Il quadro

Tim, Vivendi vuole uscire entro il 2025. Ma a che prezzo?

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Vivendi vuole uscire da Tim entro l’anno prossimo e nel contempo porta avanti la causa contro la decisione del Cda di cedere la rete.

Vivendi vuole uscire da Tim entro l’anno prossimo e nel contempo porta avanti la causa contro la decisione del Cda di cedere la rete. La prima udienza del caso è fissata per il 21 maggio. Nel frattempo, il titolo di Tim continua a calare, oggi cede l’1,95% alle 14,45 a 0,22 euro, nonostante la decisione di ieridel Tribunale di Milano di annullare il sequestro preventivo di 249 milioni di euro nell’ambito di un’indagine per presunta truffa nei servizi a pagamento. Arnaud de Puyfontaine, amministratore delegato di Vivendi, ha detto in assemblea che si augura tra un anno di poter dire che il caso Tim è chiuso.

Ma a che prezzo?

Vivendi dal suo ingresso in Tim nel 2015 ha investito circa 4 miliardi di euro e attualmente viaggia con una perdita di 2,5 miliardi, secondo un recente articolo del Financial Times.

Una perdita ancora maggiore per un recente articolo del Sole 24 Ore, secondo cui il gruppo francese, per diventare primo azionista di Tim, ha pagato un biglietto di ingresso di 4 miliardi di euro, che ad oggi, dato che la capitalizzazione di Tim è poco meno di 5 miliardi, comporta una perdita di 3,2 miliardi di euro. Perdita che, secondo quanto scrivono Andrea Biondi e Marigia Mangano, sale a 4 miliardi di euro se si considera l’investimento in MFE (MediaForEurope).

Insomma, la campagna italiana di Vivendi si è trasformata in un bagno di sangue e sembrano molto lontani i tempi in cui Vincent Bollorè immaginava la nascita di un polo sud europeo dei media, in alleanza con Mediaset.

Tanto più che il Governo italiano è apertamente favorevole alla soluzione di vendita della rete al fondo americano KKR. Il tutto in attesa del parere dell’Antitrust europeo.

Quando il parere dell’Antitrust Ue?

Resta da capire se l’esecutivo Ue in carica riuscirà a esprimere un parere o se invece non sarà la prossima Commissione, dopo le elezioni di giugno ad essere investita del dossier Tim. La Commissione dovrebbe decidere sull’accordo entro il 30 maggio. In questo modo, se il responso sarà positivo, si potrebbe rispettare la tabella di marcia di Tim, che vorrebbe chiudere la cessione di NetCo a Kkr entro luglio.

Quel che sembra certo è che Tim non è più prevista all’interno di Vivendi. “Vogliamo trovare le condizioni per scrivere un nuovo capitolo in Italia, ma non più con Telecom – ha detto l’ad Arnaud de Puyfontaine – Spero il prossimo anno di potervi dire che il caso è chiuso”.

De Puyfontaine (Vivendi): ‘Priorità è difendere i nostri interessi’

Per ora si tratta quindi di un semplice auspicio. E sarebbe anche interessante capire di quale nuovo capitolo italiano parli De Puyfontaine. 

L’ad ha poi ribadito la posizione di Vivendi nella disputa con il Cda che ha deciso la vendita della rete ignorando il parere contrario del primo azionista francese. “Il cda Tim, che è appena stato rieletto, ha preso la decisione di vendere la rete per ridurre il debito, decisione che noi, come principale azionista, contestiamo nella sostanza e per le condizioni economiche, per niente nell’interesse degli azionisti”.

De Puyfontiane: ‘La rete asset principale di un telco’

Per non parlare del processo di cessione della rete: “Quando si ha una telco, il cui asset principale è la rete, quando si scinde la telco dalla sua rete, come minimo si dovrebbe sottoporre questa operazione a un’assemblea ordinaria, cosa che Tim non ha fatto”.

Ora, per de Puyfontaine, “la priorità è difendere i nostri diritti in qualità di principale azionista: lo stiamo facendo su diversi fronti e attraverso diverse iniziative per difendere il valore della transazione”.

D’altro canto, de Puyfontaine ha rinnovato il sostegno al gruppo, sottolineando di essere consapevole “Naturalmente, stiamo prendendo le misure necessarie in Francia e attraverso varie iniziative lanciate per difendere il valore della transazione. Capiamo che l’operazione è sostenuta dall’establishment politico italiano – ha aggiunto il Ceo – non siamo contro la decisione, ma come azionisti abbiamo il diritto a una valutazione corretta che sostenga il valore della nostra quota”.