la proposta di legge per difendere con le leggi del diritto d'autore le fattezze del corpo e della voce di ogni cittadino.

Dall’identità digitale obbligatoria per navigare online al modello danese, che prevede la protezione del corpo (fattezze, voce, tutto) con leggi ben precise del copyright. La Danimarca contro i deepfakes pensa di utilizzare l’arma del diritto d’autore per proteggere i connotati di chiunque e difendersi così, in maniera per così dire definitiva, dal rischio. Un esempio da tener presente anche da noi.

Mobilitazione a 360° dell’opinione pubblica e della politica contro l’odioso fenomeno dei siti sessisti, scoperchiato in questi giorni con i casi dei siti Mia Moglie e Phica.net. I portali sono stati chiusi, ma l’eco dello sdegno e dello scandalo non si è affatto placato. Anzi.

Gianluca Regolo (Avvocato esperto di proprietà intellettuale): ‘Le tutele ci sono già. Urgente agire sulle policy delle piattaforme social’

“In Italia non c’è un proposta di legge come quella danese, che in realtà trovo utile ma un po’ populista – ha detto Gianluca Regolo, Avvocato con competenza verticale nell’ambito della proprietà intellettuale – il tema è certamente interessante, ma con le dovute cautele. Tutelare con il copyrirght l’immagine di una persona può avere dei risvolti vantaggiosi se però fatto in maniera coerente con quella che è la tutela effettiva da apportare alla tutela normativa”.

In Italia già all’interno della stessa legge sul diritto d’autore e anche nel codice civile è già prevista una tutela dell’immagine della persona (comprensivo del volto, della voce e di tutti gli elementi riconducibili alla persona): gli articoli di riferimento sono il 96 della Legge sul Diritto d’Autore (L. 633/1941) e il 97 che fissa le eccezioni.   

Quindi, una tutela sul diritto d’immagine della persona già esiste

Qual è quindi l’elemento distintivo della proposta danese? “L’utilità sarebbe quella di fornire alle persone un titolo per agire in maniera più incisiva sulla rimozione delle immagini – aggiunge Regolo – anche sui deepfakes”. In questo modo, l’immagine personale andrebbe tutelata al pari di ogni immagine coperta da diritto d’autore.

Ma per risolvere il problema alla radice, secondo l’esperto, bisognerebbe agire direttamente sui termini, le condizioni e le policy dei vari social network. “al di là dello stratagemma danese, bisognerebbe propendere per un intervento di controllo maggiormente incisivo dei social media  – aggiunge – le immagini delle donne poi modificate erano già tutelate di per sé dagli articoli 96 e 97 della Legge sul Diritto d’Autore, e dall’articolo 10 del codice civile (diritto d’immagine)”. La violazione c’è, ma non viene meno la possibilità di pubblicare questi contenuti. Di per sé è già un illecito da parte delle piattaforme social, che non eseguono un controllo preventivo su quello che pubblichi. La pubblicazione di queste foto sui social è già di per sé un illecito e prevedibili sono ingenti cause di risarcimento danni.

Quello che è auspicabile è un sistema automatico di controllo preventivo da parte dei social network delle immagini, in modo da evitare a priori la pubblicazione di immagini lesive senza dover passare per la loro segnalazione postuma.      

Cosa c’è sul tavolo: Siti sessisti, identità digitale, modello danese

La politica guarda in particolare a sanzioni più severe contro chi pubblica e diffonde immagini senza il consenso delle persone ritratte. In particolare, sul tavolo c’è l’ipotesi di rendere obbligatoria l’identità digitale per chi pubblica contenuti online. Basta anonimato e nickname, quindi.

Un cambiamento che imporrebbe agli utenti di disporre di una CIE o di SPID per accedere e pubblicare sulle piattaforme.

Una carta di identità digitale obbligatoria per muoversi sul web, quindi e la messa al bando contro gli amministratori dei siti in cui si riscontrano minacce, violenze, commenti sessisti, misogini, volgari contro le donne.

E ancora, procedure immediate per oscurare i siti che trasgrediscono dopo le segnalazioni. La reazione dopo l’indignazione per gruppi Facebook come “Mia moglie” e forum come “Phica” è in un pacchetto di iniziative che i partiti vorrebbero mettere in campo.

