Priorità

Tim, l’estate calda di Vivendi fra scorporo, Consob e Canale+

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Scorporo della rete, convergenza con Canal+, Indagine Consob sul ruolo di Vivendi in Tim, ruggini con Mediaset. Tanta carne al fuoco per il neo direttore operativo Amos Genish.

In attesa di settembre con la nomina del nuovo ad di Tim, l’estate calda di Vivendi in Italia – dopo la presa di controllo strategico in Tim, la dipartita di Flavio Cattaneo e l’ingresso del fidato Amos Genish come direttore operativo – parte dai dossier più urgenti che riguardano la seconda fase del piano di rilancio dell’azienda. Tim punterà su banda ultralarga e nuove prospettive di business dalla convergenza nel mondo dei contenuti pay.

Le priorità dopo la conference call di venerdì scorso le ha fissate nero su bianco il presidente Arnaud De Puyfontaine, Ceo di Vivendi, in un’intervista alla Stampa del 29 luglio, che  rivendica il ruolo di azionista di lungo periodo dell’azienda di Vincent Bollorè.

Tim non sarà mai francese

“Tim non sarà mai francese: è e sarà una società italiana”, assicura De Puyfontaine, “Riguadagnerà crescita, successo, innovazione e la capacità di essere considerata la migliore tra i concorrenti europei”. “Per la prima volta potrà trarre beneficio da un azionista forte, con una visione di lungo termine e che ha investito più di 4 miliardi. Altro che invasori: porteremo soluzioni vincenti, daremo a Tim un’agilità certo non tipica di un’ex monopolista”.

 

Canale+

Vivendi, ha aggiunto De Puyfontaine – che dopo l’uscita di Cattaneo ha le deleghe da ad interim – “non si limiterà a essere il primo azionista ma potrà fornire un vantaggio competitivo straordinario a Telecom. L’azionista fornirà ogni possibilità di sviluppare nuove iniziative per essere in prima fila nella convergenza tra telecomunicazioni e contenuti”, ha aggiunto, ricordando anche il progetto di una joint venture tra Tim e Canal+ per la creazione (entro ottobre) di Canale+, una nuova pay tv che potrebbe anche partecipare all’asta per i diritti della Serie A in autunno.

“Tim ha già buone relazioni con Mediaset”, aggiunge, “non vedo motivi di cambiarle. Ma potremmo fare qualcosa anche con Sky o con Discovery, per esempio”.

 

Niente fusione con Orange. Scorporo sul tavolo

“Il nostro impegno è quello di preparare Tim a scenari in continua evoluzione. Una fusione con Orange? Voglio essere chiaro: non ci sarà. Telecom sarà un consolidatore, non una preda”, ha ribadito ancora, anche se molti analisti, ma anche i 5 Stelle, temono che in realtà il disegno di Vivendi sia proprio quello di scorporare la rete, creando una società ad hoc da quotare in borsa per poi rivenderla. Orange sarebbe il primo indiziato per l’acquisto secondo i 5 Stelle, che peraltro temono lo spezzatino completo con l’ulteriore cessione di Tim Brasil.

Fusione con Open Fiber esclusa

Esclusa la fusione con Open Fiber, come ribadito venerdì scorso a chiare lettere dall’ad di Enel Francesco Starace, resterebbe per Tim la possibilità di spin off della rete, valutata intorno a 15 miliardi, per creare un’azienda neutrale aperta a tutti per collaborare anche al progetto a banda ultralarga di Infratel. Vedremo.

Due aziende nelle aree bianche? Non è ottimale

Per la banda ultra larga e le zone a fallimento di mercato “è una situazione che ho ereditato e che devo rivedere”, ha detto De Puyfontanie. “Penso che avere due operatori che investono nelle medesime aree non sia ottimale né economicamente valido. E probabilmente così non si crea l’infrastruttura più efficiente. Sono aperto e pronto a considerare la situazione nell’interesse del Paese, dei clienti e degli azionisti dei soggetti coinvolti”.

 

Il progetto Cassiopea non è in stand by

Il progetto Cassiopea per portare la banda ultralarga nelle aree C e D, diversamente da quanto emerso in precedenza, non è affatto in stand by, secondo quanto dichiarato da De Puyfontaine in conference call venerdì scorso. E’ vero anche che il presidente e Ceo ad interim di Tim ha precisato che la commercializzazione della banda ultralarga nelle aree bianche non è ancora stata avviata.

Ma alla fine si potrebbe anche giungere ad un accordo per suddividere le aree bianche in modo tale che nelle zone dove investe Open Fiber non vada anche Tim. In questo modo si eviterebbero inutili sovrapposizioni.

Anche qui vedremo, anche se il ministro Calenda ha spento sul nascere le voci di una possibile nazionalizzazione delle rete Tim come risposta alle frizioni fra Roma e Macron sull’affaire dei cantieri Fincantieri/Stx.

Consob, Vegas a gamba tesa

«Nella gestione della Telecom la trasparenza è a rischio». A dirlo, in un’intervista del 30 luglio alla Stampa, è Giuseppe Vegas, presidente della Consob che ricorda come l’Authority di controllo della Borsa “ha aperto un’inchiesta” sulla natura del controllo esercitato dai francesi di Vivendi che hanno il 23,9% del capitale di Tim.
“C’erano delle cose da capire. Siamo andati in ispezione. Potrà anche essere una coincidenza – ha detto Vegas – ma il fatto che abbiano dichiarato la ‘direzione e il coordinamento’ di Vivendi su Telecom (venerdì in conference call ndr) mi fa pensare che, forse, senza la nostra ispezione, non lo avrebbero fatto. Hanno detto che la valutazione sull’eventuale consolidamento del debito riguarda la Consob francese (Amf ndr). Ma se la ‘direzione e il coordinamento’ c’erano anche prima, allora si pone un problema di trasparenza che riguarda anche noi. Vedremo”.  Insomma, a maggior ragione dopo l’affermazione in conference call venerdì scorso del “ruolo di coordinamento e controllo in Tim”, Vivendi non può ancora sentirsi al riparo dall’eventualità di dover consolidare i 25,2 miliardi del debito dell’azienda a bilancio.

Intanto, la prossima settimana l’Agcom dovrebbe pronunciarsi sui rimedi del piano presentato da Vivendi per scendere in Tim o in Mediaset, con cui peraltro la situazione di stallo non si sblocca ancora.