Internet of things

5G: laboratori di ricerca in tutta Europa. E l’Italia?

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Da Madrid a Dresda, passando per il Surrey: i paesi europei hanno aperto i loro laboratori sul 5G. Intanto la FUB lancia l’idea di un laboratorio italiano all’Iscom

Unire le forze per non perdere il treno del 5G, il nuovo standard di comunicazione wireless che aprirà la strada alla nuova era dell’Internet of Things. E’ questa una delle priorità dichiarate della Commissione Ue nel settore Tlc, ed è per questo che Guenther Oettinger, commissario per l’Economia Digitale, non perde occasione per spingere l’industria europea a muoversi per tempo e all’unisono per lo sviluppo di standard comuni.

5G strategico per la Ue

L’obiettivo di Bruxelles nell’ottica del piano Horizon2020 e degli obiettivi della Agenda Digitale europea è non arrivare impreparati all’appuntamento con i primi servizi commerciali, previsti nel 2020, e rinverdire così i fasti europei dell’era 3G, quando il Vecchio Continente era capofila mondiale nelle comunicazioni mobili.

Oggi la situazione è ben diversa, la Ue non ha più il primato nel 4G e paesi come la Corea del Sud e la Cina – con cui peraltro Oettinger ha siglato un accordo di collaborazione tecnologica – stanno decisamente accelerando nello sviluppo del 5G.

La Ue non può permettersi di perdere tempo prezioso: milioni di oggetti connessi, che cambieranno alla radice il modo di raccogliere e trasmettere dati, aprendo nuovi mercati in ottica M2M.

Di certo c’è bisogno di nuove frequenze, per sostenere un traffico che aumenterà in maniera esponenziale. Le nuove applicazioni riguarderanno fra l’altro l’eHealth, il settore emergente delle auto connesse, la comunicazione M2M di sensori nel settore energetico e industriale.

Secondo stime dell’ultimo Mobility Report di Ericsson, saranno 150 milioni le sottoscrizioni 5G a fine 2021, mentre le prime reti commerciali di TeliaSonera saranno attive a Stoccolma e Tallin già nel 2018.

Non più tardi di qualche giorno fa TIM ha concluso una sperimentazione 5G nel suo laboratorio di Torino.

Da Madrid a Dresda, laboratori già attivi in Europa

Ma come si stanno muovendo i paesi europei sul fronte della ricerca?

Molti non sono stati con le mani in mano, e hanno aperto laboratori di ricerca frutto di collaborazioni pubblico-privato dove testare e sperimentare nuove soluzioni, elaborare nuovi prodotti e servizi.

Ultimo in ordine di tempo è il laboratorio per lo sviluppo del 5G aperto a Madrid alla fine del 2015, battezzato 5TONIC, frutto della collaborazione fra Telefonica, Ministero dell’Industria, Turismo ed Energia, il ministero dell’Istruzione della Regione di Madrid, Imdea Networks, Ericsson e l’AMETIC (l’associazione che rappresenta l’industria dell’Elettronica, IT, Telecomunicazioni e Contenuti digitali).

In Germania un’iniziativa analoga è stata avviata ormai nel settembre del 2014 all’Università di Dresda al 5G Lab Germany e al quale partecipano partner pubblici e privati, fra cui Deutsche Telekom, Vodafone e Ericsson.

Nel Regno Unito il 5G Innovation Centre presso l’Università del Surrey è stato formalmente aperto a settembre del 2015, coinvolgendo fra gli altri Huawei, mentre iniziative analoghe sono attive fra le altre in Francia, Svezia, Irlanda, Finlandia, Danimarca e Norvegia.

E in Italia?

L’idea di replicare quanto avvenuto in Spagna è stata lanciata a dicembre da Alessandro Luciano, presidente della Fondazione Ugo Bordoni (FUB), in occasione della relazione annuale. L’idea è quella di lanciare in tempi stretti un laboratorio 5G italiano presso i laboratori dell’Iscom (Istituto superiore delle Comunicazioni e delle tecnologie) del Mise.

Il nostro paese non può permettersi di restare indietro, soprattutto in vista della partecipazione ai tavoli internazionali dove siamo chiamati a partecipare per l’elaborazione di una strategia comune a livello comunitario per lo sviluppo del 5G.