Nuove reti

‘No 5G’, in Francia test a tappeto sulle emissioni delle antenne. E in Italia?

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La ricetta del Governo francese per spegnere le proteste dei ‘No 5G’ prevede test a tappetto sugli impianti mobili di tutte le generazioni e sugli smartphone 5G.

Test a tappetto su tutti i tipi d impianti di trasmissione del segnale mobile sul territorio,. E’ questa la ricetta del Governo francese per spegnere le proteste strisicanti dei comitati ‘no 5G’ e dare così una mano ai sindaci, troppo spesso lasciati soli di fronte alle contestazioni dei cittadini contro le nuove antenne.

Contestazioni che si moltiplicano un po’ dappertutto in Europa, anche in Italia. Ma la ricetta francese – arrivare a 6.500 controlli complessivi nel 2020 e 10mila controlli nel 2021, a fronte dei 3.066 del 2019 – potrebbe certamente servire a disinnescare almeno in parte la diffidenza e i timori (ingiustificati, ma tant’è il potere delle fake news è forte) con argomentazioni scientifiche.

Il piano di controllo di Cedric O

Il piano di controlli delle emissioni è stato messo a punto dal ministro per il digitale di Macron, Cédric O, che in settimana ha annunciato come l’ANFR, l’Agenzia nazionale delle Frequenze, avvierà a stretto giro un controllo serrato delle emissioni delle antenne e degli smartphone 5G nel paese.

Non soltanto 5G

In concreto, l’Agenzia raddoppierà i controlli mentre la priorità del governo di Parigi resta la copertura 4G e in fibra del territorio. Fra gli obiettivi principali c’è quello di testare l’80% dei modelli di smartphone in circolazione, con particolare attenzione per i dispopsitivi 5G.

In stretto collegamento con il lancio del 5G, sono previsti 4800 controlli degli impianti per misurare le emissioni prima e dopo l’installazione delle nuove antenne, 300 delle quali quest’anno e 4.500 nel 2021 quando il deployment entrerà a pieno regime. I controlli consentiranno così di avere un quadro ben definito dei valori di emissione in banda 3.5 Ghz ma anche per le generazioni cellulari precedenti 2G, 3G e 4G.

I risultati dei test saranno resi di dominio pubblico sul sito dell’ANFR.

Tra l’altro, Cedric o ha ricordato come in Francia i livelli medi di esposizione sia 150 volte inferiore ai limiti massimi riconosciuti a livello internazionale.

Certo, un’ottima iniziativa di dialogo e trasparenza, che probabilmente non cambierà di una virgola l’opinione di chi invece crede, in modo scientificamente ingiustificato, ai rischi per la salute legati alle emissioni e ai vaniloqui su fantomatici legami fra 5G e coronavirus. Questa categoria di persone al massimo taccerà di falso e manipolazione i risultati del monitoraggio, che tuttavia rappresenta uno strumento concreto per spegnere le proteste.

In Italia

Strumento che in Italia esiste già, in altra veste, sotto forma di un dispositivo di misurazione che la Fondazione Ugo Bordoni (FUB) può mettere a disposizione dei Comuni per misurare i livelli di emissione degli impianti sul territorio.

Guarda il video: Cos’è il 5G. Il ruolo della Fondazione Ugo Bordoni (video)

Nel frattempo, in Italia l’Alleanza italiana Stop5G fa un salto di qualità e si autodefinisce “tecnoribelle” e sul suo sito dichiara 600 comuni aderenti. Un numero che è cresciuto in particolare durante il periodo di lockdown.

La norma che blocca i sindaci “No 5G’ contenuta nel Dl Semplificazioni e diventata legge il 17 luglio non sembra aver risolto il problema: i sindaci riottosi in diversi casi continuano a non rispettare il divieto di blocco degli impianti.

L’Anci dal canto suo è impegnata in un’opera di divulgazione e dialogo sul 5G.

Basterà?

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