Banda ultralarga

‘Rete unica controllata da Tim? Sarebbe uno scandalo, serve trasparenza’. Intervista a Fabio Colasanti

a cura di Paolo Anastasio |

Fabio Colasanti: ‘Serve un dibattito pubblico fatto con grande trasparenza. Non vedo nulla di simile oggi’.

Fabio Colasanti, già Direttore Generale Information Society della Commissione Europea, passed president dell’IIC (International Institute of Communcations) e grande esperto di Tlc e concorrenza, interviene nel dibattito in corso sulla rete unica. Su Facebook commenta le indiscrezioni pubblicate da Key4biz, secondo cui il Mef starebbe facendo pressione su Cdp e Enel per la creazione di una rete unica controllata da Tim. Un post molto accorato su Facebook, in cui Colasanti scrive ‘Avevo già espresso la mia critica sulla decisione di forzare Open Fiber e TIM a “collaborare sulla rete”. Ma quanto riportato in questo articolo è ancora più preoccupante. Si tratterebbe di un vero scandalo. Key4biz è una fonte seria per tutto quello che riguarda le telecomunicazioni. E questo era il mio articolo dove condannavo la decisione – mai discussa pubblicamente – di obbligare le due imprese concorrenti a “collaborare”’. E’ per questo che lo abbiamo contattato.

Key4biz. Qual è il suo pensiero sul tema della rete unica?

Fabio Colasanti. Il rapporto tra l’operatore storico (ex-monopolista) e la rete ereditata dai ministeri delle poste è una materia molto complicata e molto delicata. In tutti i paesi sono state prese misure per evitare dei possibili abusi, ma questo ha richiesto molte analisi e molti sforzi da parte dei regolatori.

Per anni c’è stato un dibattito sulla possibilità di creare una rete unica il cui accesso potesse essere offerto a tutte le società che vendono servizi di telecomunicazione ai clienti finali. Quando questa idea è stata proposta, è sempre stata basata sull’idea di una proprietà pubblica di questa società.   Ma spesso si è considerato che la sola proprietà pubblica non fosse sufficiente ad assicurare la non discriminazione tra le società che offrono i servizi di telecomunicazioni. La nuova società da creare avrebbe dovuto quindi essere comunque fortemente regolamentata.   

Key4biz. La proprietà pubblica sarebbe una garanzia?

Fabio Colasanti. In genere in tutti i settori la sola proprietà pubblica non è una garanzia sufficiente per un’azione nell’interesse della collettività. Nel settore delle telecomunicazioni, visti i legami del passato, questa considerazione è particolarmente importante. Basta pensare, che in alcuni operatori storici una parte del personale ha ancora oggi lo statuto di funzionario statale. Le autorità di regolamentazione delle telecom sono state create anche per questo. In Italia, ogni decisione sul controllo delle reti di telecomunicazioni deve essere presa dall’Agcom.

Key4biz. C’è un modello consolidato cui ispirarsi per la creazione di una società della rete?

Fabio Colasanti. Per anni, il riferimento è stata la creazione, in Gran Bretagna, di una società, Open Reach, di proprietà di British Telecom (BT) che gestisce in maniera non discriminatoria la rete di questa società. I bonus offerti ai dirigenti di Open Reach dipendevano dal numero di linee affittate e non da quello delle linee affittate a BT. La creazione di Open Reach ha richiesto a BT e al regolatore britannico un anno di lavoro e BT ha affermato che la creazione della nuova società le era costata quasi 100 milioni di sterline.

Key4biz. Quello di Open Reach nel Regno Unito è un modello replicabile anche in Italia?

Fabio Colasanti. In Italia, Telecom Italia aveva cercato di rassicurare i concorrenti creando una sua divisione separata chiamata Open Access. Aveva perfino creato un comitato di garanti che avrebbe dovuto sorvegliare le operazioni di questa divisione. I risultati sono stati deludenti e la conflittualità non si è ridotta significativamente. Nel 2012, l’allora amministratore delegato di TIM, Franco Barnabé, aveva proposto lo “scorporo” della rete esistente attraverso la creazione di una società legalmente separata da TIM. L’operazione era stata però di fatto bloccata dall’Agcom nel 2013.

Key4biz. Il tema della governance della rete è davvero co sì complesso?  

Fabio Colasanti. Tutti questi elementi ricordano che la gestione della rete esistente è un problema complesso che richiede un lungo lavoro di discussione e preparazione tra operatore storico, concorrenti e il regolatore telecom. Non si tratta di cose che possono essere decise dai governi soltanto sulla base di una trattativa tra direzioni dei partiti (e non sono nemmeno sicuro che questa ci sia stata).

Key4biz. Quali sono a suo avviso gli elementi che rallentano la diffusione della rete a banda ultralarga in Italia?

Fabio Colasanti. Lo sviluppo della rete di telecomunicazioni in Italia è rallentato da tre fattori. L’assenza della televisione via cavo che in molti paesi è stata l’elemento trainante dello sviluppo delle reti di nuova generazione o banda ultra-larga (NGA). Le difficoltà finanziarie dell’operatore storico, che in buona parte risalgono all’Opa lanciata alla fine degli anni novanta e che ha lasciato alla società un debito di decine di miliardi di euro che da allora ha condizionato il suo sviluppo.   Ma forse ancora più importante è lo scarso interesse degli italiani. Le reti in fibra create da TIM, da altre società e da Open Fiber non si sono tradotte in un numero significativo di abbonamenti ad alta velocità.

