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Tra Rai e Siae, dalle belle parole alle buone pratiche…

Rai

Due sono le notizie che riteniamo meritino essere segnalate agli appassionati di politica culturale e di economia mediale: una apparentemente più rilevante dell’altra, ma entrambe importanti e sintomatiche, tra teoria e prassi, belle parole e buone pratiche…

Ieri pomeriggio, il Consiglio dei Ministri ha approvato alcune “linee guida” del nuovo “contratto di servizio”, ovvero il documento che regola i rapporti tra lo Stato e la concessionaria radiotelevisiva pubblica. La notizia è stata anticipata da un dispaccio Ansa delle ore 19:00, con la formula di rito (“da quanto si apprende da fonti ministeriali…”).

La notizia è stata pubblicizzata soltanto questa mattina, ma venerdì scorso stato pubblicato il decreto del Ministro della Cultura recante l’atto di indirizzo per la “promozione culturale nazionale e internazionale dei giovani”, affidata alla Società Italiana Autori Editori (Siae), che peraltro di Rai stessa è socio.

Le due notizie sono correlate?! Non direttamente, ma indirettamente lo sono, per chi cerca (con sforzo) di trovare una logica “di sistema” nelle politiche culturali e mediali del nostro Paese.

Procediamo con ordine: dalla notizia più importante a quella meno importante, anche se questa aggettivazione deve essere adottata con prudenza, perché il primo atto (Mise / Rai) corre il rischio di dimostrarsi una bolla di sapone, mentre il secondo (Mic / Siae) prevede oggettivamente conseguenze concrete ed operative sul tessuto culturale nazionale. Nel primo caso, annuncio di belle intenzioni. Nel secondo caso, rinnovo di intraprese concrete.

Cosa è il “contratto di servizio” Rai (teoricamente)

Il “Contratto di Servizio” Rai – Mise ha per oggetto l’attività che la società concessionaria svolge ai fini dell’espletamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e, in particolare, l’offerta diffusa attraverso le diverse piattaforme, in tutte le modalità, la realizzazione dei contenuti editoriali, l’erogazione dei servizi tecnologici per la produzione e la trasmissione del segnale in tecnica analogica e digitale, la predisposizione e gestione dei sistemi di controllo e di monitoraggio.

Il Contratto stabilisce un insieme di obiettivi, di indirizzi operativi, di parametri di qualità, di tipologie di programmi la cui realizzazione è affidata all’autonoma capacità editoriale della società concessionaria nel rispetto dei principi e dalla normativa di riferimento.

Il “Contratto di Servizio” attualmente vigente (a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 2018) è riferito al quinquennio 2018-2022, in coerenza con le disposizioni della Convenzione per l’affidamento della concessione del servizio radiofonico, televisivo e multimediale, approvata con Dpcm del 28 aprile 2017 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 maggio 2017). Sul contratto in essere, si veda “Key4biz” del 22 dicembre 2017, “ilprincipenudo. Nuovo ‘contratto di servizio’ Rai: tutte le novità (il testo in esclusiva)”. Il prossimo contratto varrà per il quinquennio 2023-2028 ed una impostazione innovativa consentirebbe a Rai di affrontare meglio le dinamiche della rivoluzione digitale, che nei prossimi anni vivrà accelerazioni radicali.

Fin qui, la teoria.

E la pratica?!

Come sosteniamo da anni, molti anni, il “Contratto di Servizio” della Rai è un documento che si caratterizza per una prevalente genericità di concetti e termini e per una sostanziale assenza di precise “prestazioni”, che dovrebbero essere messe in atto a fronte di “controprestazioni” (in primis, il flusso dei ricavi da canone). Insomma, si chiama “contratto”, ma non è un vero e proprio contratto.

Il comunicato stampa diramato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ieri sera alle 20:45 dedica appena due righe alla notizia, che qui riproduciamo: “Il Consiglio dei ministri ha approvato l’atto di indirizzo propedeutico all’intesa tra l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e il Ministro dello Sviluppo Economico sul contratto di servizio della Rai per il periodo 2023-2028”.

Dichiarazioni di principio che non si traducono in nulla di concreto?! Un “contratto” evanescente…

Questo documento (“l’atto di indirizzo”) circolava in forma semi-clandestina da un paio di settimane, pur caratterizzandosi per una riservatezza degna dei… segreti di Pulcinella: ancora una volta, si tratta di un testo generico, anzi evanescente, che manifesta alcune dichiarazioni di principio che non si traducono in nulla di concreto.

