Usa vs China

La geopolitica e la sfida dei brevetti

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L'attività di deposito della intellectual property continua a crescere in tutto il mondo, con la Cina che detiene quasi la metà dei depositi di brevetti globali e gli Stati Uniti costretti a seguire il gigante asiatico, accusando il rivale di furti di proprietà intellettuale.

Secondo il report World Intellectual Property Indicators 2019, pubblicato dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (WIPO), l’attività di deposito della proprietà intellettuale globale continua a crescere rapidamente: nel 2018, gli innovatori di tutto il mondo hanno presentato 3,3 milioni di domande di brevetto, 14,3 milioni di domande di marchio e 1,3 milioni di domande di design industriale. In confronto all’anno precedente, le domande sono aumentate rispettivamente del 5,2%, del 15,5% e dell’8,4%.

Differenze di genere e di reddito

Le donne hanno rappresentato, nel 2018, il 17,1% di tutte le domande PCT (Patent Cooperation Treaty, il trattato di cooperazione internazionale in materia di brevetti); nel 2004 la quota era del 12%. Tuttavia, il gender gap varia considerevolmente in base al luogo di riferimento: in Spagna, ad esempio, il numero di inventrici sale ad oltre il 24%, contro il 10,3% nella Germania. Inoltre le donne rappresentano più di un quarto degli inventori in molti settori altamente tecnologici, come la biotecnologia (29,9%), i prodotti farmaceutici (29,2%) e la chimica degli alimenti (28,7%).

Per quanto riguarda le differenze di reddito, nella lista dei primi venti uffici di brevetti dodici sono inclusi in zone a reddito alto, sei in zone a reddito medio-alto e due in Paesi a reddito medio-basso. Interessante notare come, per la prima volta, gli uffici dei Paesi a reddito medio­-alto abbiano ricevuto oltre la metà di tutte le domande mondiali di brevetto presentate nel 2018, mentre gli uffici di quelli a reddito elevato abbiano rappresentato il 46,8% del totale. Negli ultimi quindici anni, infatti, c’è stato un notevole spostamento nella distribuzione delle domande verso il gruppo di reddito medio-alto: la loro quota è aumentata dal 22,6% nel 2008, al 50,6% nel 2018.

Gli innovatori nel mondo

Nel 2018, la Repubblica di Corea ha registrato un incremento del 2,5% per i depositi di brevetti e del 14,5% per l’attività di deposito dei marchi. L’India ha visto aumentare del 7,5% i depositi di brevetti, del 20,9% quello dei marchi e del 13,6% quello di design industriale. L’attività di deposito dei marchi è cresciuta dello 10,5% in Francia e del 9,8% in Brasile, mentre per quanto riguarda l’attività di deposito di design il Regno Unito ha registrato uno sviluppo del 42,4%, la Federazione Russa del 21% e l’Italia del 16%. Tuttavia, per quanto riguarda le domande di brevetto, il nostro Paese è cresciuto solo dello 0,9% rispetto all’anno precedente.

L’Asia ha depositato oltre i due terzi di tutte le domande di brevetto mondiali. Secondo il report, infatti, dei primi venti uffici di brevetti al mondo, nove sono situati in Asia, sei in Europa, uno in Nord America, uno in America Latina e Caraibi (LAC) e uno in Oceania. L’Asia ha ricevuto oltre 2,2 milioni di domande di brevetto nel 2018, pari al 66,8% di tutte le richieste mondiali (nel 2008 era del 50,8%), mentre il totale combinato di Europa e Nord America è sceso sotto il milione.

Stati Uniti e Cina

Negli Stati Uniti, nonostante l’attività di deposito dei marchi sia cresciuta per il nono anno consecutivo, registrando in confronto al 2017 un aumento del 4,3%, le domande di brevetto nello stesso periodo sono diminuite dell’1,6%, segnando il primo declino dal 2009.

Ad essere il principale motore dell’espansione globale delle domande di brevetto è invece la Cina: l’Amministrazione nazionale della proprietà intellettuale della Repubblica popolare cinese ha ricevuto 1,5 milioni di domande di brevetto nel 2018, guidate da telecomunicazioni e tecnologia informatica. Un numero impressionante, se consideriamo che la quota di questo Paese sul totale mondiale è salita in dieci anni dal 15% al 46,4%. La Cina, infatti, in terza posizione nel 2008, ha raggiunto il primo posto nel 2011 e da allora continua a guidare la classifica globale: nel 2018 ha ricevuto quasi la metà delle domande, registrando altrettanti documenti di brevetto quanto i successivi dieci classificati messi insieme, compresi l’Ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti (USPTO), il Japan Patent Office (JPO), il Korean Intellectual Property Office (KIPO), e l’European Patent Office (EPO). Congiuntamente, i primi cinque uffici rappresentano l’85,3% del totale mondiale di richieste.

Vale la pena ricordare che, dal 1883 al 1963, l’ufficio brevetti degli Stati Uniti è stato il più importante al mondo. Nel 1968, però, il Giappone ha superato gli USA, mantenendo la prima posizione fino al 2005. Dall’inizio degli anni ’80, inoltre, sia l’EPO che la Repubblica di Corea hanno registrato notevoli aumenti, così come, dal 1995, la Cina. Quest’ultima ha superato l’EPO e la Repubblica di Corea nel 2005, il Giappone nel 2010 e gli Stati Uniti nel 2011.

La guerra dei dazi

Attualmente, Stati Uniti e Cina sono impegnati in una disputa commerciale, la cosiddetta “guerra dei dazi”, iniziata a marzo del 2018, quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’intenzione di imporre dazi doganali sui prodotti cinesi, accusando la Cina di pratiche commerciali sleali e di furti di proprietà intellettuale. Per ritorsione, anche la Cina ha imposto dazi su centinaia di prodotti statunitensi. Finora, gli Stati Uniti hanno imposto tariffe per oltre 360 miliardi di dollari sui beni cinesi e la Cina per oltre 110 miliardi di dollari su quelli statunitensi.

Inoltre, entrambi i Paesi hanno minacciato di agire con ulteriori aumenti. I negoziati sono in corso, ma risultano estremamente difficili. Pechino e Washington stanno infatti cercando di concordare l’interruzione della guerra commerciale, ma rimangono distanti su molte questioni. Se si arrivasse ad un’intesa, gli Stati Uniti dovrebbero rimuovere parte dei dazi mentre la Cina, oltre a fare altrettanto, dovrà fornire maggiori garanzie sulla tutela della proprietà intellettuale americana.

Secondo il «Financial Times», nei giorni scorsi gli Stati Uniti si sono dichiarati pronti a ritirare i dazi del 15%, entrati in vigore il primo settembre di quest’anno, su 112 miliardi di beni cinesi, mentre il portavoce del Governo di Pechino, Gao Feng, ha reso noto all’agenzia Bloomberg il raggiungimento di un accordo fra Cina e Usa per una riduzione progressiva dei dazi doganali, senza però fornire ulteriori dettagli sull’intesa. Ma, a breve distanza, sono arrivate le parole di Donald Trump, il quale ha dichiarato ai cronisti della Casa Bianca: “Gli Stati Uniti non hanno detto sì alla Cina su una riduzione graduale dei dazi nell’ambito del mini accordo commerciale fra i due Paesi”.

La sfida, pertanto, è ancora in corso.