E ancora, sanzioni chiare per il fenomeno dilagante del cyber ricatto e del revenge porn, con il diritto alla Privacy che dovrà bilanciarsi in maniera conseguente agli altri diritti costituzionali garantiti. Che garanzie ci sono, ad esempio, che un contenuto venga davvero rimosso dal web?  

Anche il Governo in campo

E per voce della ministra per la Famiglia Eugenia Roccella promette a stretto giro misure ad hoc. Che significa? Anzitutto, spiega la ministra, “assumeremo e potenzieremo iniziative specifiche per il monitoraggio di situazioni di questo tipo, la segnalazione alle autorità competenti a cominciare dalla magistratura e l’individuazione degli strumenti più efficaci per il contrario di questa barbarie del terzo millennio”. Ma resta da capire cosa significa in concreto.

Le proposte del Parlamento

Intanto in Parlamento si va, per ora, in ordine sparso in attesa della riapertura fissata per il 10 settembre.

Mara Carfagna, segretaria di Noi moderati, annuncia che è già al lavoro per una proposta di legge “che sanzionerà chiunque utilizza senza consenso le immagini di personaggi pubblici ma soprattutto di comuni cittadine che non hanno strumenti per difendersi”. Forza Italia, con Pierantonio Zanettin, rilancia un ddl per “perseguire penalmente i responsabili dei diversi forum in cui vengono diffusi foto e commenti sessisti e diffamatori ai danni di donne ed anche di colleghe impegnate nell’attività politica”. C’è chi come la presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato, ricorda che un reato già c’è, ed è “gravissimo, il cosiddetto revenge porn, perseguibile su querela di parte, che prevede una pena fino a sei anni di reclusione anche per chi condivide e diffonde le immagini” (clicca qui per vedere la pagina informativa sul revenge porn sul sito del Garante Privacy)

La responsabile Pari Opportunità della Lega, Laura Ravetto, chiede “regolamentazioni serie, strumenti di contrasto efficaci e pene adeguate per chi alimenta queste piattaforme della vergogna”.

Pd e M5s insistono sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole, perché dice la segretaria dem, Elly Schlein, “inasprire le pene non basta, serve un forte investimento sulla prevenzione: il rispetto e il consenso devono prevalere sulla cultura patriarcale che sta alla base della violenza”. Un tema su cui però si registra ancora il muro del centrodestra, che chiede “il consenso informato dei genitori per l’educazione sessuale”.

Alessandra Maiorino, dei pentastellati, aggiunge: “C’è bisogno di divieti veri di accesso a qualunque piattaforma pornografica senza certificazione autentica di identità”.

Identità digitale obbligatoria e ‘modello danese

Tra le vittime del sito “Phica”, l’ex ministra Beatrice Lorenzin, che ha denunciato alla polizia foto e commenti che la riguardano, s’indigna contro “l’anarchia selvaggia che prospera sul web grazie all’anonimato e a un generale senso d’impunita” che “non è più sopportabile” e indica la sua via: “Introdurre l’obbligo di identità digitale sul web e estendere la legge sul revenge porn, includendo l’oscuramento immediato dei siti e dei forum che diffondono immagini senza consenso, nonché l’applicazione di pene adeguate e certe sia per chi gestisce questi spazi online, sia per chi pubblica o condivide tali contenuti”.

Diversa ancora, e visionaria, la proposta di Fiorella Zabatta da Avs: “Le mie proposte per una procedura d’urgenza nazionale per chiudere i canali, la rimozione rapida dei contenuti e il ban per gli amministratori restano il primo passo non negoziabile”, dice. Ma, aggiunge, “è ora di fare un salto di qualità, tutti insieme, senza differenze di partito”: “Una proposta di legge rivoluzionaria, sul modello danese. Che stabilisca che il nostro corpo, i nostri tratti somatici, la nostra voce e le nostre foto siano protetti da una sorta di diritto d’autore personale e inalienabile. La pubblicazione non consensuale deve diventare una violazione diretta di questo diritto, con conseguenze penali ed economiche gravissime”.

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