Aria fritta o acqua calda che dir si voglia.

Più del testo, è forse interessante il commento del titolare del Mise, il leghista Giancarlo Giorgetti: “sono soddisfatto dell’atto di indirizzo per il contratto di servizio Rai approvato in Cdm. Il testo definito è stato condiviso con tutti i ministri, e c’è stato tempo per tutte le forze politiche di fare le loro osservazioni”.

Sarebbe veramente molto (ma proprio molto) interessante conoscere le “osservazioni” delle varie “forze politiche”. Ma – capiamo – si tratta di documenti classificati come… “segreti di Stato”.

Continua il Ministro: “personalmente sono orgoglioso che il servizio pubblico abbia, tra gli obiettivi, la valorizzazione dell’impresa italiana, attraverso il racconto di storie di veri e coraggiosi imprenditori… Tra gli altri obiettivi, abbiamo voluto inserire il valore dello sport come stile di vita, la modernizzazione di RaiPlay anche in un’ottica attrattiva per i giovani e il digitale. Un’attenzione particolare è stata dedicata all’informazione che deve essere obiettiva, approfondita e pluralista nel pieno rispetto degli utenti, soprattutto minori”. Fin qui, caro Ministro, nulla di sostanzialmente nuovo. E ci si consenta osservare che RaiPlay ha già – geneticamente – la funzione di attrarre i giovani, attraverso giustappunto una offerta digitale… Quale sarebbe quindi la novità?! Interessante invece questa dichiarazione del Ministro: “fondamentale, poi, l’introduzione di criteri di misurazione degli obblighi, che consentirà al ministero di verificare costantemente il rispetto del contratto”.

Il Ministro Giorgetti (Mise): “introdotti criteri di misurazione degli obblighi, che consentiranno al ministero di verificare costantemente il rispetto del contratto”

Quest’ultima affermazione è – se si passerà veramente dalla teoria alla pratica – quasi rivoluzionaria, perché il deficit essenziale, e storico, del “contratto di servizio” è sempre stata l’assenza di una verifica, da parte di un soggetto terzo, della corrispondenza tra “prestazioni” e “controprestazioni”. In tal senso ed in prospettiva, non si pone certamente, un documento – stimolante per alcuni aspetti, ma annacquato per molti altri – qual è il “bilancio sociale” della Rai, peraltro ormai ridenominato – su input della Presidente Rai Marinella Soldi – “bilancio di sostenibilità” (è più “trendy” così, ma la sostanza non cambia…). Si ricordi che il bilancio di esercizio Rai è stato approvato l’11 maggio scorso, assieme giustappunto al bilancio di sostenibilità, ma ad oggi non è stato ancora pubblicato sul sito web di Viale Mazzini (da segnalare che quest’anno il bilancio è stato approvato dall’unanimità dal Consiglio di Amministrazione, ed anche lo spesso dissidente Riccardo Laganà – rappresentante dei lavoratori – non ha manifestato critiche particolarmente severe).

Si legge nel comunicato Rai che il “bilancio di sostenibilità” è (sarebbe!) un “rapporto annuale viene redatto per dar conto a tutti gli interlocutori, istituzionali e non, dei modi nei quali l’offerta della Rai adempie agli obblighi del Contratto di Servizio e crea negli utenti consapevolezza degli obiettivi di sostenibilità definiti nell’agenda Onu per il 2030”. Si nutrono dubbi sia sulla volontà di “rendere conto” sia sulla stimolazione alla “consapevolezza” (clicca qui, per il comunicato stampa).

La gestazione del “contratto di servizio” viene illustrata dal Redattore Anonimo del più qualificato blog sulla Rai, “BloggoRai”, che richiama l’articolo 59 del Testo Unico sui Media (il cosiddetto “Tusma”, ovvero il Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 208), al comma 7: “Con deliberazione del Consiglio dei Ministri sono definiti gli indirizzi ai fini dell’intesa con l’Autorità”.

Il precedente comma 6 recita: “con deliberazione adottata d’intesa dall’Autorità e dal Ministro dello Sviluppo Economico, prima di ciascun rinnovo quinquennale del contratto nazionale di servizio, sono fissate le linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali”.

