La proposta

5G, Bassanini (Open Fiber) ‘Conviene che la rete la faccia uno per tutti’

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Il presidente di Open Fiber propone il modello wholesale anche per il 5G, con la realizzazione di un’unica rete aperta agli operatori retail. Sulle voci di integrazione con la rete Tim passa la palla agli azionisti Cdp e Enel.

“Gli operatori di servizi ci dicono che conviene che la rete 5G la faccia uno per tutti e la metta a disposizione senza essere concorrente sul mercato retail”. Lo ha detto oggi il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, a margine dell’EY Digital Summit in corso a Capri, che da tempo sostiene l’importanza della fibra ottica come backbone fondamentale per la realizzazione del 5G.

No comment su scorporo rete Tim

Bassanini, invece, non ha commentato le ipotesi circolanti in merito all’integrazione della rete Tim con quella di Open Fiber, in particolare in relazione a quanto detto oggi dall’amministratore delegato di Vivendi e presidente di Tim Arnaud de Puyfontaine, che non ha pregiudizi su uno spin-off dell’infrastruttura: “Non è questione che riguarda un amministratore di Open Fiber: siamo competitori in un mercato aperto. Eventuali contatti – ha detto – spettano agli azionisti, non agli amministratori. Noi facciamo la nostra parte e abbiamo il nostro piano industriale”.

Aree bianche

Per quanto riguarda i ritardi nell’apertura dei cantieri per la banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato (Open Fiber si è aggiudicata due bandi Infratel nelle aree bianche, in attesa del terzo bando attualmente in consultazione) Bassanini ha puntato il dito sulle lungaggini della burocrazia. “Fa benissimo Calenda a sottolineare che il Governo deve monitorare, ma il monitoraggio non riguarda solo Open Fiber ma le varie amministrazioni che devono cooperare con il piano del Governo e non mettere i bastoni fra le ruote”.

“Siamo in attesa delle ultime autorizzazioni comunali, alcuni cantieri sono partiti – ha aggiunto Bassanini – ma è poca roba perché siamo in attesa delle autorizzazioni” e “le burocrazie sono sempre un problema”.

 

5G, criteri di gara attesi in legge di Bilancio

Per quanto riguarda il 5G, resta da capire quali frequenze saranno messe all’asta il prossimo anno dal Governo. Tanto più che secondo voci circolate nei mesi scorsi la stima di incassi dalla gara si aggira intorno ai 2 miliardi di euro per le casse dello Stato (l’asta per i 700 Mhz in Francia e Germania c’è già stata). Se ne saprà di più con la legge di Bilancio, che sarà presentato il 20 ottobre prossimo e che dovrebbe contenere i dettagli e i criteri della prossima gara per l’assegnazione delle frequenze.

Le porzioni di spettro che potrebbero andare a gara si trovano presumibilmente in banda 3.6-3.8 Ghz (200 Mhz in tutto, la stessa porzione di spettro usata nelle 5 città italiane dove sono partiti i test del 5G).

Gli operatori stanno attendendo di verificare di che dimensioni saranno i lotti messi a gara, tanto più che i 200 Mhz di spettro in banda 3.6-3.8 Ghz sembrano una porzione piuttosto esigua per avviare il 5G nel nostro paese. Tanto più che secondo l’International Telecommunication Union (ITU), l’organismo dell’Onu che si occupa delle politiche internazionali sullo spettro, ogni operatore dovrà poter contare su almeno 100 Mhz di banda contigua per rispondere ai requisiti di velocità e latenza molto più stringenti (nell’ordine del millisecondo) sottesi al nuovo standard di comunicazione. Di fatto, se a gara andasse soltanto la banda 3-6-3.8 Ghz, solo due operatori potrebbero garantirsi 100 Mhz di spettro contigui previsti dall’ITU e gli altri resterebbero a mani vuote.

700 Mhz e telco

Per quanto riguarda le altre bande “pioniere” del 5G, i 700 Mhz sono certamente i più ambiti e di pregio, ma nel nostro paese sono ancora occupati dai broadcaster televisivi per la trasmissione del digitale terrestre (con il benestare di operatori Tlc e broadcaster). E’ vero che il nostro paese sta chiudendo gli accordi di coordinamento internazionale sulle frequenze, mettendo la parola fine all’annoso problema delle interferenze – già chiuso l’accordo con la Francia, imminente quello con i paesi che si affacciano sull’Adriatico – ma il passaggio dei 700 Mhz dalle tv alla banda larga mobile in Italia non è previsto prima del 2022. Difficile immaginare già l’anno prossimo una gara per i 700 Mhz al 5G.

Gli operatori sarebbero disposti ad acquistare porzioni di spettro ancora “occupate” dai broadcaster?

Tanto più che le telco non più tardi dello scorso anno hanno sostenuto un esborso di 1,8 miliardi di euro per il rinnovo ventennale delle licenze sui 900 e 1800 Mhz.

Ancora da chiarire, inoltre, il ruolo di altre bande di spettro adatte per il 5G, come la banda 3.5 Ghz, occupata fino al 2023 da altri operatori per il Fixed Wireless (Tiscali e Linkem). Un’altra porzione di spettro “pioniera” per il 5G è quella compresa fra 26-28 Ghz.