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“Tsunami Internet”, la recensione del libro di Glauco Benigni (Edizioni Harpo)

di prof. Alberto Contri, docente di comunicazione sociale |

Per la prima volta un autore si interroga sulla differenza di dimensioni che esiste tra il mondo materico newtoniano, nel quale si svolge da sempre la Storia degli umani e la Dimensione Internet: si tratta di un’altra dimensione fisica, non materica ma numerica.

Al di là dei molti libri che già circolano su “Cosa è Internet, chi la controlla, quale è stato il suo effetto sulle nostre vite, eccetera”, il nuovo libro di Glauco Benigni, “Tsunami Internet” (Edizioni HARPO, Roma) si va a collocare in un’area del dibattito che finora era rimasta nel cono d’ombra. E si apre così una nuova finestra dalla quale osservare il fenomeno.  

Per la prima volta infatti un autore si interroga sulla differenza di dimensioni che esiste tra il mondo materico newtoniano, nel quale si svolge da sempre la Storia degli umani e la Dimensione Internet: si tratta di un’altra dimensione fisica, non materica ma numerica.

Una Sfera senza centro – scrive Benigni – fatta di infinite sequenze numeriche che si intersecano e si contaminano tra loro, come gocce d’acqua in un oceano o come atomi in una Galassia, che esiste, ma non è visibile” .

E quindi: “Come mai” – ci chiede Benigni  da una pagina all’altra – “se cerchiamo di andare nello spazio esterno, verso la luna e gli altri astri, ci attrezziamo per sopravvivere ad una diversa gravità ? Come mai se operiamo nel mondo atomico, portato alla ribalta da Heisenberg and Co., riconosciamo che in quel mondo vale l’indeterminazione? E come mai abbiamo certezza che il mondo dei numeri deriva a infinito?”

E quindi, se tutti questi interrogativi hanno ottenuto risposte che ci convincono, perchè non ritenere , come del resto è dimostrato, che lo spazio di Internet deriva a infinito come le velocità che in esso possono generarsi e che per contrappasso i tempi di Internet (produzione, diffusione, condivisione, stoccaggio in memorie remote , etc…) tendono a zero? Perché non capire che in Internet la gravità non è la stessa del mondo materico? E perché non capire che il nostro avatar digitale è di fatto costituito da una sequenza di zero e di uno?  

Sembrano considerazioni “tecniche” e qualcuno sarà tentato dal fare spallucce, ma invece desta molto interesse il fatto che Benigni usi queste premesse per porsi su un terreno ontologico che non ha che fare solo con la tecnica. Il suo approccio diventa semiotico quando ci racconta della grande mutazione che i Contenuti Generati dagli Utenti hanno realizzato nella cultura globalizzata, negli assetti editoriali, nella distinzione vero/falso, nelle pratiche di finanziamento del sistema mediatico globale. E diventa poi un approccio giuridico totalmente inedito quando Benigni ci spiega la differenza fondamentale tra il territorio fisico e il territorio digitale.com che ad esso si sovrappone spavaldamente, una differenza che contempla gli assurdi impedimenti a regolare Internet su scala mondiale e che consente scorribande di ogni natura ai nuovi Feudatari della Rete.

L’altro aspetto abbastanza sorprendente è la chiave di lettura che Benigni ci offre della intricata, ma ormai evidente relazione, tra raccolta risparmi planetaria, loro gestione digitalizzata da parte dei Mutual Funds, incessante compravendita nelle Borse, controllo dei pacchetti azionari delle maggiori società strategiche da parte di pochi soggetti che hanno capito bene, loro sì, la “nuova dimensione Internet” e manovrano, oltre l’etica e la genetica, usando la Rete sia come timone che come bussola.

Dopo averlo letto mi è venuto da dire nel corso di una presentazione online del libro: “Una mitragliata di spunti che hanno acceso nella mia testa non delle lampadine ma dei lampadari”. Eppure nel corso della mia carriera ne ho viste e sentite già tante…