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Una Pa moderna? Trasparente, digitale e tracciabile. La parola d’ordine è: semplificare

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La trasparenza su eventi, persone, comportamenti, istituzioni per sua natura deve permettere la conoscenza del “tracciato” delle decisioni e dei comportamenti. Il tracciamento non può che essere oggi digitale per avere il massimo del tracciamento.

“Trasparente” e “tracciabile”: due termini che non possono essere separati. La trasparenza su eventi, persone, comportamenti, istituzioni per sua natura deve permettere la conoscenza del “tracciato” delle decisioni e dei comportamenti. Il tracciamento non può che essere oggi digitale per avere il massimo del tracciamento.

Per avere un tracciamento digitale per la trasparenza è necessario “ripulire” la catena delle regole, delle decisioni, dei procedimenti, dei comportamenti; per ripulire è inevitabilmente necessario “semplificare” regole, tracciati, comportamenti, prassi, procedure, procedimenti, ecc.

Regole sulla trasparenza che generano opacità

Il legislatore ha prodotto diverse norme sulla trasparenza spinto (come al solito) da esigenze di urgenza e per combattere la corruzione. Le norme sulla trasparenza dovrebbero essere scritte, approvate ed applicate in condizioni “normali”: la trasparenza è la condizione “naturale” delle pubbliche istituzioni e dell’amministrazione pubblica. La trasparenza non è (non può essere) condizione eccezionale, generata dal “penale”, ma corrisponde alla essenza della democrazia: questa è (deve essere) per natura “trasparente”. La regolamentazione sulla trasparenza per sua natura dovrebbe seguire il principio della facile conoscibilità (totale conoscibilità) dell’operato dei pubblici decisori: cosa hanno deciso delle e con le risorse pubbliche, le finalità, come hanno deciso, per fare cosa, in favore di chi, ecc. E come garantire la trasparenza sull’operato delle istituzioni pubbliche, degli organi politici, della burocrazia, dei dirigenti, dei dipendenti, ecc.

La regolazione sulla trasparenza esiste; il dlgs 33/2013 è una norma generata dall’ urgenza, dalla necessità di contrastare il processo di corruzione nelle pubbliche amministrazioni; si è incagliata e complicata su decreti, circolari, sofisticate distinzioni sui diversi tipi di accesso.

La regolazione sull’accesso (e quindi sulla trasparenza)  non è “trasparente”.

E per complicare il tutto ci si metterà poi la “giurisprudenza” delle diverse corti e la “dottrina” si arrampicherà per le alte vette dell’analisi puntigliosa sulla trasparenza (e più ancora) sull’accesso. E tutti sono consapevoli che questa totale complicazione servirà a creare nebbia, fumo, oscurità, pochissima trasparenza reale. Accesso ridotto, complicato, opaco. Democrazia?

Semplificare –  non semplificare: possiamo scegliere?

Da trenta anni (1990) si è scelto di non semplificare. Oggi (2020) possiamo “solo” scegliere di semplificare. Una catena decisionale; un procedimento amministrativo, una procedura gestionale, il sistema documentale, la modulistica, la durata delle attività, ecc.: tutto è soggetto ad un intervento di semplificazione anche perché il legislatore ha stabilito di “fare qualcosa” (con una norma) ma non ha stabilito (per fortuna) “come fare”. I margini di semplificazione sono quindi ampi e sono fondati da alcune norme che mi limito solo a ricordare: semplificare i rapporti tra burocrazia e cittadini (legge 241/90 e sm); decertificazione totale (art. 15, legge 183/2011; art. 15 del Codice dell’amministrazione digitale (riorganizzazione e digitalizzazione); da ultimo il DL 76/2020 ( Norme sulla semplificazione e digitalizzazione).

Quale è la situazione amministrativa a seguito di queste norme di semplificazione, riorganizzazione, digitalizzazione? Basta recarsi “per curiosità” o “per necessità amministrativa” presso un comune, una provincia, una regione, un ministero, una scuola, per rendersi “direttamente” conto della situazione: carte dovunque, sempre carte, fortissimamente carte con una spolverata di automazione. Anagrafiche e codici fiscali che sono registrati migliaia di volte per lo stesso cittadino; procedure semi automatizzate ma mai semplificate. Provate a trovare un elenco aggiornato di procedimenti amministrativi sul sito con la indicazione di tempi, di come fare per presentare una istanza per ottenere una risposta, una decisione, una risposta formale.  Abbiamo perso tante occasioni per semplificare il rapporto tra burocrazia e cittadini/imprese. E non siamo riusciti a “saldare” il rapporto tra riorganizzazione, semplificazione, digitalizzazione. Un fallimento totale: da sempre, anche durante il covid-19 ed anche dopo il covid. Infatti, dopo l’urgenza si ritornerà alla “normalità” (a come eravamo).