Percorso tortuoso e gestazione non trasparente del Contratto di Servizio Rai

Percorso tortuoso, commenta BloggoRai: “tortuoso è dire poco e nella sua complessità di intravvede qualcosa che non torna. Cosa? Due elementi congiunti: il primo è la “prevalenza” del Governo sulla determinazione degli indirizzi e il secondo l’assenza totale di un dibattito pubblico (diremmo pure “politico” visto che, almeno in questa fase, la Vigilanza non se ne occupa, salvo poi dare successivamente un parere non vincolante): da osservare che sono spariti tutti”.

Si ricordi anche che era emersa la notizia di un anomalo incontro a Palazzo Chigi tra il Ministro Giancarlo Giorgetti, il Sottosegretario Roberto Garofoli, il Capo di Gabinetto di Draghi Antonio Funiciello, ed i vertici Rai, il 4 maggio scorso. A proposito di questo incontro, Giandomenico Crapis, su “Tpi” (ovvero “The Post Internazionale”) di oggi – in un articolo intitolato “Una censura troppo Fuortes” – scrive severo: “un direttore generale della Rai, se ha un briciolo di dignità, non va a rapporto dal primo ministro. E un premier serio non chiama a rapporto l’amministratore per dirgli cosa fare”.

Nella stessa giornata del 4 maggio l’Amministratore Delegato Carlo Fuortes era stato ascoltato dalla Commissione di Vigilanza presieduta dal forzista Alberto Barachini

Va osservato che, effettivamente, un silenzio tombale ha caratterizzato e continua a caratterizzare questo novello “contratto di servizio” Rai: scrive BloggoRai che “non è proprio cosa da poco se il Governo si deve occupare di entrare nel merito di procedure contrattuali riferite ad obblighi editoriali e di programmazione. E forse non è un caso che questo tema ha avuto grande rilevanza mediatica proprio in relazione a fatti contingenti (i talk show) e non a temi strutturali (le risorse) sui quali invece grava un silenzio tombale”.

Cerchiamo di capire se questo documento approvato dal Consiglio dei Ministri di ieri presenta un qualche elemento di innovazione (a parte la sensibilità sul tema “sport” esplicitamente richiamata da Giorgetti)…

Il nuovo “contratto di servizio” 2023-2028 dovrà, prioritariamente: “indicare obblighi e impegni, garantendo e salvaguardando la sostenibilità economica, l’efficienza aziendale e la razionalizzazione della spesa; ridefinire la missione del servizio pubblico, in una prospettiva pluriennale, secondo i principi di rilevanza, inclusività, sostenibilità e credibilità; introdurre obiettivi misurabili e potenziare le modalità, gli strumenti e gli organi di verifica del raggiungimento degli obiettivi”.

Nuovo “contratto di servizio” Rai 2023-2028: 14 “obiettivi strategici”, ma in verità soltanto 3 sono nuovi

Il contratto dovrà assicurare, almeno, il raggiungimento dei seguenti “obiettivi strategici”:

(1.) accelerare la trasformazione della Rai in “digital media company”

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(2.) accrescere la qualità dell’informazione

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(3.) attrarre e fidelizzare il pubblico giovane, anche attraverso lo sviluppo della piattaforma RaiPlay

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(4.) valorizzare il ruolo delle donne nella società e nel lavoro

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(5.) trasmettere e promuovere in Italia e nel mondo i valori culturali e civili, in particolare la cultura dell’impresa e del lavoro

            [ commento IsICult: e questa è una “innovazione” concettuale, rivendicata da Giorgetti… ]

(6.) valorizzare le unicità paesaggistiche e culturali italiane

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(7.) diffondere e incoraggiare lo sport e gli stili di vita sani

            [ commento IsICult: ed anche questa è una “innovazione” concettuale, rivendicata da Giorgetti… ]

(8.) promuovere la conoscenza delle nuove sfide della transizione ambientale e digitale

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(9.) rafforzare accessibilità e inclusività e diffondere una cultura nazionale delle disabilità

            [ commento IsICult: questo concetto è senza dubbio innovativo… ]

(10.) sostenere lo sviluppo dell’industria audiovisiva nazionale

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(11.) rafforzare il ruolo e l’evoluzione tecnologica del servizio pubblico radiofonico; ottimizzare la capacità trasmissiva e il livello di copertura delle reti Rai

