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Transizione ecologica: 1 miliardo di euro dal Mise per le filiere strategiche, anche batterie e rinnovabili

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Sono 2,2 miliardi di euro le risorse complessive destinate dal ministero dello Sviluppo economico a sostegno delle filiere industriali strategiche del Paese, che è tra le priorità indicate dal PNRR. Sul tavolo: le gigafactory in Europa e in Italia, la competizione con l’Asia e la crisi degli approvvigionamenti.

Rinnovabili e batterie per l’eMobility tra le filiere strategiche nazionali

Il ministero dello Sviluppo economico (Mise) ha annunciato un piano di investimenti pari a 2,2 miliardi di euro per potenziare le filiere industriali strategiche, rendendole più competitive e sostenibili, tra cui batterie e parti degli impianti fotovoltaici ed eolici.

Il pacchetto comprende l’avvio di 40 nuovi progetti di investimento su tutto il territorio nazionale, soprattutto per le aree automotive, microelettronica e semiconduttori, metallo ed elettromeccanica, chimico-farmaceutico, turismo, design, moda e arredo, agroindustria e tutela ambientale.

Le risorse saranno così distribuite, secondo uno schema proposto dal Mise: “750 milioni di euro per progetti d’investimento legati alla digitalizzazione, innovazione e competitività delle filiere del made in Italy; 1 miliardo di euro per rafforzare gli investimenti, anche in ricerca e innovazione, sulle principali filiere della transizione ecologica, favorendo anche i processi di riconversione industriale con la costruzione di Gigafactory per realizzare batterie e pannelli fotovoltaici e per l’eolico”.

Altri 450 milioni di euro, infine, stanziati grazie alla legge di Bilancio 2022, saranno destinati al rafforzamento dei contratti di sviluppo.

Investire per essere più competitivi

Sosteniamo i programmi d’investimento che puntano ad accrescere la competitività del sistema produttivo italiano all’interno delle strategiche filiere europee dall’alto valore tecnologico e industriale che impattano in maniera decisiva sul futuro del Paese”, ha dichiarato in una nota il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti.

Lo strumento dei Contratti di sviluppo è stato ridisegnato proprio con l’obiettivo di agevolare la realizzazione di progetti d’investimento che favoriscono la reindustrializzazione e la valorizzazione del nostro patrimonio industriale, incentivando programmi di ricerca e di trasferimento tecnologico che sono la chiave per vincere la sfida della transizione digitale e green”, ha quindi aggiunto il ministro.

Lo sviluppo di una filiera industriale e catena del valore dell’elettrico in Italia (gigafactory per la produzione di celle, produzione componentistica e assemblaggio, Impianti di riciclo) è di assoluta priorità. Essa garantirebbe importanti ripercussioni in termini occupazionali e di crescita economica nel medio e lungo termine, fornendo una concreta opportunità all’Italia di uscire da un prolungato periodo di crisi industriale e allinearsi, colmando il gap, ai maggiori Stati europei.

Il tutto va fatto, però, seguendo delle precise linee di pianificazione, sviluppo e realizzazione, che tengano bene in conto i limiti imposti dalle leggi di tutela ambientale e gli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale (dovuto in massima parte alle emissioni di CO2 e metano).

Al lavoro sulle batterie in tutta Europa

Entro i prossimi cinque anni in tutto il mondo saranno spesi qualcosa come 330 miliardi di euro per costruire impianti di produzione di batterie, un terzo di questi investimenti sarà destinato direttamente alla gigafactory dell’auto elettrica, secondo stime AlixPartners.

Secondo dati Repower, in Europa sono in costruzione 15 gigafactory di batterie che entro il 2025 saranno in grado di fornire unità per alimentare più di 6 milioni di auto elettriche.

Secondo la nuova mappa aggiornata da CIC energiGUNE,però, saranno più di 70 quelle in via di realizzazione

Con una domanda di oltre 1.200 GW, il valore del mercato mondiale delle batterie potrebbe raggiungere i 90 miliardi di dollari entro il 2040, per potenziali 250 mila posti di lavoro.

Questo solo per ricordare quanto questo settore industriale sia fondamentale per la ripresa e il rilancio della nostra economia a livello globale, sapendo bene che non sarà facile confrontarsi con i nostri competitor asiatici, come Cina, Giappone e Corea del Sud.

Le iniziative italiane e le criticità

In Italia sono diverse le iniziative che vanno in questa direzione: la nascita della grande gigafactory di Italvolt nella zona di Ivrea e l’Italian Battery Alliance voluta nel 2020 dallo stesso Mise in collaborazione con l’Enea, con l’obiettivo di definire una roadmap tecnologica nazionale sulle batterie e partecipare ai tavoli europei in maniera più coesa e coordinata.

L’impianto di Scarmagno sarà di 350.000 metri quadri e dovrebbe raggiungere una capacità che potrà superare prima i 45 GWh e poi addirittura i 70 GWh, con l’ambizione di diventare il più grande d’Europa.

Poi c’è anche Stellantis, che ha promesso la nascita di una nuova gigafactory presso gli stabilimenti di Termoli, e il progetto di Seri Industrial-FAAM per la fabbrica di batterie a Teverola in Campania.

Al di là delle finalità con cui questi progetti vengono lanciati, tutte o quasi condivisibili, rimangono sul tavolo tutti i problemi che iniziative del genere devono superare.

Primo fra tutti, dopo le risorse finanziarie da raccogliere, quello dell’approvvigionamento di materie prime necessarie. Non è un mistero che l’intera Europa è alle prese con la carenza di pezzi e componenti primari per il regolare funzionamento delle nostre industrie e delle stesse imprese in diversi settori economici strategici.

Crisi degli approvvigionamenti e mancanza di autonomia industriale nazionale

Gli stessi semiconduttori, alla base dei principali microchip impiegati nell’industria automobilistica, ad esempio, quindi della mobilità elettrica, sono soggetti a carenze critiche per lunghi periodi di tempo, soprattutto dopo l’esplosione della pandemia di Covid-19.

Negli ultimi 30 anni si sono già verificate 6 crisi di questo tipo e la frequenza potrebbe aumentare con il tempo. Per questo appaiono sempre più necessari interventi di Roma e Bruxelles per avviare e potenziare la produzione interna in chiave di maggiore autonomia dai fornitori globali.

Attualmente, le stime più ottimistiche allungano i tempi di consegna dei materiali almeno fino alla fine del 2022, con proiezioni negative per alcune componenti anche per gran parte del 2023.