Spettro radio

5G e limiti elettromagnetici. Tutto quello che non si dice sulla misurazione dell’elettrosmog

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Le telco gestiscono le misurazioni delle emissioni in ottica di accaparramento dell’uso dei ripetitori. Così a rischio la realizzazione del 5G e i fondi del Pnrr.

Perché innalzare i limiti elettromagnetici in vigore in Italia, adeguandoli alla media Ue, sembra una mission impossible? Da anni se ne parla, gli operatori si lamentano del fatto che nel nostro paese ci sono i limiti più bassi d’Europa, pari a 6 v/m   a fronte della media di 61 v/m in vigore nella Ue. Ma al momento del dunque non si riesce mai a trovare la quadra e i soggetti che devono prendere la decisione di innalzare i limiti italiani rimandano sine die la firma. Mimit (ex Mise), Ministero della Salute e Ministero dell’Ambiente (Mase, ex Mite da cui dipendono le Arpa regionali) non trovano mai la quadra.

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5G e limiti elettromagnetici: innalzamento stralciato dal Ddl Concorrenza

Così è accaduto anche in questi giorni, con la misura dell’innalzamento dei limiti stralciata dalla bozza del Ddl Concorrenza attualmente in discussione. Non è la prima volta che la misura compare e poi scompare da qualche provvedimento in discussione. Se ne riparlerà, forse, in qualche altra occasione. Questa volta pare che vi sia una spaccatura nella maggioranza, con la Lega del ministro Giancarlo Giorgetti contraria, così come già accaduto con il ministro Vittorio Colao del Governo Draghi.

Ma dietro questa situazione di tabù nei confronti dell’innalzamento, che di fatto perpetua lo status quo del trattamento dello spettro radio in Italia, c’è anche molto altro.

Cosa c’è dietro?

C’è una situazione quanto meno nebulosa nell’etere del nostro paese. Gli impianti esistenti sono davvero saturi? Le misurazioni a livello nazionale sono uniformi e standardizzate? Non pare che sia così. Al contrario, la situazione è molto ingarbugliata. A partire dalla durata dei tempi di misurazione delle emissioni, che in Italia sono spalmati sulle 24 ore mentre in Europa avvengono in un lasso di 15 minuti. E’ una cosa che cambia i risultati delle misurazioni nel nostro paese e nasce dal fatto che le norme parlano di alcuni valori, a partire dai famosi 6 v/m che devono essere rispettati in zone dove c’è la permanenza di almeno 4 ore. Mentre le misure, normalmente, sono fatte su 6 minuti e quindi fu introdotta nel 2012 questa media, che poi arrivò a 24 ore, proprio perché così gli operatori potevano abbassare i valori di picco rispetto ai valori medi. Questo perché i valori di picco possono magari anche superare i 6 v/m, ma se si fa una media spalmata su 24 ore non si superano mai.

5G e limiti elettromagnetici. La ‘furbata’ degli operatori: valori nominali e non effettivi

Però, al di là di questa questione tecnica, c’è una questione legata al fatto che c’è una ‘furbata’ da parte degli operatori, nel senso che quando gli operatori vanno nelle regioni trovano le Arpa (Agenzia Regionale Protezione dell’Ambiente), che devono dare l’autorizzazione alle emissioni, basata normalmente sui valori di emissione nominali, dichiarati dagli operatori stessi. E gli operatori fanno una furbata: non dichiarano mai il valore effettivo, che adoperano realmente. Ma per accaparrarsi dello spazio elettromagnetico (della potenza di emissione ndr) si prendono tutte le potenze che possono arrivare fino a non sforare il limite massimo di 6 v/m. Ad esempio, anche se stanno trasmettendo alla potenza di 10 watt, dichiarano magari 30 watt perché così nessun altro competitor può salire su quel tetto, dove si trova l’impianto di trasmissione. E così si prendono tutto, si accaparrano la capacità trasmissiva.

Antitrust, criticità concorrenziali nell’uso dello spazio elettromagnetico

Sulla questione si è espressa anche l’AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza del Mercato), sottolineando che questo è un comportamento scorretto. Un comportamento del quale gli operatori non parlano mai. Chi ha fatto le spese di questo fenomeno di accaparramento dello spazio elettromagnetico è stata Iliad, il quarto operatore che al suo arrivo in Italia si è ritrovato tutto lo spettro murato dappertutto, ha fatto delle iniziative Antitrust, che le ha dato anche ragione ad esempio in Lombardia, per ottenere spazio su impianti dichiarati saturi dai concorrenti quando in realtà non lo erano.

