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Zoom in Senato. La senatrice Mantovani cita Key4biz in Aula e propone: ‘Le piattaforme della PA siano pubbliche e open source’ (Video)

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L’articolo di Key4biz Zoom si inchina a Pechino e censura (fuori dalla Cina) 2 videoconferenze. Può accadere anche al Senato in Italia? giunge nell’Aula del Senato e pone, finalmente, nell’agenda politica il dossier sull’utilizzo delle piattaforme commerciali dei colossi extraeuropei, in particolare quelle per le videoconferenze, da parte dello Stato al posto di soluzioni aperte, pubbliche e verificabili.

A sostenere nell’Aula del Senato le piattaforme pubbliche ed open source per Stato e PA è stata la senatrice Maria Laura Mantovani (M5S), che ha iniziato l’intervento citando il nostro articolo.

La funzionalità di censura automatica consente di dedurre che non c’è riservatezza sulle comunicazioni e che le video conversazioni, come ammesso nelle privacy policy, possono essere utilizzate a scopo di profilazione”

Riportiamo alcuni estratti dell’intervento nell’Aula del Senato, mercoledì 25 giugno 2020, della senatrice Mantovani.

“Signor Presidente, colleghe e colleghi, in un articolo on line apparso sul sito www.Key4biz.it dello scorso 16 giugno si apprende che Zoom, software usato per organizzare videoconferenze, avrebbe censurato due videoconferenze organizzate dagli Stati Uniti (non dalla Cina) per la commemorazione del massacro di piazza Tienanmen. Sappiamo che anche il Senato usa Zoom ed è utilizzato, in particolare, per le audizioni informali che si svolgono in Commissione”, ha detto Mantovani in Aula.

“Questa piattaforma per videoconferenze di tipo commerciale insieme ad altre, anch’esse commerciali, utilizzate dalla scuola per la didattica a distanza e dalla pubblica amministrazione per lo smart working, presentano diverse criticità per la tutela dei dati personali, per la robustezza dell’infrastruttura tecnologica e, come anzidetto, ci sono problemi anche di carattere politico”, ha affermato la senatrice, aggiungendo poi: “Infatti la funzionalità di censura automatica consente di dedurre che non c’è riservatezza sulle comunicazioni e che le video conversazioni, come ammesso nelle privacy policy, possono essere utilizzate a scopo di profilazione.

Le amministrazioni dello Stato devono prendere provvedimenti”. 

Poi la senatrice Mantovani ha sollecitato lo Stato ad iniziare a preferire le piattaforme aperte, pubbliche e verificabili.

“Dobbiamo decidere se vogliamo continuare a regalare ai competitor queste materie prime o vogliamo iniziare a sfruttarle internamente. Le alternative alle piattaforme commerciali dei colossi extraeuropei esistono. Esistono le piattaforme open source”, ha detto la senatrice. 

“Nelle applicazioni della PA che implicano il trattamento di dati personali, in particolare nella scuola, si dovrebbe vietare per legge l’uso di prodotti dei quali non sia conosciuto il codice sorgente”

Mantovani, ha ricordato, come evidenziato nel nostro articolo, che “i colleghi spagnoli e francesi hanno già implementato la videoconferenza di Stato sia per la funzionalità degli uffici pubblici, sia per la didattica a distanza. Occorre che lo facciamo anche noi. Nelle applicazioni della pubblica amministrazione che implicano il trattamento di dati personali, in particolare nelle applicazioni per la scuola, si dovrebbe vietare per legge l’uso di prodotti dei quali non sia conosciuto il codice sorgente”.

“Perché le istituzioni italiane hanno finora preferito sistemi privati e proprietari fuori dal loro controllo, invece di utilizzare soluzioni aperte, pubbliche e controllate da loro?”

