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L’intrattenimento e il difficile rapporto con il tempo delle persone

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Il problema, magari, non è propriamente questo, ma la tendenza da parte dei provider di contenuti a dare maggior valore al formato, che al contenuto creativo. Non è casuale che negli ultimi anni il format che ha performato di più fra il pubblico è stato quello dei serial, più o meno brevi.

Digital Customer Experience (DCX) è una rubrica settimanale dedicata alla Digital Experience a cura di Dario Melpignano, Ceo di Neosperience. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui. Per la versione inglese vai al blog.

La conoscete la storia del pesce rosso? Una ricerca di Microsoft di qualche anno fa metteva in evidenza come la nostra soglia di attenzione media fosse intorno agli 8 secondi, un secondo in meno dei pesci rossi.

Tale informazione suscitò lo stupore degli addetti ai lavori; per questo motivo la storia del pesce rosso è diventata un aneddoto che spesso viene raccontato agli studenti che andranno a rapportarsi con le dinamiche del digitale.

Intrattenimento e generazioni: cosa cambia

Oggi il dato sulla soglia dell’attenzione è stato corretto e rivisto da altri studi, che hanno sottolineato come invece questo cambi da generazione a generazione; al momento la soglia di attenzione media è attestata a 12 secondi per i Millennials e a 8 secondi per la Generazione Z.

Dal punto di vista del marketing, si è cercato di correre ai ripari attraverso varie strategie: utilizzando immagini e video invece che formati testuali, stimolando la creazione di contenuti originali che potessere distinguersi, preferendo la creazione di un rapporto one-to-one e personalizzato con il proprio pubblico, etc.

Oggi, però, un altro settore si sta ritrovando coinvolto nella stessa problematica; quello dell’intrattenimento e della cultura.

Netflix e android

Nel 2019 Netflix ha testato una nuova funzionalità; ha reso disponibile agli utenti la possibilità di accelerare i propri contenuti sui dispositivi Android. Questa decisione ha suscitato le critiche del mondo cinematografico.

Per esempio, il regista e attore Judd Apatow ha definito la mossa “ridicola e offensiva”, mentre il regista Bill Bird ha twittato che la possibilità di modificare l’esperienza filmica era “un’altra idea incredibilmente cattiva, un’altra ferita inferta all’esperienza cinematografica, peraltro già sanguinante”.

Molti si sono chiesti il perché di questa mossa da parte del gigante dello streaming. Probabilmente il motivo principale è stato proprio quello di venire incontro alle necessità di chi, come Millennials e Generazione Z, vuole maggiore controllo sui modi di fruizione dei contenuti.

Se però pensiamo alla nostra esperienza personale, quante volte siamo stati tentati di saltare qualche pagina di un libro sì interessante, ma che magari in certi momenti si perdeva in lunghe considerazioni e descrizioni. Sebbene magari molti avrebbero da ridire su un tipo di lettura che potrebbe essere definita “superficiale”, si percepiva anche lì la necessità di un maggior controllo sui mezzi.

Intrattenimento: cambia il format

Ma saltare le pagine di un libro non è proprio il massimo, se non si vuole perdere il filo del discorso. Il tema è invece sostanzialmente diverso se si manda “avanti veloce” un film; ovviamente la fruizione non sarà la stessa, ma difficilmente potremmo saltare dei passaggi fondamentali per la trama.

Inoltre, è da considerarsi che una funzione di questo tipo è da sempre disponibile, dall’invenzione dei VHS fino ai moderni Blu Ray. Il controllo è, quindi, sempre stato in mano agli utenti; perché non dare lo stesso potere a chi ha sottoscritto un abbonamento per una piattaforma di streaming?

Il problema, magari, non è propriamente questo, ma la tendenza da parte dei provider di contenuti a dare maggior valore al formato, che al contenuto creativo. Non è casuale che negli ultimi anni il format che ha performato di più fra il pubblico è stato quello dei serial, più o meno brevi. I grandi colossal hollywoodiani, sebbene negli anni ci siano state alcune eccezioni, hanno visto diminuire sempre di più il proprio appeal.

Il motivo è sempre lo stesso, la soglia di attenzione del pubblico. Perché dovrei sentirmi obbligato a stare tre ore seduto sul divano a guardare un film, che magari è anche noioso?

Il desiderio di poter gestire come si vuole il proprio tempo è, fra i più giovani, una necessità, non una preferenza.

Oggi alcuni soggetti hanno compreso questa tendenza al ribasso del tempo disponibile o spendibile, e hanno deciso di proporre sul mercato dei format ancora più brevi.

Altri esempi

Questo è il caso del servizio di streaming Quibi, una piattaforma che offrirà contenuti video “snackable” di otto minuti ciascuno. Verrà lanciata sul mercato americano nell’aprile 2020. La piattaforma è stata fondata dal veterano produttore Jeffrey Katzenberg, mentre Meg Whitman, che in precedenza era a capo di Hewlett Packard, ne è il CEO.

La stessa Whitman, qualche tempo fa, ha affermato al Los Angeles Times: “Ciò che ci diciamo internamente è che vorremmo poter offrire la qualità di HBO e la comodità di Spotify”.

Il servizio offrirà “film premium girati da registi come Steven Spielberg e Catherine Hardwicke, e li presenterà in brevi capitoli episodici di pochi minuti ciascuno”. Al lancio, costerà circa $ 5 al mese con pubblicità e $ 8 al mese senza.

Questo è un caso estremo, ma con la progressiva diminuzione della soglia d’attenzione del pubblico, le compagnie di intrattenimento saranno obbligate a cercare nuovi modi per proporre contenuti di dimensioni ridotte che possano interessare i più giovani.

Allo stesso tempo i creatori di tali contenuti, gli artisti e gli addetti ai lavori stanno cercando di combattere questa tendenza, mirando a preservare la natura immersiva e coinvolgente dell’esperienza culturale cinematografico e non.

Chi la spunterà? Lo scopriremo nei prossimi anni.