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(12.) garantire una informazione obiettiva, veritiera, pluralista e completa, anche attraverso il contrasto alla disinformazione

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(13.) destinare tutte le entrate straordinarie (come quelle derivanti dalla possibile valorizzazione di RaiWay) alle attività del servizio pubblico

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

(14.) razionalizzare la spesa

            [ commento IsICult: nihil novi… ]

In sostanza: premesso che si tratta di “linee guida” ovvero di “dichiarazioni di principio”, ovvero poco più di simpatici auspici e di pii intendimenti, una qual certa “innovazione” la si riscontra soltanto in questi punti:

Bicchiere mezzo vuoto o bicchiere mezzo pieno?! Tante idee di buon senso, ma poi… concretamente?

È poco? è tanto?! Ancora una volta, dipende dagli occhiali che si vuole indossare, ma il bicchiere ci sembra complessivamente “mezzo vuoto”.

Emilio Pucci, sulle colonne del quotidiano romano “Il Messaggero”, scriveva, giovedì scorso (12 maggio): “ieri il Sottosegretario Garofoli e il Ministro dello Sviluppo Giorgetti hanno cominciato a illustrare le linee guida nella riunione dell’esecutivo a Palazzo Chigi. Distinguere informazione da ciò che non lo è, inseguire il modello Bbc, fare in modo che la televisione pubblica torni ad avere un ruolo autorevole su temi come la guerra e si impegni ad adottare un metodo diverso di lavoro, per far prevalere le competenze nei dibattiti televisivi, per fare in modo che i cittadini possano riconoscere cosa è vero e cosa è falsa”. Anche Pucci enfatizza la questione “talk show”, che però francamente non ci sembra esattamente centrale, nell’economia politica della Rai: “non c’è un preciso riferimento ai talk show ma nelle linee guida che dovrebbero essere approvate entro giugno si fa riferimento a regole chiare, oltre a precisi obiettivi che l’azienda di viale Mazzini deve perseguire per spiegare come intenda utilizzare ì fondi del canone. Una vera e propria mission dunque come ai tempi del dopoguerra, quando la Rai ebbe un ruolo cruciale nell’operazione di alfabetizzazione di massa. Ma ora ci sono nuove battaglie. Draghi non intende fare personalizzazioni: Palazzo Chigi nei giorni scorsi ha smentito categoricamente un coinvolgimento sul caso Berlinguer. Ma il premier ha fatto presente di essere molto sensibile sul tema delle fake news”.

L’attenzione sul “caso Bianca Berlinguer” e sulla querelle dei “talk show” è stata posta anche dall’ex Sottosegretario Vincenzo Vita – con il solito acume – sulle colonne del quotidiano “il Manifesto”, nell’edizione dell’8 maggio 2022, con un articolo intitolato “Scene di caccia in bassa frequenza”. Vita scrive: “sotto il nobile cappello delle linee guida per il nuovo contratto di servizio che lega l’azienda allo Stato, si appalesa un improprio riferimento ai programmi di approfondimento. Lì si rintraccerebbero, infatti, valutazioni di merito sulla struttura e sui modelli dei talk. In verità, il sapore della vicenda è proprio quello tipico delle censure”. E preoccupato segnala: “si sta perdendo una delle caratteristiche peculiari del servizio pubblico radiotelevisivo, prevista dalla riforma del 1975. La vecchia azienda monopolistica cambiò natura, ma a condizione di divenire il tempio del pluralismo. Se quest’ultimo tratto lascia il passo all’omologazione coatta, il contratto di servizio diviene un inutile orpello, in quanto è lo stesso servizio pubblico a cessare di esistere”.

Carmelo Caruso, sul quotidiano “il Foglio” di oggi, in un articolo intitolato “La Rai antisbraco”, specifica alcune richieste che sarebbero state presentate a Giorgetti nelle riunioni pre-consiglio dei Ministri: “entrano nel testo finale le richieste del ministro Andrea Orlando di inserire ‘il lavoro’ e di ragionarci intorno con fiction che vadano oltre medici e avvocati. E quindi chi può dirlo che non ‘fusse che fusse questa la vorta bbona’di sorridere con le partite Iva, le sit-com degli spiantati, degli ‘smetto quando voglio’. Il ministro Stefano Patuanelli ha chiesto invece di promuovere ‘dieta mediterranea e industria agroalimentare’. La Ministra Erika Stefani di occuparsi sempre, e sempre più, di ‘inclusione e disabilità’”. E commenta giustamente: “chi può mai dire che non sono idee di buon senso, ma bastano? Vanno bene tutti questi precetti, ma il vero successo sarebbe, come si augura il Ministro dello Sviluppo Economico, una Rai capace di ‘introdurre criteri di misurazione degli obblighi’ che consentano ‘di verificare il rispetto del contratto’”.