Key4biz. Siamo indietro, ma la copertura a banda ultralarga sta aumentando nonostante i ritardi.

Fabio Colasanti. Nelle statistiche della Commissione europea (statistiche DESI), l’Italia è al 17° posto per la connettività in banda larga. Ma è al 24 posto nell’uso di servizi online della pubblica amministrazione. E nell’indice complessivo (digitalizzazione dell’economia e della società) è al 25° posto. Ancora più grave, nel sotto indicatore “capitale umano” (conoscenze degli italiani nel campo), siamo al 28°, all’ultimo posto. Questo ritardo è stato esaminato in vari rapporti. Cito per esempio quello effettuato anni fa da Francesco Caio che precedentemente era stato incaricato dal governo britannico di produrne uno. Ė interessante notare come la stessa persona, di fronte a due situazioni diverse fosse arrivata a conclusioni anche diverse.   Nel caso italiano gli è sembrato necessario un ruolo pubblico più forte di quello che aveva proposto per il governo britannico.

Nel 2015, ben dopo il rapporto Caio, il governo italiano è intervenuto con la creazione di Open Fiber.

Key4biz. Cosa manca nel dibattito?

Fabio Colasanti. Abbiamo un patrimonio di analisi, di studi e di conoscenze sulla materia dal quale si può e si deve attingere. Ogni nuova iniziativa deve tener conto di queste conoscenze. È sicuramente possibile e necessario esaminare nuove soluzioni, ma queste devono essere basate su analisi serie e condivise. Serve un dibattito pubblico fatto con grande trasparenza.  Non vedo nulla di simile oggi.

Key4biz. Cosa dovrebbe fare il Governo per facilitare la diffusione della banda ultralarga? Il presidente del Consiglio ha annunciato un grande progetto per la banda ultralarga.

Fabio Colasanti. Il nostro governo dovrebbe fare molto per incoraggiare lo sviluppo di una rete telecom a banda ultralarga. Ma secondo me questo dovrebbe essere fatto su due fronti. Il primo, è la facilitazione dei lavori di Open Fiber e delle altre società di telecomunicazioni. Oggi Open Fiber “passa” circa otto milioni di famiglie (ossia otto milioni di famiglie italiane potrebbero chiedere alle società di telecomunicazioni di avere un collegamento in fibra ottica che potrebbe essere fornito prendendo in affitto le linee di Open Fiber).  Ma il numero dei collegamenti richiesti è estremamente basso. Open Fiber afferma che per le linee che ha costruito finora ha dovuto chiedere più di centomila permessi alle varie autorità!   Sicuramente si potrebbe e dovrebbe fare qualcosa di più per facilitare il lavoro di Open Fiber, TIM e delle altre società che costruiscono reti di nuova generazione.

Key4biz. Cos’altro potrebbe fare il Governo? Ci sono comunque i voucher.

Fabio Colasanti. Il governo potrebbe finanziare anche il collegamento alla fibra, là dove questa già esiste, di scuole, ospedali e di tutte le altre amministrazioni pubbliche. Per fortuna, qualcosa in questa direzione è appena stata annunciata dai ministri Gualtieri e Pisano. Si potrebbero anche immaginare sovvenzioni per i collegamenti delle zone industriali e per quelli delle singole PMI.  Si tratterebbe di interventi molto più efficaci dei “voucher” offerti recentemente alle famiglie.    Portare la fibra in un paese è solo il primo passo.

Key4biz. In che senso?

Fabio Colasanti. Ho appena passato qualche giorno ad Agordo nelle Dolomiti bellunesi. La fibra è arrivata nel paese (si vedono ancora le tracce delle mini trincee scavate nelle strade), ma la fibra ancora non è disponibile per gli utenti.  Il proprietario dell’albergo dove sono stato mi ha espresso la sua grande delusione per questa situazione. Mi ha detto che sarebbe stato perfino disposto a pagare qualcosa in più per avere la fibra. Agordo è tra le montagne, ma è il paese dove c’è la sede della Luxottica.

Key4biz. Qual è il suo pensiero sull’ipotesi di rete unica?

Fabio Colasanti. Agire sulle ragioni che rallentano la disponibilità dei collegamenti o scoraggiano l’interesse degli utenti per questi collegamenti sarebbe molto più importante ed efficace che sostenere una improbabile “cooperazione” tra Open Fiber e Tim o una ancor meno desiderabile “semi-rinazionalizzazione” di TIM. Anche se TIM ridiventasse di proprietà pubblica, dovrebbe comunque rispettare tutte le regole di concorrenza decise a livello europeo. Non sarebbe mai immaginabile che TIM disponesse di una situazione regolamentare di favore.   Rinazionalizzare TIM significherebbe soprattutto farsi carico della sua situazione finanziaria. Ci potrebbero anche essere argomenti a favore di una soluzione del genere, ma dovrebbero essere annunciati e spiegati.