Il quadro

Tim, Elliott smentisce voci di disimpegno. Ma resta il nodo rete unica

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Il fondo Elliott spegne le voci di un suo possibile disimpegno dal gruppo dopo la riduzione delle quote dal 7,1% al 5,1%. Ma i diritti di voto si limitano allo 0,265%.

Il fondo Elliott, azionista di Telecom Italia, spegne le voci di un suo possibile disimpegno dal gruppo. Voci emerse dopo la cessione di quote resa nota giovedì scorso dalla Consob. Oggi il fondo speculativo statunitense ha fatto sapere che “Le modifiche alle allocazioni di capitale non vengono apportate da Elliott al fine di inviare messaggi velati ad alcuna parte” come un quotidiano nazionale suggerisce in un articolo di ieri, “bensì si basano sulla generazione di rendimenti per gli investitori di Elliott, come è pienamente apprezzato da tutti i principali stakeholder”, ha detto un protavoce. Le dichiarazioni pubblicate dal quotidiano (La Stampa ndr), che tra l’altro legavano future scelte del fondo alle decisioni del governo sulla rete di Tim, “riguardanti decisioni di investimento di Elliott” sono “categoricamente false”, aggiunge il fondo.

Paul Singer riduce partecipazione allo 0,265% dei diritti di voto

Paul Singer, fondatore del fondo Elliot, ha ridotto la sua partecipazione nel capitale di Tim allo 0,265% dal precedente 6,97%. E’ quanto emerge dalle comunicazioni alla Consob sulle partecipazioni rilevanti, che segnalano un’operazione in data 28 aprile. Lo stesso giorno Singer ha costruito una posizione lunga sul 4,862% del capitale con regolamento in contanti e scadenza 30 maggio 2023. Formalmente, a Singer fa capo quindi complessivamente il 5,127% del capitale, detenuto attraverso Elliot International, Elliot Associates LP e The Liverpool Limited Partnership. I diritti di voto, tuttavia, si limitano allo 0,265%.

E dire che due anni fa il fondo americano aveva una quota vicino al 9% e aveva ingaggiato e vinto in alleanza con Cdp un duello serrato con Vivendi per il controllo dell’azienda.

Ritardi rete unica

Secondo fonti vicine al fondo Elliott citate da La Stampa, Elliott sarebbe spazientito dai ritardi del progetto di creazione della rete unica mediante integrazione con Open Fiber. Enel, azionista di riferimento di Open Fiber sembra avere idee diverse su come effettuare la combinazione. Elliott ha recentemente ridotto la propria esposizione su Telecom dal 7,1% al 5,1%: secondo alcuni potrebbe essere un messaggio al governo per spingerlo ad accelerare i tempi ed evitare il ritorno sul ponte di comando di Vivendi. I francesi restano i principali azionisti di Telecom per quanto in minoranza con il 23,9%.Secondo fonti vicine al fondo Elliott, i segnali positivi per l’azienda ci sono, come la risoluzione del problema di governance, l’operazione Inwit e il ritorno al dividendo. Resta aperto solo il problema della rete unica.

Muro contro muro

La distanza fra le parti si è vista ancora una volta ieri, in occasione dell’audizione di Tim e Open Fiber in Senato sul recepimento del Nuovo codice delle comunicazioni elettroniche. Da una parte il presidente di Open Fiber Franco Bassanini ha ribadito la bontà del modello di operatore wholesale only.  “In termini di sicurezza la presenza dello Stato nell’infrastruttura di tlc può certamente aiutare”ha detto Bassanini, richiamando l’indicazione di due anni fa del legislatore che aveva auspicato, a larghissima maggioranza, una rete pubblica che fornisse solo servizi wholesale e non fosse verticalmente integrata.