E non casualmente, la Ministra per le Disabilità Erika Stefani dirama alle agenzie stampa una dichiarazione che evidenzia soddisfazione (unico esponente del Governo ad essersi espresso, al di là del “diretto interessato” qual è Giorgetti, da segnalare il silenzio di Dario Franceschini e Patrizio Bianchi): “con l’approvazione dell’atto di indirizzo per il contratto di servizio Rai, passa un importante messaggio di attenzione nei confronti delle persone con disabilità da parte del Servizio pubblico… quello di oggi è un passo importante, in linea con i principi della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità… da una parte riconosciamo a tutti il diritto a un Servizio pubblico più accessibile, allo stesso tempo promuoviamo un racconto che rispecchia il cambiamento culturale in atto nel Paese, dove la persona con disabilità è parte integrante della società ed è valorizzata per il contributo che ad essa può dare”.

La Ministra ha certamente ragione, se si passerà dalle parole ai fatti. Ci limitiamo a ricordare che il precedente “contratto di servizio” (quello attuale, ancora vigente fino a fine dicembre 2022) prevedeva – tra le tante prestazioni (inattuate) – la realizzazione di un canale televisivo Rai per l’estero, in lingua inglese, che non ha mai visto la luce. Ed è semplicemente uno dei tanti “impegni” disattesi… Banale citare Mina, ma necessario: il rischio “parole parole parole…” è in agguato.

Conclusivamente?!

Attendiamo le prossime fasi di questa complessa e tortuosa gestazione. Gestazione che certo non brilla per la condivisione con la società civile e per la trasparenza di metodi.

Speriamo che il testo finale sia meno generico ed evanescente dei precedenti, anche rispetto alla questione essenziale della verifica del rispetto del “contratto di servizio”, affinché esso non continui ad essere scritto sulla sabbia.

Anzi sull’acqua.

L’auspicio di definire “obiettivi misurabili” e di “potenziare le modalità, gli strumenti e gli organi di verifica del raggiungimento degli obiettivi” è forse paradossalmente prioritario – metodologicamente – rispetto a tutto il resto.

Ed invece, rispetto alla esigenza che un documento così strategico per il futuro della Rai sia oggetto di un dibattito pubblico, dialettico e plurale (aperto alla società civile ed al terzo settore…), stiamo quasi rinunciando, perché è evidente che sia Governo sia Parlamento stanno facendo orecchie da mercante rispetto ad una sana semplice naturale esigenza di democrazia e trasparenza.

Il Ministro Dario Franceschini ha firmato l’indirizzo” relativo ad iniziative “per la promozione culturale nazionale e internazionale dei giovani autori” affidate a Siae (il 10 % della “copia privata”)

Passando dalla teoria (le belle intenzioni…) alla pratica (alle buone pratiche…), segnaliamo un’altra notizia, che è stata ignorata fino ad oggi da tutti, se non dall’agenzia stampa specializzata AgCult (diretta da Ottorino De Sossi), che sempre più si afferma come fonte informativa primaria (ed ormai essenziale) per l’intera comunità culturale nazionale: il decreto ministeriale a firma di Dario Franceschini risulta datato 13 maggio 2022, ovvero venerdì scorso, ma fino a questa mattina nessuno ne aveva dato notizia. Da segnalare che lo stesso Ufficio Stampa del Ministero della Cultura non ha ritenuto di diramare un comunicato su questo decreto ministeriale, e questa scelta appare curiosa.

Si tratta del decreto del Ministro della Cultura recante l’“atto di indirizzo” relativo ad iniziative “per la promozione culturale nazionale e internazionale dei giovani autori”. Si ricordi che la “Manovra 2016” ha stabilito che una quota del 10 % dei compensi incassati dalla Società Italiana Autori Editori (Siae) per la “copia privata” sia destinata alla promozione culturale nazionale ed internazionale. Si tratta dei compensi incassati da Siae per la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi, ovvero del compenso che si applica sui supporti vergini, apparecchi di registrazione e memorie, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore.

