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Telecom Italia: fusione Tim Brasil-Oi entro il 2016, ma a che prezzo?

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Lo scorso anno, per gli analisti, il prezzo giusto sarebbe stato 12-13 miliardi. Ma quest'anno, a fronte del mutato contesto macroeconomico, quale sarà la cifra ‘accettabile’?

In quella che sembrerebbe una svolta nel dossier Tim Brasil, Telecom Italia apre alla possibilità di fondere la controllata brasiliana con Oi, dopo che quest’ultima ha ricevuto dai russi di Letter One la proposta di un aumento di capitale finalizzato al matrimonio tra le due società, rispettivamente secondo e quarto operatore mobile del paese.

L’ad Marco Patuano, che ha sempre ripetuto di voler cercare un accordo strategico con un eventuale partner brasiliano e non una vendita, ha riferito ieri che Telecom sarebbe ora pronta a considerare sia la fusione con Oi, sia la vendita di Tim Brasil.

Nell’ultima conference call, in effetti, l’ad aveva precisato che ‘tutto ha un prezzo’ e quando sarebbe arrivata un’offerta accettabile, questa sarebbe stata vagliata dal cda.

L’offerta è dunque arrivata? Cos’è cambiato?

Certo, i 4 miliardi messi sul piatto dal fondo d’investimenti russo Letter One fanno una bella differenza…ma è solo questa la molla che ha fatto scattare il dietro front, o si può parlare di una scelta maturata di fronte all’evidenza delle incontestabili difficoltà del mercato brasiliano, che hanno finito per sminuire l’appeal della ‘pepita’ di Telecom Italia?

L’approccio di Telecom Italia è stato e continua a essere molto pragmatico. Consideriamo tutte le opzioni e oggi queste includono la valutazione di quello che succede con Oi”, ha detto Patuano, che in merito alla tempistica ha riferito che “il 2016 potrebbe essere l’anno magico per Oi, che in un modo o nell’altro deve risolvere la sua situazione finanziaria”.

Per consolidare la propri situazione e valorizzare il titolo prima di una possibile fusione OI intende procedere con la cessione di una serie di attività come “gli asset africani, le torri in Brasile e le attività che non fanno parte del core business”, ha riferito il Ceo Bayard Gontijo in una conference call con gli analisti.

Molto dipenderà anche da eventuali interventi dell’autorità del settore nell’ambito delle concessioni della telefonia fissa: secondo Gontijo, anzi, il progetto di fusione con TIM andrà in parallelo alle discussioni per la ridefinizione delle concessioni. “Stiamo lavorando su una proposta praticabile per Telecom Italia, e, auspicabilmente, avanzeremo una proposta al più presto. E stiamo lavorando molto duramente per giungere a un accordo riguardo le concessioni. Le cose si stanno evolvendo in parallelo e dovrebbero arrivare presto a una svolta”, ha aggiunto.

Anche il valore di Tim Brasil, rispetto a qualche tempo fa, è decisamente cambiato: chi non ricorda, appena un anno fa, la valutazione di un azionista di peso come Marco Fossati, che arrivava a dire che la quota del 67% di Tim Brasil in mano a Telecom valeva la stratosferica cifra di 20 miliardi? Una cifra che superava la capitalizzazione di Borsa di Telecom, che all’epoca era di circa 14,5 miliardi.

Oggi, complice anche il contesto macroeconomico in forte deterioramento, Tim Brasil è molto debole sul piano finanziario: ha chiuso l’ultimo trimestre con utili per 172,3 milioni di real (circa 42 milioni di euro), in calo del 50,5% rispetto ai 365,6 milioni dello stesso periodo di un anno fa su un fatturato sceso del 15,2% a 4,11 miliardi di real (997 milioni di euro) e con ricavi da servizi mobili in calo del 6,5% a 5,47 miliardi.

Telecom, insomma, si appresta a cedere il suo ultimo gioiello di famiglia per ritornare a essere ‘operatore nazionale’ senza sbocchi all’estero: è quindi plausibile ipotizzare che I soci francesi di Vivendi stiano forse riuscendo nell’intento fallito a Telefonica, ossia quello di ridurre Telecom Italia al rango di player domestico e con un debito più leggero, così da renderla preda più facile per un eventuale takeover.

E, se lo scorso anno, il prezzo giusto per la vendita, secondo gli analisti,  sarebbe intorno a 12-13 miliardi, considerando il valore dell’asset stand alone (9-10 miliardi) ed eventuali sinergie per altri 2-3 miliardi, quale sarà la cifra ‘accettabile’ stavolta?