SosTech

Sonos, Spotify e gli altri. Come cambia la musica digitale

di |

In quattro diversi ambiti dell’agire umano – l’umore, la salute, le relazioni e la produttività – ascoltare musica ha effetti positivi: il digitale e i nuovi device hanno amplificato ulteriormente il rapporto tra noi e la musica, cambiando modalità di ascolto e gusti.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

D’accordo, è facile sospettare della fonte: non può davvero stupire che Sonos, uno dei marchi più noti per l’hardware audio wireless – da qualche mese anche con supporto per Alexa, l’assist di Amazon – sostenga che la musica faccia stare benissimo. Per dirlo, però, si basa sul Brilliant Sound Survey, un sondaggio effettuato tra il 15 marzo e il 5 aprile di quest’anno, su un campione di più di 12.000 persone in 12 diverse nazioni nella fascia d’età tra i 21 i 50 anni.

Secondo lo studio, infatti, in quattro diversi ambiti dell’agire umano – l’umore, la salute, le relazioni e la produttività – ascoltare musica ha effetti positivi; per fare un esempio, il 69% degli intervistati si è sentito più fiducioso nell’allenarsi con una playlist un po’ movimentata, facendo esercizi più a lungo (il 52%), spingendo i limiti del proprio fisico ancora più in là (55%) e con maggiore intensità (51%). Del resto, non sono poche le applicazioni per la corsa che prevedono una modalità “power song” per ascoltare la propria canzone preferita e dare il massimo per quei 3-4 minuti.
Ancora: il 70% sostiene che le persone con un buon gusto musicale siano più attraenti (e sorvoliamo sulla soggettività della cosa), mentre per il 68% la musica migliora la produttività sul lavoro.

La musica in casa e fuori
Sonos tra l’altro ha da poco presentato il suo nuovo altoparlante prodotto insieme a IKEA, il Symfonisk, attualmente il sistema più economico per l’audio multicanale con supporto ad AirPlay2. Insomma, mai come oggi la musica è stata tanto pervasiva nella nostra esperienza quotidiana: usciamo di casa con le in-ear Bluetooth, come gli AirPods, sintonizzati su Spotify, lavoriamo (se possiamo) con le nostre playlist preferite nelle orecchie e una volta a casa ci concediamo di provare la qualità del nostro sistema multiroom. Merito, anche questo, dei costi sempre più bassi di Internet mobile e di fibra ottica e ADSL (su SosTariffe.it è possibile confrontare tra di loro le offerte più interessanti attualmente sul mercato): anche in mobilità, con tanti Giga a disposizione (e offerte speciali che non contano il traffico per Spotify, Deezer, Tidal o simili nel computo mensile), avere tutta la musica a portata di mano è una realtà a basso costo.

Il modello della sottoscrizione mensile, che ha già fatto la fortuna di Netflix, si sta rivelando un altro importante alleato per la musica online. Spotify ha da poco superato i 100 milioni di utenti Premium in tutto il mondo, grazie a una crescita degli abbonati annuale del 32%. Considerando anche gli utenti a titolo gratuito, gli abbonati attivi almeno una volta al mese oggi sono 217 milioni (merito anche dell’India, che ha fatto segnare in breve tempo altri due milioni da febbraio scorso, quando il servizio ha debuttato nel subcontinente).

In USA a trionfare è Apple Music
Il più vicino a Spotify, tra i concorrenti, è Apple Music, con la complicità della penetrazione dei dispositivi della Mela in tutto il mondo: gli abbonati paganti sono però esattamente la metà, 50 milioni dallo scorso aprile. E negli Stati Uniti (dove, appunto, Apple è uno status symbol molto più che da noi o in Asia, dove domina Android) Apple Music ha 28 milioni di iscritti contro i 26 milioni di Spotify.

Mentre gli altri servizi cercano in tutti i modi di contrastare il dominio degli svedesi, con vari servizi (primo fra tutti l’audio di qualità, come accade con Tidal e Qobuz, e a quanto pare anche con l’opzione per audiofili in arrivo per Prime Music di Amazon), Spotify continua a fare progetti per il futuro, puntando molto sui podcast (la radio del terzo millennio, sempre di più).

Nel suo resoconto, il colosso della musica streaming non ha poi mancato di notare come una parte consistente del suo successo arrivi proprio dagli altoparlanti casalinghi, tra cui quelli di Sonos, appunto,  ma anche i tantissimi Echo Dot che – con qualche problema di privacy e di conversazioni captate a tradimento – negli ultimi mesi sono spuntati come funghi anche nelle case degli italiani. L’anno scorso, Spotify ha infatti offerto una promozione che regalava uno speaker Google Home Mini per ogni account di famiglia, e da tempo si mormora che l’azienda stia per lanciare sul mercato un altoparlante con il proprio marchio.

Crescita per quanto riguarda gli utenti, com’è prassi per le startup e le ex-startup, non significa maggiori guadagni, come dimostra il “buco” di 142 milioni di euro nel periodo che va da gennaio a marzo di quest’anno; una perdita comunque più bassa di quella dell’anno scorso negli stessi mesi (169 milioni). Anche l’incasso medio per utente è meno brillante, 4,71 dollari, che la società imputa al cambiamento della distribuzione geografica e al mix dei prodotti, ovvero le zone da cui sono arrivati i nuovi utenti contano per lo più account gratuiti, o che stanno ancora sfruttando il periodo promozionale. Tra le cose che hanno bisogno di una registrata ci sono anche gli annunci video, che finora non hanno funzionato, e neppure gli incassi da pubblicità sono stati cospicui quanto ci si aspettava.

Google fa fatica con YouTube
C’è chi sta molto peggio, pur avendo un nome dietro – Google – che dovrebbe essere una garanzia. YouTube Music, con i suoi soli 15 milioni di abbonati, è al momento lontanissimo da chi traina il gruppo, pur avendo ormai quattro anni alle spalle. Lo stesso modello di YouTube, che da sempre mette a disposizione praticamente qualsiasi canzone – anche se magari in qualità non eccelsa – a titolo del tutto gratuito, ha probabilmente finito con il giocare contro una versione a pagamento.

E anche qui, per cercare di migliorare la situazione, arrivano le sinergie: YouTube Music è arrivato anche in Italia sugli speaker Google Home con tanto di assistente vocale per selezionare le proprie playlist, il tutto a titolo gratuito (ma con la pubblicità); prenderà presumibilmente il posto di Play Music. Ci sono però ancora alcune limitazioni: non si potrà, senza pagare la versione premium, selezionare un brano o un artista specifico, ma solo un genere. Tutto, come sempre, alla ricerca di quell’equilibrio che spinge un utente non ad abbandonare il servizio ma a continuare a usufruirne pagando la quota mensile.