In particolare, il comma 335 dell’articolo 1 della “Legge di Stabilità” 2016 ha stabilito che “al fine di favorire la creatività dei giovani autori, il 10 per cento di tutti i compensi” sia destinato dalla Siae “sulla base di apposito atto di indirizzo annuale del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (il Mibact poi divenuto Mic, ndr) ad attività di promozione culturale nazionale e internazionale”.

La Società Italiana Autori Editori ha finora promosso tre bandi, dapprima denominati “Sillumina” (per i primi due anni) e poi “Per Chi Crea” (per il terno e finora ultimo anno).

A fine gennaio 2020, è stata pubblicata anche una prima inedita “valutazione di impatto” delle 3 edizioni dei bandi Siae per la creatività, affidata al centro di ricerca indipendente Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult, presieduto dal redattore di quest’articolo (vedi “Key4biz” del 3 febbraio 2020, “Siae, ricerca IsICult valuta il fondo creatività giovanile ‘under 35’ Siae-Mibact. La ricerca”).

Si ricordi che, nel corso dei primi 3 anni delle iniziative Siae sul 10 % della “copia privata”, sono stati sostenuti 927 progetti, per complessivi 28 milioni di euro, a fronte di ben 5.250 progetti concorrenti. Sono stati coinvolti 8mila giovani artisti e 27mila studenti… Nell’anno 2020 e 2021, a causa della pandemia Covid-19, questa quota del 10 % è stata eccezionalmente destinata direttamente agli autori, agli artisti interpreti ed esecutori ed ai cosiddetti “mandatari” (i lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore), con un limite di reddito (non hanno potuto beneficiare coloro che avessero un reddito superiore a 20mila euro l’anno).

Nel 2022, si torna invece alla ordinaria gestione del fondo del 10 % della “copia privata”.

L’“atto di indirizzo” del 13 maggio scorso individua quindi, per l’annualità 2022, le priorità culturali e le tipologie di progetti, che la Siae dovrà finanziare per favorire la creatività dei giovani autori, dei giovani artisti, interpreti ed esecutori fino ai 35 anni di età residenti sul territorio nazionale, “al fine di rendere le nuove generazioni attori principali nella promozione della cultura italiana contemporanea, anche con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo del confronto e del dialogo interculturale”.

Chi redige queste noterelle ha dedicato molta attenzione a questa iniziativa, sia per interesse giornalistico sia per attività consulenziale, fin dalla prima edizione, perché si tratta di attività innovative, che, per la prima volta nel 2017, hanno scardinato l’assetto storico del sostegno pubblico dello Stato italiano alla cultura, consentendo anche a coloro che erano (sono) esclusi dalle provvidenze del mitico “Fondo Unico per lo Spettacolo” alias “Fus” (questo fondo continua a chiamarsi così, ma tale non è da fine 2016, con l’approvazione della legge Franceschini su cinema e audiovisivo, che ha creato una sorta di “fondo parallelo”), di accedere al sostegno dello Stato.

Si rimanda a quanto abbiamo pubblicato su queste colonne, a partire da un primo articolo che risale ad oltre cinque anni fa (vedi “Key4biz” del 3 ottobre 2016, “Siae e Mibact: qualche dubbio sui bandi del progetto ‘Sillumina’”)…

Il programma della Siae, dapprima denominato “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura” e dal 2019 “Per Chi Crea”, ha un sito web dedicato, cui ci si può indirizzare per ogni approfondimento. La ricerca realizzata da IsICult per Siae può essere acquisita dal sito in questione (clicca qui, per il report “Per chi crea / Sillumina – Appunti per un Bilancio sociale 2016-2018”).