Scarica il parere dell’Antitrust in PDF

Antitrust: 5G e fondi Pnrr a rischio senza concorrenza e riordino dello spazio elettromagnetico

In altre parole, questo secondo effetto è che quando tu vai a misurare i valori di campo, ad esempio su un tetto, anche se formalmente quel tetto risulta saturo, perché è stato autorizzato 6 v/m, poi magari vai a misurare e trovi come risultato 1 v/m oppure 1,5 v/m o al massimo 2 v/m perché il resto è tutto accaparramento di spazio elettromagnetico. In realtà, ci sarebbe molto più spazio inutilizzato da usare.

In un parere del 31 marzo 2022, l’Agcm scriveva nero su bianco che “l’Autorità intende nuovamente evidenziare la necessità di superare le numerose criticità di natura concorrenziale riscontrate nell’ambito dell’impiego e dell’amministrazione di una risorsa scarsa, quale è lo spazio elettromagnetico”, si legge.  

A tal fine, l’Autorità rileva “l’improrogabile necessità che i soggetti istituzionali all’uopo preposti adottino modelli di verifica dei limiti alle emissioni elettromagnetiche più efficienti, al fine di garantire un level playing field tra operatori di telecomunicazioni e lo sviluppo di una effettiva concorrenza dinamica sui mercati delle comunicazioni mobili”. A rischio, secondo l’Agcm, ci sono gli obiettivi del “Piano 5G Italia” nonché le risorse stanziate dal Pnrr per consentire “un significativo salto di qualità della connettività radiomobile”. L’Agcm raccomanda poi da un lato l’adeguamento dei limiti di emissione in vigore in Italia, ma anche “la validità degli standard di misurazione, alla luce delle nuove tecnologie e dei nuovi strumenti in via di adozione”. C’è poi l’esortazione a mettere le Arpa regionali in condizione di “intervenire rivedendo le autorizzazioni già concesse agli operatori storici, laddove si riscontri il raggiungimento, anche solo teorico, dei tetti emissivi” contro la cristallizzazione del mercato “da ritenersi non più sostenibile in vista dell’implementazione del 5G”.

Arpa Piemonte e Arpa Friuli Venezia Giulia benchmark da seguire

In sintesi, l’Agcm auspica più poteri per le Arpa allo scopo di realizzare un catasto delle emissioni basato su valori reali e non potenziali che, in quanto tali, consentano una corretta allocazione dello spazio elettromagnetico, in base alla norma CEI 211-10. Le esperienze virtuose dell’Arpa Piemonte e dell’Arpa Friuli Venezia Giulia possono efficacemente rappresentare un benchmark, secondo l’Autorità, in tema di gestione dello spazio elettromagnetico e potenziale saturazione dello stesso tramite un catasto dinamico.  

5G e limiti elettromagnetici. Mancato accordo fra Mimit, Salute e Ambiente

E allora, quando il Ministero dello Sviluppo Economico, oggi Mimit, si siede al tavolo e dice “aumentiamo i limiti”, al di là del fatto che il ministro Giorgetti non vuole, però il Ministero dell’Ambiente, oggi Mite, risponde “ma perché vuoi aumentare i limiti? Che bisogno c’è? Noi misuriamo e misuriamo 1,5 v/m. Non è che misuriamo 7 v/m. Che bisogno c’è di aumentare il limite di 6 v/m? Perché aumentare i limiti se le Arpa ci dicono che siamo lontanissimi dai limiti? Che bisogno c’è?”. Ma dietro c’è questa storia dell’accaparramento. E allora quando il Politecnico di Milano, Asstel e gli operatori dicono che lo spazio elettromagnetico è tutto saturo si riferiscono ai valori inclusivi dell’accaparramento. Anche il Ministero della Salute, dal canto suo, è contrario all’innalzamento dei limiti. In primo luogo, perché sono scelte impopolari.

Quello che bisognerebbe fare è dare trasparenza a questa situazione, chiarire una volta per tutte qual è la situazione reale dello spettro radio nel nostro paese. Magari con un censimento degli impianti e la misurazione ex novo di tutte le emissioni effettive, che generalmente sono molto lontane dai limiti di 6 v/m per difetto. Altrimenti, quando si aumenteranno i limiti, sarà di nuovo una corsa a chi si accaparra prima lo spazio elettromagnetico, come oggi.  

E’ anche per questo che ministero della Salute e dell’Ambiente non si fidano degli operatori, perché sanno che c’è questa questione dell’accaparramento che alla fine è un’arma commerciale. Se ti accaparri tutta la potenza disponibile, arriva il nuovo operatore e non trova spazio. Ma si tratta di una tecnica concorrenziale scorretta di cui nessun operatore storico vuole parlare.