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6G, il 40% delle domande di brevetto è cinese

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La corsa alla rete 6G vede Cina e Usa appaiate in testa alla classifica dei Paesi che più investono in ricerca e sviluppo. E’ loro più del 75% delle domande di brevetto, mentre l’Europa si piazza dopo il Giappone. La posta in gioco è la leadership sull’innovazione e un mercato mondiale che potrebbe arrivare a valere 9 miliardi di dollari entro il 2030.

Lo studio sui brevetti per il 6G

Le reti di comunicazione di sesta generazione o 6G hanno per il momento un campione ed è la Cina. Secondo uno studio condotto da Nikkei Asia, assieme al Cyber ​​Creative Institute di Tokyo, circa il 40,3% delle domande di brevetto per il 6G provengono dalla Cina, seguita dagli Stati Uniti, con il 35,2%, quindi dal Giappone, con il 9,9%.

L’Europa si piazza al quarto posto, con l’8,9%, mentre la Corea del Sud supera di poco il 4% delle domande di brevetto per la nuova tecnologia.

Lo studio ha preso in considerazione 20.000 domande di brevetto per soluzioni tecnologiche abilitanti il 6G, tra cui infrastrutture di comunicazione, tecnologia quantistica, stazioni radio base e intelligenza artificiale.

Gli standard e il mercato

I primi standard 6G saranno discussi a partire dal 2024, con tavoli di lavoro presieduti dall’Unione internazionale delle telecomunicazioni o ITU, organismo delle Nazioni Unite che si occupa di definire gli standard nelle telecomunicazioni e nell’uso delle onde radio, a cui siederanno organizzazioni industriali di tutto il mondo. E’ qui che Pechino e Washington si confronteranno a lungo.

Concretamente si potrebbero avere i primi standard ufficiali per il 2026 e di conseguenza i primi lanci commerciali tra il 2028 ed il 2030.

La posta in gioco è alta. Secondo un Rapporto di Bis Research, entro il 2030 il mercato mondiale della tecnologia 6G e delle sue applicazioni potrebbe valere 8,8 miliardi di dollari, con la prospettiva di raggiungere ipoteticamente un valore approssimativo di 1.700 miliardi di dollari entro il 2035 (per soluzioni smart city e infrastrutture urbane, salute e veicoli autonomi, industria 4.0 e internet delle cose, comunicazioni M2M, edge & quantum computing, mobile device & networking).

Il 6G in Cina

Le domande di brevetto provenienti dalla Cina sono relative in gran parte alle tecnologie per le infrastrutture mobili, quindi alle base station, che rappresentano una parte della rete necessaria a terra per la copertura in 6G del territorio (l’latra parte è assicurata dai satelliti).

Per il grande Paese asiatico troviamo già delle aziende leader nel settore, tra cui Huawei, che già a fine 2020 deteneva il 12% dei brevetti 5G e controllava il 30% delle base station globali, ma anche State Grid Corporation of China e China Aerospace Science and Technology.

Ricordiamo che a novembre 2020 l’università di Scienza Elettronica e Tecnologia di Cina (UESTC)ha lanciato con successo il primo satellite 6G al mondo e questo nonostante il divieto imposto dagli Stati Uniti.

Pechino di fatto ha inserito il 6G nell’iniziativa “Made in China 2025”, facendone una tecnologia strategica per la crescita e l’innovazione del Paese, anche per la leadership nell’high tech a livello mondiale.

La gara con gli USA

Ovviamente non sarà una cosa facile, perché gli Stati Uniti sono anch’essi in corsa per la leadership tecnologica globale e il 6G è una frontiera ancora aperta a novità e sorprese fino al 2030.

Negli Stati Uniti, l’iniziativa Next G Alliance, che annovera tra i suoi membri Google e Apple, ha illustrato il suo punto di vista sull’era 6G alle porte e Washington ha dato il via libera ai primi test della rete di nuova generazione.

Quando il 6G sarà implementato, le comunicazioni saranno probabilmente integrate con l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e le tecnologie di realtà aumentata. Tra le altre società statunitensi con brevetti relativi al 6G troviamo anche IBM e Microsoft.

Giappone, Europa e Corea in coda

In Giappone la gran parte delle domande di brevetto sono di Nippon Telegraph & Telephone e riguardano principalmente comunicazioni ottiche e reti di infrastrutture mobili nelle aree urbane, comprese le tecnologie per mitigare congestione/ritardi del flusso dati.

Nel vecchio continente, il produttore svedese di apparecchiature per le telecomunicazioni Ericsson e l’Università di Oulu in Finlandia hanno pubblicato white paper sul 6G, mentre l’Unione europea si è impegnata molto nella standardizzazione e nella ricerca, con la creazione dello European Telecommunications Standards Institute o ETSI.

Due gli obiettivi di massima che si imposta Bruxelles: promuovere la sovranità tecnologica europea sul 6G e accelerare la realizzazione e la diffusione della rete 5G, per favorire l’innovazione su vasta scala (il 6G abita altre tecnologie fondamentali) e per accelerare la transizione digitale e verde dell’economia.

In Corea del Sud, infine, Samsung Electronics e LG Electronics hanno già creato centri di sviluppo 6G e il governo di Seoul sta sovvenzionando progetto di ricerca, innovazione e sviluppo dedicato alle reti di sesta generazione.