La questione dei limiti

5G, salta ancora l’innalzamento dei limiti elettromagnetici. Interrogazione al Mimit

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Esce dalla bozza del Ddl Concorrenza la proposta di innalzare i limiti elettromagnetici. Interrogazione del senatore Matteo Gelmetti al Mimit.

La questione dell’innalzamento dei limiti di emissione elettromagnetica, sollevata dagli operatori in più occasioni, sarebbe tornata di attualità proprio nella messa a punto del disegno di legge Concorrenza e, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe entrata e poi uscita dal testo. A pesare sarebbe stato il parere negativo della Lega, contraria – soprattutto a livello locale – ad alzare gli attuali parametri.

Oggi il Sole 24 Ore conferma che la questione dell’innalzamento dei limiti, che in Italia sono i più severi e rigidi d’Europa, è uscita dalla bozza del Ddl Concorrenza.

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Soggetti coinvolti

Una questione annosa, che dura da anni e che pesa non poco sulla diffusione del 5G nel nostro paese. C’è da dire che per innalzare i limiti è necessario raggiungere un accordo fra tre ministeri (Mimit, Salute e Ambiente, quest’ultimo titolare dei rapporti con le Arpa regionali) nonché aspetti di antitrust. Insomma, non è affatto semplice intervenire e senza l’accordo di diversi enti non si va da nessuna parte.

Detto questo, di certo il tema è all’attenzione del Governo. Lo dimostra anche l’interrogazione rivolta ormai più di un mese fa, pubblicata il 22 febbaio scorso, al ministro del Mimit Adolfo Urso da parte del senatore di FdI Matteo Gelmetti. Di seguito il testo integrale, che non specifica però nel dettaglio di quanto si vogliano innalzare i limiti in Italia, che sono di 6 v/m a fronte di una media di 61 v/m a livello europeo.

L’interrogazione

“Premesso che:

in Italia i limiti di campo elettromagnetico (CEM) a cui sono sottoposte le stazioni radio base sono molto più stringenti rispetto a quelli vigenti negli altri Paesi dell’Unione europea. Rispetto a quanto indicato nella raccomandazione 1999/519/CE, adottata dai principali Paesi europei, tra cui Germania, Francia e Spagna, la normativa italiana di riferimento (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, successivamente modificato dal decreto-legge n. 179 del 2012) ha applicato ai valori internazionali di campo elettrico un ulteriore fattore di riduzione precauzionale di circa 5.000 volte inferiore rispetto ai valori di soglia minimi. Quindi in Italia i limiti sono 100 volte più bassi, in termini di densità di potenza (0,1 watt a metro quadro), rispetto a quelli previsti dalla raccomandazione europea e vigenti nei principali Paesi UE (10 watt a metro quadro);

gli attuali limiti di campo elettromagnetico provocano notevoli difficoltà di implementazione delle reti mobili a banda ultralarga. L’ultima rilevazione del 2021 di Infratel ha mostrato che solo il 7,3 per cento del territorio nazionale è coperto con 5G standalone, unica tecnologia che permette di raggiungere le prestazioni assicurate dalle reti mobili di quinta generazione. Nella pratica, i limiti vigenti si sostanziano spesso nell’impossibilità di condividere infrastrutture tra più operatori, in quanto il rischio di superamento è, ad oggi, molto concreto, in particolare nelle città, determinando la necessità di molte nuove infrastrutture con consumi aggiuntivi di energia elettrica e quindi maggiori quantità di anidride carbonica emessa e maggiore consumo di suolo e di materiali;

secondo uno studio del 2019, condotto da Politecnico di Milano e CNR, la prospettiva di sviluppare le reti 5G contando solo sui siti espandibili (circa 17.000 su 45.000) e sottostando agli attuali limiti di campo elettromagnetico sarebbe estremamente condizionante poiché si creerebbero dei buchi di copertura che renderebbero impossibile abilitare quei prodotti e servizi che richiedono continuità di copertura outdoor e indoor di buona qualità. Anche la possibilità di riconfigurazione dei siti esistenti o di costruire nuovi siti appare un’opzione connotata da molte difficoltà. Si tratta di un’opzione estremamente costosa, in termini sia economici che temporali; il Politecnico stima in poco meno di 4 miliardi di euro l’incremento di investimenti richiesto agli operatori rispetto al caso dei limiti armonizzati;

i limiti all’emissione elettromagnetica definiti dalla comunità scientifica internazionale (linee guida ICNIRP, International commision on non-ionizing radiation protection), a cui si è ispirata la raccomandazione europea del 1999, assicurano che i dosaggi e i tempi di esposizione a tale agente siano sicuri per la salute umana;

l’ICNIRP ha pubblicato nel marzo 2020 una revisione delle linee guida per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici per le frequenze da 10 hertz a 300 gigahertz; tale revisione conferma le raccomandazioni sui livelli massimi di esposizione ritenuti adeguati alla tutela della salute e specifica che tale conclusione non riguarda solo gli effetti termici ma è valida per tutti gli effetti ipotizzati e studiati sino ad oggi;

considerato che l’adeguamento dei limiti di campo elettromagnetico (misura per di più a costo zero per le casse dello Stato) è quindi fondamentale per lo sviluppo delle reti di quinta generazione, in linea con gli obiettivi del PNRR, che rappresentano una leva per la crescita economica del sistema Paese; secondo la ricerca di Ernest Young “Il settore Telco in Italia: assetto normativo e analisi di impatto”, uno slittamento di 12-18 mesi nello sviluppo del 5G in Italia determinerebbe una contrazione del mercato interno tra 2,9 e 4,3 miliardi di euro,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda adottare iniziative normative volte ad armonizzare, anche parzialmente, gli attuali limiti elettromagnetici per favorire nuove opportunità di sviluppo e di futuro, contribuendo, in maniera determinante, anche al raggiungimento degli obiettivi del PNRR ed in generale alla transizione digitale del Paese”.

Metodo di misurazione diverso in Italia

In Italia, tra le altre cose, c’è un metodo di misurazione dei limiti diverso dal resto d’Europa. E’ chiaro che in questo modo i limiti misurati a casa nostra non sono comparabili con quelli di altri paesi. L’Italia misura l’inquinamento elettromagnetico sulla media delle 24 ore, mentre gli altri paesi su una media di 15 minuti. La media sulle 24 ore dà risultati più bassi. Ad esempio, un valore massimo sui 15 minuti di 4,08 v/m diluito sulle 24 ore come in Italia può essere più basso perché spalmato su più tempo.

Perché in Italia si misurano i limiti in maniera diversa?