In Italia, come alternativa ai colossi commerciali, ha sottolineato Mantovani, è partita l’iniziativa volontaristica di “IoRestoAcasa.Work”, basata sull’utilizzo di codici open source e attorno alla quale si sono raccolte le migliori professionalità informatiche uscite dalle nostre università. Per realizzare il progetto sono state donate risorse virtuali istanziate sulle infrastrutture digitali di proprietà pubblica, in particolare degli enti di ricerca nazionali, delle università pubbliche e del GARR.

Infatti su https://iorestoacasa.work è possibile scegliere, prima di creare una “stanza” per la videoconferenza, ad esempio i server del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), di Lepida, in house della Regione Emilia-Romagna, e del Consortium GARR. La piattaforma è gratuita, sicura e non richiede l’iscrizione di un account. Consente videochiamate di gruppo fino a 50 persone, libere, private e gratuite semplicemente aprendo da desktop un URL tramite browser, senza installare programmi e senza registrarsi. Da mobile è possibile usare Jitsi installando la app per Android o iOS oppure Multiparty Meeting che può essere usato dal browser del telefono senza installare alcuna app.

“Faccio quindi mia la domanda della professoressa Maria Chiara Pievatoloha continuato Mantovani dell’intervento di ieri in Aula al Senato, “perché le istituzioni italiane hanno finora preferito sistemi privati e proprietari fuori dal loro controllo, invece di utilizzare soluzioni aperte, pubbliche e controllate da loro? 

Ne aggiungo un’altra mia: perché le decisioni su acquisti e soluzioni riguardanti la digitalizzazione dei servizi pubblici non sono nelle disponibilità dei nostri migliori esperti, ma sembra dei peggiori?”.

La lettera alla ministra Azzolina dalle associazioni del software libero: “proibire l’uso di software proprietario nelle applicazioni della PA, che implicano il trattamento di dati personali”

“Non lo dico solo io”, ha dichiarato Mantovani, “anche il professor Angelo Raffaele Meo nella sua recente lettera alla ministra Azzolina, sottoscritta dalle associazioni del software libero denuncia le scelte scellerate degli ultimi decenni. Il nostro Paese è praticamente uscito dal comparto industriale delle tecnologie dell’informazione”. 

Nella lettera si chiede una legge che:

Inoltre si chiede di valorizzare l’eccezionale sviluppo tecnologico permesso dall’informatica libera che è esploso negli ultimi anni.

“Destinare investimenti esclusivamente a tecnologie in software libero”

“Abbiamo milioni di progettisti e programmatori che possono essere un’importante opportunità per l’economia del nostro Paese ed è opportuno destinare gli investimenti che verranno a breve realizzati nel digitale esclusivamente a tecnologie in software libero”. Questa è la soluziona avanzata da Mantovani nell’Aula del Senato, che ha poi così concluso: 

“Le proposte e le alternative quindi ci sono e mi auguro che anche il Senato, la scuola e tutta la pubblica amministrazione possano adoperarle nel più breve tempo possibile. Siamo chiamati alla transizione digitale da percorrere in tempi ridotti; facciamolo decisamente puntando sulle nostre risorse. 

Sovranità digitale significa mettere a sistema i nostri cervelli, le nostre infrastrutture e i nostri dati per rilanciare l’economia del Paese”. 

(Applausi).

La risposta del vicepresidente del Senato

“Naturalmente, riguardo il giudizio sulle professionalità, lei si assume la responsabilità delle sue valutazioni”, ha detto il presidente di turno dell’Aula del Senato Anna Rossomando al termine dell’intervento della senatrice Mantovani.

“Per il resto, invece, come molte istituzioni pubbliche, anche il Senato utilizza le piattaforme comuni di mercato. I suoi rilievi sono articolati”, ha aggiunto Rossomando, vicepresidente del Senato. 

“Sarà cura della Presidenza segnalarli ai signori senatori Questori perché ovviamente lei”, ha concluso la vicepresidente del Senato, “ha sollevato una questione articolata che ovviamente paga il pegno di una pratica di utilizzo relativamente recente da parte delle istituzioni”.

Per approfondire:

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