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Tim, ricorso contro il golden power. De Puyfontaine ‘Misura tecnica’

Tim ha deciso di fare ricorso al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella contro l’esercizio del golden power da parte del governo, il decreto che impone un controllo diretto del Governo sugli asset strategici dell’azienda (Sparkle e Telsy) e sulla rete. La decisione è stata assunta nel corso di un breve cda svoltosi ieri mattina, durante il quale peraltro il vicepresidente di Tim, Giuseppe Recchi, che detiene le deleghe sulla sicurezza e sugli asset sensibili (Sparkle e Telsy) ha comunicato la sua indisponibilità a mantenere le deleghe operative per nuovi impegni professionali. Secondo la Reuters, Recchi sarebbe in procinto di assumere un ruolo operativo all’interno di un private equity internazionale, pur mantenendo il posto in Cda.

De Puyfontaine, ricorso golden power misura tecnica

Il ricorso presentato da Tim al Presidente della Repubblica contro il golden power “è un ricorso tecnico, una misura tecnica, abbiamo le migliori  relazioni con il governo italiano e Palazzo Chigi”. Lo ha detto Arnaud  de Puyfontaine presidente Tim e ceo di Vivendi a margine del  business forum Confindustria-Medef aggiungendo “andiamo avanti  per trovare degli elementi pratici, è solo un problema di  calendario”. Le discussioni “si svolgono nel clima migliore, in una situazione di cui sono soddisfatto, bisogna andare avanti”.

“Tim sta bene, l’ad Amos Genish e il suo team stanno facendo un ottimo lavoro e i risultati saranno annunciati il 6 marzo”, aggiunge de Puyfontaine precisando che del piano industriale  di Tim si parlerà in maniera più precisa proprio in  quell’occasione.

“Facciamo in modo di essere orgogliosi del lavoro che si sta facendo su Tim, è una bella società, la prima società italiana e il primo investitore italiano. Tutti gli italiani dovrebbero essere fieri del lavoro che si sta facendo”, ha concluso.

Tim ha quindi inoltrato il ricorso contro il decreto golden power firmato dal premier Gentiloni lo scorso 16 ottobre al presidente della Repubblica, su cui si pronuncerà il Consiglio di Stato anche perché i termini per il ricorso al Tar sono scaduti. Il decreto sul golden power dà al Governo poteri speciali sulle società ritenute strategiche e per la prima volta nel nostro paese è stato applicato agli asset strategici di Tim vista la presenza del primo azionista francese Vivendi che detiene il 23,9% dell’azienda.

Tim lo scorso 3 novembre ha avanzato proposte su come implementare il decreto, scattato a causa del “controllo di fatto”, secondo la Consob, da parte di Vivendi, ed è in attesa di una risposta.

Ipotesi Bernabè

La notizia di Recchi, che rimette le deleghe ma non si dimette dall’azienda, arriva in un momento alquanto delicato per Tim, che nei giorni scorsi ha già spento le voci di una possibile uscita di scena dell’amministratore delegato Amos Genish, dopo appena tre mesi, per dissidi con Vivendi prontamente smentiti anche dal presidente di Tim e amministratore delegato di Vivendi Arnaud De Puyfontaine.

Per quanto riguarda Recchi, una fonte ha detto alla Reuters che la supervisione attualmente delegata a Recchi sulla sicurezza e gli asset strategici verrà messa al servizio della nuova governance che il gruppo e il governo stanno discutendo dopo il decreto sul golden power.

Altre voci parlando invece di frizioni fra Recchi e il primo azionista Vivendi.

Secondo il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore le deleghe di Recchi sulla sicurezza, che secondo il decreto golden power devono restare in mano ad un cittadino italiano, potrebbero passare a Franco Bernabè, ex amministratore delegato di Tim e membro indipendente del Cda.

“Bernabè è una persona di grande professionalità ed esperienza, ma non spetta a noi decidere”, ha commentato il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda.

Prossime scadenze

Quel che è certo è che il prossimo 6 marzo è fissato il Cda di Tim per la presentazione del piano industriale da parte dell’amministratore delegato Amos Genish, dopo che non più tardi del 18 gennaio l’azienda ha presentato ai sindacati un piano di esuberi che prevede l’uscita di 7.500 dipendenti e la ricollocazione interna di 3.500 dipendenti a fronte di 2.000 nuove assunzioni. Un piano di ristrutturazione su cui i sindacati non vogliono accettare scadenze temporali.

Nel frattempo, Tim sta rivedendo i termini per la costituzione della joint venture annunciata con Canal+, la pay tv di Vivendi, che dovrà passare al vaglio dei consiglieri indipendenti per ottenere il placet.

Sul fronte della disputa con Mediaset per la mancata acquisizione di Premium prosegue la trattativa, in vista dell’udienza in tribunale fissata il 27 febbraio.

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