Due criteri introdotti “ab origine” sono stati rinnovati nell’atto di indirizzo firmato venerdì scorso dal Ministro: non possono essere finanziati progetti che siano già beneficiari nell’anno 2022 di contributi da parte del Ministero, a qualunque titolo (quindi, questo bando Siae è di fatto per “gli esclusi” dal Fus e dal Fondo Cinema e Audiovisivo…); non ci sono barriere burocratiche all’entrata (come purtroppo spesso avviene invece con altri bandi) e possono formulare domanda di ammissione al beneficio “tutti i soggetti pubblici e privati di cui al Libro I, Titolo II, Capo I, Capo Il e Capo III del Codice Civile, ivi inclusi quelli non riconosciuti, nonché le persone fisiche, purché titolari di partita Iva” (il bando sarà quindi aperto anche alle migliaia e migliaia di associazioni culturali non iscritte – non ancora iscritte – al “Registro Nazionale del Terzo Settore” alias “Runts”…).

Settori beneficiari e criteri di selezione dei progetti degli imminenti bandi Siae per gli “under 35”

Il 10 per cento di tutti i compensi incassati (la raccolta Siae da “copia privata” è stata di circa 130 milioni di euro ogni anno, nel quinquennio che va dal 2015 al 2019) è destinato dalla Siae a progetti ispirati, tra gli altri, a criteri di equilibrio, tanto nella distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, quanto nella scelta dei settori disciplinari beneficiari del contributo, alla trasparenza delle procedure e al rispetto della parità di genere.

Sono privilegiati i progetti che abbiano come obiettivo:

I settori beneficiari sono i seguenti:

a) “Arti visive, performative e multimediali

b) “Cinema

c) “Danza

d) “Libro e Lettura

e) “Musica

f) “Teatro”.

Sono previste tempistiche rapide: le risorse debbono essere assegnate dalla Siae entro il 31 dicembre del 2022, a seguito di procedura ad evidenza pubblica, con l’istituzione di una commissione indipendente formata da esperti di chiara fama nei settori beneficiari.

Il decreto firmato da Dario Franceschini prevede delle “quote di destinazione”:

Queste ripartizioni sono diverse rispetto alla ultima edizione dei bandi “PerChiCrea”: le “opere prime” ovvero le “nuove opere” avevano una quota del 20 % nel bando 2018, ed ora salgono al 25 %; le “residenze artistiche” passano dal 15 % al 20 %; le attività delle/nelle scuole erano prima al 50 % ed ora scendono al 35 %; i concerti “live” passano dal 15 % al 20 %.

Il calo della quota attribuita alla formazione e promozione delle/nelle scuole è verosimilmente da attribuire all’avvio, in queste settimane, della nuova edizione (dotata di ricco budget) del bando Ministero dell’Istruzione (Mi) – Ministero della Cultura (Mic) “Cinema e Immagini per la Scuola” (alias “Cips”), cui abbiamo dedicato molta attenzione su queste colonne (vedi “Key4biz” del 4 marzo 2022, “‘Cinema e immagini per la scuola’ (Cips): dal 14 marzo i bandi, budget di ben 54 milioni”).

Si attende la pubblicazione dei bandi da parte della Siae, presieduta da Giulio Rapetti Mogol e guidata dal Dg Gaetano Blandini.

Da segnalare, in particolare, che – tra gli obiettivi identificati dal Ministro Dario Franceschini – vi è anche il “dialogo interculturale, così inteso: “iniziative che favoriscano un processo di scambio di vedute aperto e rispettoso fra persone e gruppi di origini e tradizioni etniche, culturali, religiose e linguistiche diverse, in uno spirito di comprensione e di rispetto reciproci”. Si tratta di una area di attività che merita particolare attenzione (basti ricordare che un decimo della popolazione che vive in Italia è straniera), anche perché purtroppo il Ministro Franceschini non ha ancora riavviato una commendevole iniziativa di cui pure si era fatto promotore anni fa, ovvero il progetto “MigrArti – La Cultura Unisce” ideato dal suo consigliere Paolo Masini, che lo ha anche coordinato (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2018, “MigrArti, perché il bando per gli immigrati è in stand-by?”). Nelle more del riavvio di “MigrArti” (iniziativa a suo tempo congelata anche a seguito del dissenso manifestato dalla Sottosegretaria leghista alla Cultura, Lucia Borgonzoni), l’iniziativa Siae svolge sostanzialmente una funzione di “supplenza”.

Si resta in attesa della bozza del “contratto di servizio” tra Rai e Mise e dei novelli bandi Siae per la creatività giovanile…

Rispetto al primo, il rischio “evanescenza” permane realistico.

Rispetto ai secondi, si alimenta un ragionevole ottimismo.

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