DL 76/2020: l’ultimo tentativo di semplificazione!?

E’ una norma finalizzata a semplificare in ambito covid-19. Cosa significa: che dopo il covid-19 la semplificazione sarà eliminata? Ma quella del DL 76/2020 è una vera semplificazione?

Qualche considerazione in merito.

Se consideriamo le “semplificazioni” in merito ai contratti pubblici (appalti) l’operazione effettuata (facilitata dalla “deroga” rispetto alla vigente normativa) è stata quella di diversificare i “livelli” di appalti e riducendo apparentemente i tempi di appalto. A legislazione vigente gli appalti si possono effettuare in modalità e tempi ragionevoli se gli appalti sono programmati, pianificati, gestiti in modo manageriale. Lo spostamento dei livelli di appalto da soli non porteranno a risultati significativi; le condizioni per fare appalti utili e non sprecare risorse pubbliche sono sempre le stesse: copertura finanziaria, catena decisionale intelligente, programmazione completa, trasparenza negli appalti, tracciamento delle operazioni contrattuale e di appalto, ecc. Un appalto è senza dubbio un contratto pubblico (aspetto giuridico) ma è anche una modalità “intelligente” di gestione di risorse e di progetti (questa modalità deve essere solo manageriale, responsabile, accorta, totalmente digitale, ecc.). Abbiamo manager di contratti/appalti in giro? Abbiamo gestioni non solo formalistiche di appalti pubblici? Come sono pianificati gli appalti? Sui siti web delle amministrazioni è facile seguire l’andamento di un appalto (in tutta la filiera delle attività)? Oppure un contratto pubblico e/o un appalto è solo un “insieme di pratiche”, una questione interna alle amministrazioni?

L’agenda per la semplificazione  

L’art. 15 del DL 76/2020,  riprendendo l’agenda per la semplificazione istituita con l’art. 24 del DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014), apporta delle modifiche e stabilisce: “Entro centocinquanta giorni dalla  data  di  entrata in vigore della presente disposizione, lo Stato, le Regioni e le autonomie  locali, sentiti le associazioni imprenditoriali, gli ordini e le associazioni  professionali, completano la ricognizione dei procedimenti amministrativi… 1-ter. Gli esiti della ricognizione sono trasmessi  al  Presidente del  Consiglio dei ministri e al Ministro per la pubblica amministrazione, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, all’ Unione delle province d’Italia e all’Associazione nazionale dei comuni italiani […]”.

Cosa succederà dopo la ricognizione? Non è dato sapere.

Cosa fare?

Sempre senza produrre nuove norme ma operando per cose utili, necessarie, funzionali, poco (quasi niente) costose:

a) avviare da subito la formazione di profili professionali nelle pubbliche amministrazioni per programmare, pianificare, progettare, coordinare e gestire in modalità manageriale e digitale i contratti e gli appalti pubblici; negli ultimi 25 anni sono stati formai pochissimi dipendenti pubblici e certamente non sono stati formati per competenze avanzate; ed oggi abbiamo bisogno di tali profili per utilizzare i fondi comunitari e nazionali ancora non spesi (siamo incapaci di progettare e realizzare progetti); e sarà ancora più difficile progettare e gestione i fondi del Recovery fund);

b) nella logica della “comunità di pratiche” (anche a seguito della ricognizione di cui al DL 76/2020) intervenire subito per es. su comuni (sono 8000) o sulle scuole (sono oltre 20.000) per semplificare a livello centrale i procedimenti/procedure di base comuni a tutti gli enti interessati; una semplificazione (una tantum)  per tutti;

c) gli enti possono procedere a semplificare qualsiasi attività in quanto il legislatore per fortuna ha stabilito cosa fare (norma) ma non “come”; quindi la dirigenza e gli apicali degli uffici hanno l’autonomia e l’obbligo di semplificare;

d) a seguito della semplificazione i dirigenti e gli apicali degli uffici hanno l’obbligo di digitalizzare quanto semplificato (art. 15 Codice dell’amministrazione digitale);

e) pubblicare sui siti degli enti (per i cittadini, le imprese, i portatori di interessi generali) il processo di semplificazione, il suo iter, i risultati, i tempi di razionalizzazione delle attività, ecc.

Per approfondire